MICHELE Arcadia nel golfo di Partenope: ninna nanne per il Verbo incarnato è il nuovo saggio che Olga Laudonia ha pubblicato per i tipi di Turchini Edizioni. Partendo dall’analisi di manoscritti inediti – scoperti in un lungo lavoro di ricerca presso il Conservatorio di S. Pietro a Maiella di Napoli – l’autrice ci conduce in un percorso che analizza le strette relazioni tra la musica popolare e quella “culta” nel contesto dell’arte presepiale partenopea, a partire dalla fine del ‘600 fino a metà del secolo scorso. Lo fa richiamando memorie musicali popolari che raccontano il Natale nella cultura partenopea e che si riversano in antichi manoscritti e partiture per musica colta. E lo fa raccontandoci il complesso mondo delle musiche per organo. Per organo perché e lo strumento che meglio traduce in trame ed ordito musicale il coro degli Angeli alla nascita del “Ninno”. Una nascita che la città di Partenope interiorizza e fa propria con la costruzione di una particolare – e nuova – concezione del Presepe che ingloba, in forma simbolica, reminiscenze del passato classico in rovina e nuovi personaggi che la scarna descrizione evangelica non cita, e tuttavia essenziali nella rappresentazione del concetto di modernità popolare. Dello stretto intreccio tra emotività popolare e raffinata sensibilità dell’arte colta, Olga Laudonia ci racconta in questo interessante saggio che porta a corredo, oltre alla esaustiva bibliografia, una sezione delle partiture rinvenute ed una pregevolissima raccolta di immagini presepiali.
Buongiorno Olga e grazie per aver accettato il mio invito a parlare del tuo ultimo lavoro “Arcadia nel golfo di Partenope: ninna nanne per il Verbo incarnato”. Mi sembra di capire che sia la chiave di volta e la conclusione di un lungo lavoro di ricerca che ti ha impegnato per qualche anno tra antichi manoscritti del Conservatorio di San Pietro a Majella a Napoli. Ci racconti origini, storia, motivazioni di questo lavoro?
OLGA È una storia dall’inizio casuale, ma dalle motivazioni premeditate. Tutto risale al 2014, quando mi accingevo a sostenere l’esame di ammissione alla scuola dottorale del Pontificio Istituto di Musica Sacra di Roma (Vaticano). Al di là delle prove, dovevo presentare un progetto di ricerca da portare a compimento nell’arco dei tre anni del percorso di studi. Avendo scelto l’indirizzo di Musicologia applicata (Organo), avrei avuto obbligo di allegare alla tesi finale un cd contenente almeno 30 minuti di musica registrata all’organo. Avevo chiara l’idea di suonare qualcosa che non fosse edito, ma cosa? Sapevo di voler condurre la ricerca nella Biblioteca del Conservatorio di Napoli, dove avevo già avviato i miei primi studi confluiti anche essi in una serie di pubblicazioni. In particolare, negli anni in cui ho completato la mia formazione di tastierista, grazie alla mia insegnante di clavicembalo, Enza Caiazzo, mi sono appassionata alla scrittura musicale tramite software. Da lì è nata l’idea di realizzare delle edizioni moderne di inediti di scuola napoletana per tastiera, lavoro sicuramente facilitato dalla strabordante presenza di musica manoscritta in quella che è una delle più preziose biblioteche musicali al mondo. Nascono così le ultime mie due tesi dedicate a Nicola Maria Salzani e Franco Michele Napolitano, autore, quest’ultimo, a cui già avevo dedicato una monografia, esito, invece, della mia prima tesi, quella discussa presso la Federico II di Napoli. Per il progetto da presentare al Pontificio necessitavo dunque di qualcosa di nuovo. E così, ad una prima fase di ricerca di materiale inedito, ne è seguita una seconda di selezione: da una parte avevo raccolto diverse pagine novecentesche per organo e altri strumenti, dall’altra delle pastorali sei-settecentesche. La scelta è cosa nota.
MICHELE Nel libro un primo capitolo è dedicato all’analisi degli scenari organistici e dell’arte organaria a Napoli. Qual è il contesto in cui questo fenomeno si inscrive? Mi sembra di ricordare che nel XV secolo esistesse una già ben strutturata tradizione di “organari”. E però il mondo della musica colta sembra avere un deciso impulso con l’avvento degli Aragonesi ed in particolare con Carlo V d’Aragona.
OLGA Sappiamo che a Napoli, già verso la fine del Cinquecento esisteva, nei pressi della Chiesa dell’Annunziata, una strada conosciuta come Via degli organari, lungo la quale erano dislocate una decina di botteghe di costruttori di organi. Questi artigiani appartenevano a specifiche corporazioni professionali. In realtà, le fonti d’archivio testimoniano che, nella prima metà del Quattrocento, erano già attive alcune botteghe di organari al servizio della Chiesa e di nobili committenti, fra cui il re Alfonso V d’Aragona, la cui corte vantava la presenza di costruttori di strumenti e di musicisti provenienti non solo dalla penisola italica, ma anche dal Nord Europa e in particolare dalle Fiandre. Fondamentale è, tra gli organari, la figura di Jacopo da Prato che, nella seconda metà del Quattrocento, realizzò a Napoli diversi strumenti. Purtroppo, oggi questi organi, seppur documentati dai materiali d’archivio, non sono più esistenti.
MICHELE Il successivo passaggio dinastico non sembra compromettere la preziosa rete di contatti dell’epoca aragonese. Negli anni del dominio spagnolo, anzi, si pongono le basi per uno sviluppo importante prima degli strumenti popolari, poi in particolare della tecnica organaria con l’introduzione di nuovi registri tra cui quello, di estrazione decisamente popolare, della zampogna.
OLGA La letteratura pastorale per organo nasce parallelamente allo svilupparsi dell’arte organaria che, nella Napoli sei-settecentesca, si caratterizza per la presenza di alcuni registri ‘accessori’ specifici che richiamano la prassi dei suonatori di zampogna. Nella tradizione musicale d’Occidente l’organo, in quanto macchina capace di creare sonorità tra le più disparate, è forse lo strumento che meglio rievoca il racconto del Natale, soprattutto attraverso il registro ‘accessorio’ della Zampogna, la cui presenza è documentata già a partire dal Seicento e permane fino a tutto l’Ottocento. Questo registro è costituito da una canna ad ancia che emette un suono fisso senza che si abbia la necessità di premere alcun tasto o pedale. Il suo particolare timbro ricorda proprio lo strumento degli zampognari e consente di realizzare un lungo bordone per accompagnare i pedali delle pastorali.
MICHELE Ed è proprio qui, nell’incontro della musica “culta” con gli strumenti ed il canto popolare, con la sublimazione di quest’ultimo in partitura strutturata, e con la nascita del presepe napoletano che nel XVIII secolo si avvera la magia che ancora oggi commuove l’animo di chi guarda ed ascolta il Mistero della Natività. Il secondo capitolo del tuo libro è interamente dedicato a questo intreccio. Mi piacerebbe che ci raccontassi quali sono gli elementi originari popolari e religiosi che si fondono nel trasformare le Pastorali d’impronta arcadica -e quindi “pagane” – in Pastorali Natalizie. E come succede che, quasi d’improvviso, il canto “Quanno nascette Ninno” diventa anche Pastorale, riconducendo ad unità le due diverse sensibilità d’origine e diventando, così, la musica del Natale.
OLGA Questo repertorio presenta elementi legati alla tradizione bizantina e alla letteratura pastorale per musica di stampo profano. Le fonti letterarie sono il Vangelo di Luca e gli ‘Apocrifi’. I testi non ufficiali descrivono una Natività ‘allargata’, in cui si inseriscono figure ed elementi bucolici (il bue e l’asinello o i suonatori di zampogna, ad esempio) che sono trasmessi dall’iconografia tradizionale e che, nel presepe napoletano del Settecento, si incastonano, attraverso un percorso a tappe, in una Betlemme “partenopizzata” che conduce il visitatore allo svelamento dell’identità del Bambino. La pastorale organistica vuole essere il racconto musicale di tutti questi elementi, l’ipostasi sonica della Natività. Essa nasce in ambienti extra-liturgici, ma la Chiesa d’Occidente se ne appropria. Tuttavia, questo non è il primo caso! Lo stesso organo, lo strumento deputato a magnificare coi suoni Dio, nasce per tutt’altro scopo: è la macchina che gli antichi romani usano nei circhi per fare rumore. La prima testimonianza della presenza di un organo in chiesa ne attesta la casualità del fatto stesso: nel secolo VIII, infatti, Pipino il Breve riceve un organo in dono dall’imperatore d’Oriente e lo fa installare in chiesa. Appropriarsi di elementi profani è una ‘manovra’ che consente alla Chiesa d’Occidente di fidelizzare senza creare rottura con le origini di un popolo formatosi sulle rovine del paganesimo, la cui vittoria, nel presepe napoletano, è rappresentato nel tempio squarciato che sostituisce la grotta. L’avvento del cristianesimo stupisce, o, meglio, come si dice a Napoli, meraviglia, creando una stasi cosmica, quella primavera improvvisa che Sant’Alfonso Maria de’ Liguori canta nei suoi versi la cui melodia è spesso citata nelle sezioni cullanti delle pastorali per organo.
MICHELE Si potrebbe quasi azzardare, allora, che esista una correlazione tra le pastorali e la canzone napoletana classica…
OLGA Queste composizioni parlano nell’idioma di Partenope. Napoletano è il suono dei ‘positivi’, macchine prodotte quasi ‘in serie’ per decenni e oltre, uguali a sé stesse anche nel sistema di accordatura. Questi strumenti conservano a lungo un modo di temperare la tastiera che è il mesotonico, che li contraddistingue anche quando cambiano le mode e i gusti. Il napoletano è la lingua di Tu scendi dalle stelle, traduzione dell’originale “Quanno nascette Ninno”. Lingua, non dialetto! Canto di tutti e non di pochi. Chi canta i versi alfonsiani, chi ascolta le pastorali, rivive il racconto di quella notte, ripercorre la ‘corsa’ dei pastori. La pastorale per organo dedicata al tempo di Natale costituisce il commento sonoro del presepe. È il modo italico di rendere in musica il Mistero della Natività. Gli stilemi e la retorica di questa forma la rendono universalmente riconoscibile, così come la canzone classica napoletana è, ancora oggi, identitaria di una nazione e non solo di una città.
MICHELE Siamo così arrivati al termine della narrazione e dello spazio a nostra disposizione. Prima di lasciarci, però, un’ultima domanda. Come e quando potremo ascoltare le partiture che hai rinvenuto e pubblicato nel tuo libro? È previsto un tour di concerti o una registrazione in studio?
OLGA Nel mese di dicembre del 2023 è stato licenziato un disco, intitolato Ninno bello, che ho registrato per la casa discografica NovAntiqua Records Label e che include tutte le composizioni raccolte in Arcadia, ma non solo! Ninno bello è l’espressione con cui Sant’Alfonso Maria de’ Liguori chiama Gesù nella sua celeberrima canzoncina, scritta in napoletano in quanto lingua di tutti, la ninna-nanna pastorale per eccellenza: Quanno nascette Ninno. Nel disco sono raccolte diciotto composizioni pastorali. Di queste composizioni solo due sono edite a cura degli stessi autori. Tutte le altre composizioni sono state rinvenute ― in forma manoscritta ― nel corso delle mie ricerche presso la Biblioteca del Conservatorio San Pietro a Majella di Napoli. Di queste, otto sono pubblicate in “Arcadia nel golfo di Partenope”, mentre le altre sono state pubblicate dalla casa editrice svizzera Pizzicato Verlag Helvetia nell’ambito della collana Unpublished Naples che dirigo con Francesco Gorio. Queste opere attraversano ben quattro secoli di storia e recano la firma di musicisti di origine partenopea o la cui storia si è intrecciata con quella di Napoli. Sono presenti anche due composizioni inedite di autori nati a Sorrento, mia città natale – Francesco Saverio Fiorentino e Antonio Izzo – che ho voluto omaggiare grazie alla gentile concessione degli eredi. Data l’ampiezza del programma e la sua estensione nei secoli, per la realizzazione dell’incisione discografica sono stati utilizzati ben quattro strumenti di diverse epoche e oggi ubicati in tre città italiane: Vallo della Lucania (SA), Guastalla (RE), Fumane (VR). Tre organi sono dei tipici strumenti di scuola napoletana, i cosiddetti “positivi”, costruiti fra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento. Per l’esecuzione del repertorio moderno è stato invece utilizzato uno strumento pneumatico di inizio Novecento. Quanto alle esecuzioni dal vivo, al di là delle date già trascorse di dicembre, ho in calendario presentazioni presso il Conservatorio di Napoli, la Facoltà di Musicologia di Cremona, l’Istituto Italiano di Cultura di Napoli, il Pontificio Istituto Ambrosiano di Musica Sacra di Milano.
MICHELE Grazie, Olga, per l’attenzione che ci hai dedicato e, soprattutto, per la magia che ci hai fatto rivivere in questo tempo natalizio!
Immagine di copertina Presepe di padre Salvatore Zurolo, Santuario della Madonna del Carmine di Sorrento.
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