In occasione della presentazione ufficiale del caustico film Padre Pio di Abel Ferrara, che vede protagonista l’attore americano Shia Labeouf, avvenuta lo scorso 26 e 27 novembre a San Giovanni Rotondo, preceduta, qualche giorno prima, da una proiezione in Vaticano, pubblichiamo uno scritto di Nicola Cisternino redatto ‘a caldo’ dopo la visione del film durante le Giornate degli Autori a La Biennale Cinema di Venezia lo scorso 2 Settembre.
Il breve scritto è affiancato da un sorprendente testo di Grazia Marchianò, orientalista e curatrice dell’opera integrale di Elémire Zolla (ed. Marsilio), sulla particolare circostanza che vide apparire nel primo numero della storica rivista Conoscenza Religiosa del 1970 la trascrizione di alcuni fogli sparsi di Padre Pio, scomparso da pochi mesi, sulla Noche Oscura di San Giovanni della Croce. Il testo di Grazia Marchianò è tratto dal catalogo alla mostra “Padre Pio Raggio di Luce”, con opere segnoiconiche di Nicola Cisternino, realizzata a Pietrelcina lo scorso Ottobre per il XXI Premio Internazionale Padre Pio Di Pietrelcina 2022.
PADRE PIO
Lo sguardo curvo di Abel Ferrara
di Nicola Cisternino
È uno sguardo curvo quello che Abel Ferrara proietta con l’obiettivo ‘monocolare’ della macchina da presa sulla complessa, criptica, misterica e sacrificale storia del Santo di Pietrelcina, nel suo nuovo testo filmico su Padre Pio. Uno sguardo ‘monocolare’ mirato che riprende e si nutre di una sua resa ‘forzatamente’ lineare del racconto cinematografico nello scorrere dei suoi 104 minuti, trascinandosi come su un doppio binario di un vecchio carrello di una macchina da presa: il sacrificio umano e ultimo di un frate spoglio sull’altare della croce, scelto e mirato a sangue nel piccolo convento di uno sperduto paesello garganico, e il sacrificio ultimo e corale di una comunità, su cui soffia leggero l’alito pasoliniano del ‘Vangelo’, raccolto dalla cronaca storica, sepolta da una memoria in colpa per un tragico eccidio di cui la comunità di quel paesello perduto negli anni Venti, oggi ridente città, tra pietre e rovi, fu vittima e carnefice.
Una ‘Passione’ cristologica che si snoda, e nel film co-incide tra il 1918 (le stimmate del frate) e il 1920, data dell’eccidio che lasciò sulla soglia del palazzo comunale di San Giovanni Rotondo 14 vittime e oltre 60 feriti, per mano di una feroce e cieca repressione “padronale” e fascista nel sangue di braccianti e contadini inermi. Tutte vittime che non furono neppure considerate pietosamente degne, al tempo, di esequie funebri dal complice clero locale e delle quali solo dal 1989 una lapide votiva ricorda i loro nomi sulla facciata del Palazzo cittadino. Una colpa, quella del forzato oblio della tragica vicenda storica, che aveva negli anni un unico simbolo di pacificazione civica, rappresentata da 14 olmi che una mano civica, compassionevole, aveva piantumato qualche decennio dopo ai lati di quella piazza-altare dove avvenne il massacro, ma che una mente civica perversa e ottusamente colpevole ha nuovamente sradicato e cancellato una ventina di anni orsono, rinnovando in quel gesto sacrilego antiche ferite all’intera comunità.
Abel Ferrara, ‘un regista venuto da lontano’ perché ritornato con la memoria lunga sui passi dei suoi avi e delle sue origini, incarna nella radice degna e disarmata del suo nome, un tentativo artistico compassionevole e indulgente, per quanto crudo e doloroso, sulla tragedia fratricida che ha posseduto quella comunità, ponendo sull’altare della storia il sacrificio parallelo di un frate, nuovo Francesco e Cristo in terra, che solo una fede profondamente umana e mistica, ancor prima che religiosa, incarnata oltre ogni credo, nutre di Verità e riscatto, come amerebbe ricordarci quell’Andrej Tarkovskij a cui il Padre Pio di Abel in certi tratti rimanda. Un frate, quel giovane sperduto e inchiodato in una labirintica Noche Oscura della coscienza nella spoglia interiorità della sua umile cella, che ricorda cinematograficamente il caminante Andrej Rublëv, umido e fradicio, nel suo viaggio tra Kiev e Mosca (un’iperbole che dal XV secolo porta da un antico conflitto al rigurgito tellurico e odierno della guerra russo-ucraina) e sballotta, proprio come nel trepidante movimento di macchina tipico dello stile ‘street’ del regista che riprende e spoglia gli eventi storici, depistando e sorprendendo ogni certezza acquisita e di confort storico e culturale odierno.
Shia Labeouf, protagonista nel film, anch’egli ‘venuto da lontano’, ha ritrovato nel saio di Padre Pio l’abito del suo Daimon, suggerirebbe James Hillman, irradiando della ‘luce dell’eroe’ sepolto che dal profondo del piombo della vita e dalla penombra della valle sale, sulla groppa di un mulo, lungo un sentiero stretto e ripido, alla montagna dell’Abbazia di Pulsano nella scena di apertura del film, sul passo antico di quegli anacoreti figli di quei Padri del Deserto che dal deserto di Palmira giunsero in quegli eremi, nei primi secoli della nuova era, e che oggi parlano sulla montagna sacra dell’Arcangelo Michele, il Gargano, la lingua mistica del Pio Padre.
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PIETRELCINA
Il Breve trattato sulla notte oscura del santo e
teologo di Pietrelcina
di Grazia Marchianò
La santità di cui lo scetticismo scientifico insegue le prove materiali: una guarigione clinicamente inspiegabile, un salvataggio in circostanze estreme, le innumerevoli ‘grazie ’ ricevute illustrate negli ex-voto dalla pietà popolare – addita una condizione integerrima di risveglio all’unione col divino che germoglia negli abissi profondi della persona, e una fede illimitata colma di lode è il suo alimento primario. Se “ascesi” nella lingua greca definiva allenamenti atletici estremi, una volta migrata nel cosmo cristiano la parola ha indicato il cammino torturante eppure gioioso percorso dal mistico. Le confessioni di contemplativi ed estatici raccolte da Martin Buber ed Elémire Zolla nel corso del Novecento testimoniano esperienze di vetta negli intervalli di notti e giorni temprati alla preghiera incessante, al digiuno, alla carità dispensata verso chi soffre e invoca spiragli di luce nel travaglio dell’esistenza.
Oltre mezzo secolo fa, in un tempo ancora lontano dal riconoscere lo stato di santità del frate cappuccino Francesco Forgione (nome al secolo), la rivista zolliana «Conoscenza religiosa» accoglieva nel fascicolo 1, 1970, la trascrizione di fogli sparsi che Pio da Pietrelcina aveva spedito a un suo discepolo. «L’autografo – scrive Zolla nella Nota in margine – è custodito nell’Archivio Pagnossin di Padova». E aggiunge:« È mancata la forza di un Dostoievskji a cogliere qualcosa della straordinaria ”discesa del divino” nell’umano cui si assistette per decenni in un villaggio di Puglia, così come avvenne per Dostoievskji per i modelli viventi di Padre Zosima. La descrizione delle aridità della purgazione sensibile e intellettuale è un pezzo classico di teologia mistica, conforme nel suo complesso a quella di San Giovanni della Croce, ma rinnovata dall’accento preciso dell’esperienza. Il testo – sottolinea – si è lasciato intatto, anche e soprattutto con i suoi vigorosi trapassi di lingua parlata». Tra le pagine 1-9 all’inizio del fascicolo, si snoda l’itinerario mentis in Deo di Padre Pio. Nell’occasione del conferimento in Sua memoria del Premio Internazionale ”Padre Pio da Pietrelcina”, 2022, mi è grato accogliere l’invito del maestro musicista Nicola Cisternino a diffondere un paio di frammenti di questa rara testimonianza accanto alle visioni segnoiconiche da lui realizzate nell’occasione.
«Osservate – scrive Padre Pio – ogni qualvolta proviamo una forte commozione, sia di gioia che di tristezza, sia anche per causa occasionale, e, data l’intima unione che passa tra l’anima e il corpo, una certa ridondanza e trasmutazione anche nel corpo. Siamo assaliti da un forte dispiacere, ebbene il corpo, vuole o non vuole, viene anche a risentire a seconda della intensità più o meno grave del dispiacere. Al contrario, siamo compresi da una grande allegrezza, anche il corpo viene a prenderne parte. Tutto questo come avviene? […] avviene per composto che formano anima e corpo in un’unica essenza, è per quest’unica essenza che le forze superiori ed inferiori e l’anima e il corpo scambievolmente influiscono l’una sull’altra, quella su questo e così scambievolmente tutto ciò che in ognuna di tali parti sovrabbonda. Parimenti avviene nel caso presente; l’amore, il diletto, il gaudio che uno prova negli esercizi di pietà, in causa di questa scambievole comunicazione, causano nel corpo un certo qual calore, una certa liquefazione e dilatazione del corpo da causare [movimenti] impuri e disonesti, senza che nessuna turpe immaginazione l’abbia preceduta. Di qui nasce la necessità della purga che […] il Signore può fare: poiché fino a tanto che l’anima non abbia ridotto al silenzio le potenze inferiori, per mezzo di un distacco assoluto e della negazione di ogni qualsiasi minimo piacere, l’anima non potrà mai arrivare a godere della quiete e della pace che richiedesi alla contemplazione infusa […]».
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«Ci basti sapere ancora che solo mediante questa purga l’anima viene ad esercitarsi ed avvantaggiarsi in tutte le virtù teologali, morali e cardinali ad un tempo. Si avvantaggia nella pazienza e costanza, col sopportare, senza mai stancarsi, la privazione di ogni piacere e conforto negli esercizi spirituali […]. Cosa ammirabile! L’anima non vede che le proprie miserie e continuamente le tiene dinanzi ai suoi occhi da non permettere che la sua mente si porti con riflessione sulle altrui mancanze o peccati […]. Ora tutto ciò mi sembra sufficiente per convincere tutti gli spirituali del gran bisogno che hanno d’entrare in questa notte oscura […]. Del resto tutto ciò che abbiamo trattato, se non se ne fa una [esperienza] pratica è quasi impossibile che si possa formarne una adeguata cognizione».
Insegnava dunque Padre Pio, fugando persistenti equivoci sulla natura autentica dell’homo religiosus, che la conoscenza mistica è anzitutto un’esperienza praticamente vissuta di metamorfosi interiore e risveglio spirituale.
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NB Le parentesi quadre riportano le interruzioni presenti nell’autografo
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Grazia Marchianò, già professore ordinario di Estetica e Storia e Civiltà dell’India e dell’Asia orientale all’Università di Siena-Arezzo, dottore honoris causa presso la Open University, Edinburgo. Specialista negli East-West Studies, ha svolto ricerche sul campo in India e in Giappone con particolare riguardo all’irradiazione del buddhismo filosofico dall’India al Tibet all’estremo Oriente.
Autrice di una decina di volumi, ha diretto collane di estetica comparata e orientalistica presso svariati editori italiani e internazionali. Suoi saggi sono pubblicati in ERANOS Jahrbook nn.70,72, 74, 75, su «Spring. A Journal of Archetype and Culture», n. 92, su «Temenos Academy Review» n. 19 e in Octagon. La ricerca della totalità, Scientia nova, Gaggenau 2017. Responsabile del Fondo Scritti Elémire Zolla e autrice della biografia intellettuale dello scrittore, Il conoscitore di segreti (Marsilio, Venezia 2012), ne ha curato presso questo editore diciotto volumi dell’Opera omnia.
Nel 2022 ha pubblicato Interiorità e finitudine: La coscienza in cammino (Ed. Rosemberg&Seller)
Nicola Cisternino (Italy 1957), compositore, direttore e artista, è autore di particolari scritture musicali definite Graffiti Sonori con le quali realizza le sue composizioni. Sue musiche e installazioni sono state eseguite e realizzate in vari festival e residenze artistiche nel mondo. Oltre a diversi Cd e a numerose pubblicazioni su varie riviste internazionali, ha curato, assieme a Pierre Albert Castanet, il volume “Giacinto Scelsi Viaggio al centro del suono” (Luna editore, 1993-2001) ideando e dirigendo varie iniziative scelsiane su richiesta di Franco Battiato per il Festival di Fano, per il Dipartimento Musica e Spettacolo CIMES dell’Università di Bologna, per la Societas Raffaello Sanzio, Nuova Consonanza di Roma, Società del Concerti di La Spezia e la Regione del Veneto. Ideatore e direttore del Progetto SONOPOLIS Percorsi integrati nella musica d’oggi in Veneto realizzato dal Gran Teatro La Fenice e dall’Associazione Sonopolis in collaborazione con il Comune e l’Università di Venezia è attualmente docente di Arti e Musica Contemporanee presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia. Ha pubblicato nel 2021 il volume: Luigi Nono Caminantes. Una vita per la musica. intrecci e testimonianze (Ed. Il Poligrafo).
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