RIVISTA DI CULTURA MEDITERRANEA

“IN RICORDO DI VALENTINO ZEICHEN”, di Valerio Magrelli

[Tempo di Lettura: 2 minuti]

La sua voce da hidalgo antico e altero

 

Se dovessi proporre un aggettivo per descrivere Valentino Zeichen, il suo stile di uomo e di autore, direi senz’altro “beffardo”. La sua poesia si colloca nel segno del sarcasmo, ora applicato ai grandi sistemi filosofici e scientifici (in un ricco bricolage di codici specialistici), ora a una galleria di personaggi che sembrano tratti dall’amato Marziale (Moravia dixit).

D’altra parte, la sua stessa morte improvvisa, dopo un ictus ed una felice ripresa, somiglia ad uno dei suoi tiri mancini. Tiri mancini anche in senso calcistico: Zeichen, accanto alla passione per il pensiero e il costume, nutriva un’autentica venerazione per lo sport. Come dimenticare la sua opera prima? Apparsa nel 1974, Area di rigore si opponeva alla neoavanguardia e alle sue “feste del significante”, per proclamare la riscoperta di uno spazio in cui la letteratura potesse esercitare il proprio magistero all’insegna della precisione, dell’argomentazione e dell’arguzia.

Povero e altero come un antico “hidalgo”, questo Don Chisciotte della nostra poesia ci lascia, per fortuna voce e immagine in tante registrazioni disponibili in rete. Salutiamolo allora così, tornando ad ascoltarlo.

 

Da La Repubblica di mercoledì 6 luglio, per gentile concessione dell’autore

Valentino Zeichen
Valentino Zeichen

 

 

Il poeta

Presumibilmente,
sembro un poeta di alta rappresentanza
sebbene la mia insufficienza cardiaca
ha per virtù medica il libro «cuore».
Abito appena sopra il livello del mare
mentre la salute, la ricchezza, la purezza
e gli sport invernali
straziano oltre i mille metri.
Perciò mi ossigeno respirando l’aria
dei paradisi alpini
così arditamente fotografati
dagli scalatori sociali
nonostante la pericolosità dei dislivelli.

 

 

IL NOME RIMOSSO

 Ho volutamente confuso le tue iniziali
nell’impasto di molti nomi
ma il lievito della memoria
le evidenzia in una sigla
che ancora mi abbaglia.


Dell’infanzia sopravvive uno scenario di guerra,
in un suo rifugio ho sotterrato
il mio amore per te
temendo che venisse distrutto
ma stento a riconoscerne il mascheramento.


Quando altri ti nominano in mia presenza
mostro un’indifferenza minerale

e mi fingo altrove
simile a un vaso dalla crepa girata
verso il vuoto oltre la finestra.


Al poligono d’addestramento
non miro più alla sagoma romantica
che di spalle mi ti ricorda.
Non mi è concesso di rivelare a chi appartengo
pur avendo sempre il tuo nome
sulla punta della lingua
come un colpo in canna
puntato all’altezza del cuore e
non comprendo perché mi manchi sempre
nonostante il ripetuto segnale di: “Fuoco!”

(da Pagine di gloria, Guanda, Milano, 1983)

 

LA MANICURE DELLA POESIA

Prega nel tempio di Vesta
per sentirsi più vispa.
Intinge la penna nel mestruo
e scrive assecondando l’estro.
La manicure ittita
sillaba sulle dita
e per i tagli, sicura
si affida alla scure.
Col calcolo della mania
arrotonda la poesia,
ricorre pure alla lima
per aggiustare la rima;
nel dubbio consulterebbe
un ex tagliatore di teste
della Nuova Guinea
con cattedra a Papua.
Per quanto è lesta
nell’arte del canto
ne mena gran vanto.
Alla manicure del verso
è spuntato un nuovo dito
l’endecasillabo edipico.
Virginale, incede
con ermetico piede
a passo di metrica
del canone ortopedico,
con l’arto scalzo
il verso greve scalcia.

 

POETI IN PERICOLO

Sui veloci treni francesi
s’abbina il dolcificante
alle effigi dei poeti;
Villon, Rimbaud, Breton
affrancano letterine:
buste di zucchero.
E se la dolce energia
avesse per fine la terapia
della tetra malinconia?
Scopo di una chimica euforia
mirante a scombinare
l’amara essenza della poesia.

(da Neomarziale, Mondadori 2006)