RIVISTA DI CULTURA MEDITERRANEA

UN “HAPPENING” PER ALEXANDR SCRJABIN. Esperienze multisensoriali. Visioni del Gesamtkunstwerk – Intervista a Leopoldo Siano, di Kali Narayan

[Tempo di Lettura: 10 minuti]

 

Manifesto dell’evento (Yerevan, Armenia, 20 marzo 2022)

 

VENTI DI PACE
CORRISPONDENZE DALL’ARMENIA
DI E CON LEOPOLDO SIANO

Il Misterium ‘sotterraneo’ di Alexandr Skrjabin

di Nicola Cisternino

 

La celebrazione del 150esimo anno dalla nascita del sulfureo per quanto discusso compositore russo e teosofo, Alexandr Skrjabin (Mosca 1872-1915), sta trascorrendo in un sostanziale sottotono nella cultura europea, sommersi come siamo tra trascinanti emergenze sanitarie ed emergenze orrifiche della sanguinosa invasione russa della terra ucraina. Un paradosso senza alcun rilievo se non fosse che si tratta di uno di quei precursori dell’arte mistica affidata ai suoni, che nelle sue opere – prevalentemente pianistiche contenute in un catalogo che, per quanto interrotto dalla precoce morte a quarantatré anni dell’autore russo, ha delineato un solco ben preciso e definito nell’emancipazione armonica della musica occidentale con lo sguardo sempre più rivolto ad Oriente, a partire da quell’innovativo poema orchestrale Prometeo o Poema del fuoco del 1910 in cui Skrjabin introduce nella partitura la celebre Clavier à lumières, in cui lo spettro cromatico dei colori proietta nello spazio le sue innovative emancipazioni armoniche del cromatismo sonoro.
Che un omaggio significativo a Skrjabin sia stato ideato e allestito da Leopoldo Siano e Shushan Hyusnunts nei sotterranei della Arno Babajanyan Concert Hall (sede della Philharmonia of Armenia) di Yerevan in Armenia, va dunque ben oltre la semplice cronaca celebrativa e di circostanza, poiché si è trattato di un evento musicale e performativo coraggioso, che ha riguardato una ri-creazione performativa ispirata nei nostri giorni alla proiezione utopica per eccellenza dell’opera più ‘universale’ del compositore russo, il
Misterium. Una liturgia sonora e globalmente sinestesica, poiché Skrjabin è padre di quell’aspirazione totale all’azione organica di tutti i sensi (attraverso l’espansione al suono-colore, suono-profumo, suono-tattile…) per l’emancipazione degli esseri umani nello spirito universale: una lingua che oggi per quanto apparirebbe troppo lontana e ‘dissonante’ nello schiacciamento vertebrale della ‘retrotopia’ violenta della storia e degli eventi accende bagliori di luce sull’Angelus Novus dalle ali tarpate di Paul Klee di cui cantò lucidamente Benjamin, nel suo ‘controtempo sospeso’ tra Venti di Guerra e Venti di Pace.

Questo primo omaggio ad Alexandr Skrjabin sarà seguito successivamente da un secondo contributo del phonosopho Leopoldo Siano per Finnegans, a proposito del panorama musicale contemporaneo armeno, una scena particolarmente vitale e oggi più che mai significativa per la sua valenza di cerniera culturale ancor prima che geopolitica. Completerà il report un terzo contributo con la prima presentazione italiana dell’originale e recente volume di Leopoldo Siano Musica cosmogonica. Von der Barockzeit bis heute (Musica cosmogonica Dal periodo barocco ad oggi) pubblicato in Germania dall’editore Königshausen & Neumann nel 2021.     

Uno dei collages preparatori per l’evento

 

 

Intervista a Leopoldo Siano
di Kali Narayan

 

 

KN Come è nata l’idea di questo evento?

LS Beh, noi – non da ultimo per sfuggire al problematico contesto socio-politico attuale in Germania, dove risiediamo da molti anni – siamo qui in Armenia dal dicembre 2021, in modo da poterci muovere e lavorare liberamente, e vi rimarremo fino ad aprile. Il fatto che Shushan sia armena naturalmente semplifica le cose… Il nostro amico Armen Manassian, direttore artistico della Arno Babajanyan Concert Hall (The State Philharmonia of Armenia), ci ha proposto di iniziare una serie di eventi “alternativi” nei magici spazi del sotterraneo di questo storico edificio: una serie di spazi interconnessi tra loro, le cui pareti sono tutte ricoperte d’antico tufo, proprio nel cuore di Yerevan.

 

Yerevan, Piazza della Repubblica

E perché Scrjabin?

Quest’anno ricorre il 150esimo anniversario della nascita di Alexandr Scrjabin (1872-1915), di questo grande “Orfeo russo”. Essendo assai legati da lunga data alla sua musica, alla sua personalità, alle sue visioni, abbiamo dunque voluto rendergli omaggio, a modo nostro… Questo “Happening” è stata per noi un’importante tappa nell’inveramento del theatrum phonosophicum.

Puoi spiegarci in breve che cos’è il theatrum phonosophicum?

È un progetto di vita, nato insieme a Shushan Hyusnunts. È il teatro della phonosophia.

 

Leopoldo Siano e Shushan Hyusnunts durante la “lecture-performance”

E che cos’è questa “phonosophia”?

È un termine che adoperiamo da più di un decennio oramai, come sostituto di ‘musicologia’, troppo accademico e trito. La phonosophia è una via di conoscenza attraverso il suono. Lo si lesse per caso in un articolo di Dieter Gutknecht su Morton Feldman. In seguito scoprimmo che la parola phonosophia era già stata utilizzata in epoca barocca, quale neologismo, dal padre gesuita Athanasius Kircher. La si trova nel sottotitolo della sua Phonurgia nova (1673). V’è poi da ricordare che altrettanto nell’età barocca la parola theatrum sta ad indicare una visione generale di una disciplina, la rappresentazione di un sapere. A partire dalla metà del secolo decimosesto il termine theatrum fungerà da titolo per una mole sterminata di volumi. Non v’è campo dello scibile che possa sottrarsi alla teatralità: v’è il theatrum botanicum, il theatrum historicum, il theatrum anatomicum, il theatrum chemicum, e così via: v’è persino un theatrum fungorum… Furono trattati di carattere enciclopedico, con l’aspirazione a mostrare spettacolarmente la summa del sapere accumulato in una certa disciplina. L’universo stesso veniva messo in scena.

Questa idea di un theatrum phonosophicum matura in noi da anni. Esso è per noi uno strumento filosofico. Laddove la filosofia viene intesa nell’etimo: come “amore per la sapienza”. Ma avendo avvertito sempre di più i limiti di un lavoro puramente teorico-speculativo (che pur rimane nobilissimo e necessario), è sorto il bisogno di un pendant azionistico, da praticare con tutti i sensi e con l’istinto: di un sapere vissuto, al di là della parola che definisce. Il sapere deve “sapere”, avere un “sapore”. Bisogna avere pur sempre un riferimento sonoro, sensuale, che bilanci l’attività speculativa… Da qui è nata l’idea delle azioni e “install’Azioni” sonore, coadiuvati pure da una serie di podcasts “radiofonici”, dunque del theatrum phonosophicum. [https://soundcloud.com/theatrumphonosophicum]

Ma ora torniamo allo “Happening per Scrjabin”…

Infatti, pure per questo evento a Yerevan l’idea inizialmente era di tenere una “lezione”, o meglio uno story-telling, sugli ultimi anni della vita di Scrjabin, sul suo progetto del Mysterium e sull’eco potente che esso ha trovato nel secolo ventesimo ed oltre.

Che cosa aveva in mente Scrjabin per questo incompiuto Mysterium?

Nel 1913, dopo la Decima Sonata per pianoforte Scrjabin smise di essere compositore nel senso più comune della parola, per consacrare le sue energie agli schizzi dell’“Azione preliminare”. Preliminare a cosa? Al Mysterium appunto. Skrjabin aveva intenzione di farsi costruire un tempio sull’Himalaya, in India, un auditorium di forma sferica, dove eseguire un’opera di teatro totale della durata di sette giorni e sette notti: con musica, danze orgiastiche, luci colorate e profumi, colonne di incenso e spazi architettonici mobili. Non semplicemente musica: bensì un rituale, un atto sacramentale che avesse come fine una palingenesi cosmica, il risveglio e l’illuminazione dell’umanità. Perfino la natura stessa, il mondo circostante doveva essere integrato, per esempio i momenti del sorgere e del tramontare del sole… Scrjabin non riuscirà a realizzare questa sua visione, poiché nell’aprile del 1915 muore a 43 anni, inaspettatamente, per setticemia. Si spense nel pieno delle sue forze creative. All’epoca Scrjabin era già famosissimo, un mito vivente. Al suo funerale affluirono migliaia di persone; le autorità per far fronte alla situazione, la sera prima dovettero vendere biglietti per coloro che intendevano porgere l’ultimo saluto alla salma di Alexandr…

Noi non sappiamo cosa sarebbe stato questo Mysterium. Ad ogni modo con quest’opera Skrjabin desiderava mettere i partecipanti in uno stato di estasi. L’idea di “estasi” fu centrale nel suo mondo poetico.

Una visione a dir poco megalomanica, quella di Scrjabin…

Il Mysterium, questa liturgia cosmica, questo sogno, rimase incompiuto. (E qui si potrebbe ricordare l’ultima battuta del Decameron di Pier Paolo Pasolini – del quale quest’anno ricorre anche il centenario: “Perché realizzare un’opera quando è così bello sognarla soltanto?”). Certo, il sogno scrjabiniano sembrerà ai più alquanto folle, smodato o financo “fumoso”… Probabilmente non sarebbe mai riuscito a realizzarlo, i tempi non erano ancora maturi.

Forse Scrjabin ebbe la segreta, inconscia volontà di morire per non esperire il fallimento del suo progetto?

Chissà… In un modo o nell’altro la sua sublime visione ha avuto una grande potenza evocativa, è stata ispiratrice per numerosi creatori delle generazioni successive, così da risonare per decenni, fino ad oggi. E infatti nella “lecture”, partendo dagli schizzi (non solo poetici e musicali, ma anche architettonici) per il Mysterium, abbiamo ripercorso varie tappe di artisti coevi e posteriori che si sono messi alla ricerca del Gesamtkunstwerk, dell’opera d’arte totale: da Charles Ives (soprattutto con la sua irrealizzata Universe Symphony) a Ivan Wyschnegradsky e Harry Partch, da Gabriele D’Annunzio (con la sua visione di una Bayreuth italiana e la sua sincretistica “Prioria” sul Lago di Garda) all’incompiuto “Mistero” di Avet Terterian per Sardarapat, dai polytopes di Iannis Xenakis (1922-2022: un altro centenario che si festeggia quest’anno!) al ciclo Licht di Stockhausen (un’opera di teatro musicale per ogni giorno della settimana), passando per il Theatre of Eternal Music di La Monte Young, i film epici di Hans-Jürgen Syberberg (… di 7 ore quello su Hitler) e i colorati rituali di Charlemagne Palestine, fino allo Orgien-Mysterien-Theater di Hermann Nitsch, direttamente ispirato dalla visione sinestetico-misterica di Scrjabin.

 

Schizzo di Scrjabin per l’edificio sferico in cui eseguire il Mysterium

Ma chi era Scrjabin per la cronaca?

Un pianista, un compositore, e infine “Gesamtkünstler”, un philosophe-artiste… La sua carriera pianistica finì molto presto, a soli 19 anni, giacché per il troppo, forsennato esercizio si era danneggiato irreparabilmente – a vita – la mano destra. Nonostante abbia vissuto soltanto 43 anni, il suo percorso compositivo è estremamente interessante. La sua musica giovanile è chopeniana. Chopin è il suo punto di partenza. Ma nel giro di pochi anni il suo linguaggio armonico e ritmico si trasmuta molto organicamente, arrivando ad esiti musicali che sono all’avanguardia per il suo tempo, alle soglie di un nuovo spazio sonoro al di là delle leggi gravitazionali… (il “volo” è un altro grande tema scrjabiniano; avrebbe voluto comporre un’opera intitolata “Icaro”). Dopo Chopin, l’altra fondamentale esperienza di Scrjabin è stata la musica di Richard Wagner, una musica intrisa di erotismo, ipnotica, piena di colori e cromatismi, una musica dalla inclinazione epica, che tende al teatro, alla sinestesia, all’opera d’arte totale. E inoltre ad un certo punto sono le letture che accelerano il processo di trasmutazione: innanzitutto i libri di Friedrich Nietzsche e gli scritti teosofici di Madame Blavatsky. Queste letture intensificano certe esperienze interiori che vanno ad incidere sulla sostanza sonora stessa della sua musica. E in questo contesto, nella “lecture”, abbiamo anche cercato di mostrare come Scrjabin, in cerca del “pleroma del suono”, a parte l’“accordo mistico”, le scale ottatoniche e gli aggregati dodecafonici negli schizzi per il Mysterium, probabilmente si sarebbe mosso in direzione della micro-tonalità e dell’elettronica. Le innovazioni tecnologiche avrebbero sicuramente affascinato Scrjabin per la realizzazione del suo progetto sinestetico.

 

Lo spazio installativo (collages di immagini e suoni) 

Ma ora cerchiamo di spiegare più concretamente il vostro evento del 20 marzo scorso…

Come dicevo, l’idea iniziale era questa “lezione” su Scrjabin e il Gesamtkunstwerk. Ma fare semplicemente una lezione è sempre meno attraente per noi, troppo accademico. Negli ultimi tempi cerchiamo di non fare più delle mere “lectures”, bensì delle “lecture-performances”, con elementi rituali. Non si vuole soltanto parlare di un tema, bensì di farlo esperire immediatamente agli spettatori. Una “lezione performativa” non vuole soltanto “in-formare”, trasmettere un contenuto, bensì un’esperienza, una forma; essa vuole innanzitutto “trans-formare”… Così abbiamo deciso di integrare questa “lezione” in un evento più ampio, in un happening da noi interamente concepito, in condivisione creativa con cinque musicisti (un quintetto d’archi) e una danzatrice solista, Hasmik Tangyan.

 

La danzatrice Hasmik Tangyan suona il “jrric” (strumento-giocattolo armeno)

In che modo?

L’idea era di avere una polifonia di azioni simultanee (tra di loro interconnesse) in differenti spazi del sotterraneo: suoni, parole, immagini, movimenti, silenzi, luci, colori, odori, assemblages di oggetti… Nel sotterraneo della Babajanyan Concert Hall vi sono quattro spazi principali connessi da grandi archi di pietra e corridoi. In ogni spazio v’era una luce di colore diverso. In uno spazio più piccolo, nei pressi dell’entrata a destra, v’era una un’installazione audiovisiva con collages di immagini e suoni (connessi al mondo poetico scrjabiniano e fin de siècle, combinando eroticità, spazi cosmici e iconografia religiosa); in un’altra sala ha avuto luogo la “lezione”, una sorta di “lecture interrompue” (un po’ come la sérénade di Debussy…); poi v’era uno spazio grande con un quintetto d’archi da me diretto (principalmente con 12 cartoncini colorati), un pianoforte per risonanze scrjabiniane nelle intercapedini silenziose, e la danzatrice solista Hasmik che amalgamava-connetteva gli spazi… In certi momenti venivano anche letti (o meglio “bisbigliati”) frammenti in russo dai taccuini di Scrjabin. E inoltre nello spazio col pianoforte a coda (coperto di collages, oggetti e drappi) c’era anche un tavolo “alchemico” con assemblages di oggetti, sostanze, liquidi in ebollizione, incenso e altri odori vari, candele, carte da gioco, dadi, pane, burro, marmellata di petali di rosa ecc. … All’inizio, per circa quaranta minuti, i musicisti – vagando nello spazio – suonavano lunghi suoni tenuti, dei drones, armonie gradualmente cangianti (una sorta di “preludio cosmogonico”). Quando il pubblico è arrivato, gli spazi erano dunque già imbevuti di suono… Dopodiché è cominciata la “lecture”, interrotta in diversi momenti per azioni puramente sonore e gestuali. Anche utilizzando piccoli strumenti rituali come campanelle. E inoltre lo jrric, uno strumento-giocattolo molto artigianale, assai amato dai bambini armeni, una specie di raganella… Per tutto il tempo il pubblico era libero di muoversi tra i differenti spazi, e di uscire ed entrare ad libitum. Quindi ad un certo modo è stato lo spettatore stesso a dover “comporre” la sua propria esperienza estetica.

 

Leopoldo Siano durante la performance dirigendo i musicisti

Quale era l’idea poetica alla base dell’evento?

L’evento è durato tre ore; è stato simbolicamente una sorta di viaggio dall’oscurità alla luce… Questo “Happening” è concepito come celebrazione sinestetica, nello spirito di Scrjabin, ma andando al di là del tempo in cui egli visse. Quindi un happening in cui la décadence (atmosfere “fin de siècle“…) viene a dialogare con lo spirito anarchico dell’arte degli anni Sessanta (happenings appunto, Fluxus events eccetera). La visione del Mysterium, come atto sacramentale di creatività collettiva, è arte azionistica ante litteram: arte totale, per tutti e cinque i sensi (e qualcuno in più). Tuttavia il nostro è stato un happening non tanto nel senso di Allan Caprow (colui che coniò il termine…), bensì nel senso heideggeriano dell’Ereignis, dell’“Evento”, senza dimenticare il “music circus” di John Cage: interpenetration e non-obstruction… Perché in fondo il più grande “mistero” è che qualcosa accade… that something happens, che vi sia un mondo anziché non esservi; il più grande mysterium è che qualcosa di continuo si eventui nello spazio infinito in cui siamo, in cui ogni cosa compare e scompare.

 

“Tavolo alchemico” con differenti sostanze

Pensate di ripetere da qualche altra parte questo “Happening” nel corso di questo anno skrjabiniano?

Non è da escludere. Però bisogna precisare che una ripetizione pedissequa dell’evento non è possibile; si tratterebbe piuttosto di una nuova creazione, di una re-invenzione, giacché – come si diceva – l’abbiamo concepito appositamente per gli spazi del sotterraneo della Babajanyan Concert Hall, lasciandoci ispirare da essi e dal contesto, dal campo energetico intorno a noi qui in Armenia, a Yerevan, che al momento è d’altronde piena di artisti e intellettuali dissidenti russi in fuga dal loro paese. (E non bisogna poi dimenticare che l’evento si è svolto in esatta corrispondenza con il solstizio di primavera, nonostante proprio in quel giorno abbia nevicato abbondantemente…). A noi piace sempre di più lavorare in situ, sviluppare progetti per luoghi specifici, in continuo scambio con altri individui creativi – e sempre meno in solitudine alla scrivania…

 

Leopoldo Siano dirige i musicisti con i cartoncini colorati corrispondenti al sistema scriabiniano

 

Yerevan 25 marzo 2022

 

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Leopoldo Siano, 12 agosto 1982, è filosofo della musica e azionista del suono. Giovanissimo si trasferisce in Germania. Dal 2012 insegna allʼUniversità di Colonia (nello stesso Istituto Musicologico dove tra gli anni cinquanta e settanta insegnò Marius Schneider, suo grande ispiratore); qui è anche coorganizzatore della serie di concerti acusmatici Raum-Musik. È autore e curatore di diversi libri (su Karlheinz Stockhusen, Hermann Nitsch, François Bayle etc.). Il suo ultimo volume è stato pubblicato nel gennaio 2021 dall’editore Königshausen & Neumann di Würzburg: Musica Cosmogonica: von der Barockzeit bis heute (Musica cosmogonica: dall’epoca barocca ad oggi). Insieme a Shushan Hyusnunts è ideatore del theatrum phonosophicum.

 

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