Sono nata e cresciuta nel quartiere di S. Antonino, zona sud di Treviso; vivo attualmente a S. Zeno. Il cavalcavia della stazione accompagna da sempre la mia vita e le mie giornate: un ponte verso il centro cittadino, verso la scuola, gli amici, lo shopping, la vita sociale. Ma anche un ostacolo, faticoso da superare in bicicletta, pericoloso da percorrere a piedi, di sera. Un muro molto alto separa la parte pedonale dalla carrabile e si cammina a perpendicolo con i binari della stazione: non molto rassicurante, anzi, piuttosto inquietante.
Qualche anno fa (nel 2015) il gruppo politico che frequentavo lancia una sfida di idee: pensare a qualche progetto da realizzare per la città, in chiave verde. La mia intuizione è scaturita spontanea: rivestire di verde il ponte quotidianamente presente nella mia vita e ormai decadente, bisognoso anche di interventi strutturali; riqualificarlo in chiave green rendendolo più gradevole, sicuro e piacevole da attraversare.
Ci sono molti altri esempi nel mondo di riqualificazione di vecchi manufatti, in particolare di ponti. Quello che mi ha ispirato è la Promenade des Plants di Parigi, un’arteria ferroviaria cittadina ora dismessa che corre sopra arcate che a loro volta ospitano al loro interno laboratori artigianali. Il piacere di camminare in un giardino che poggia su una struttura storica, anche se non antica, anzi forse perché moderna e quindi meglio disposta ad accogliere i riusi, ha generato in me una sensazione estetica di grande respiro. Perché non realizzare la stessa cosa a Treviso? Perché non rivestire di verde il nostro ponte che unisce la periferia al centro e che funge da porta alla città per chi proviene da Venezia, dall’autostrada, dall’aeroporto e per chi si reca alla stazione ferroviaria? In questo modo sarà possibile aumentare la presenza del verde anche in un settore della città molto cementificato, riconvertendo in chiave verde un manufatto che viene percepito dagli abitanti dei quartieri come un ingombrante, inevitabile mastodonte.
Ho chiesto, quindi, ad un amico architetto di tradurre graficamente la mia idea, ed ecco il progetto abbozzato da Alessandro Tirri (in collaborazione con Mariella Facchin), progetto che abbiamo tentato di far conoscere anche all’amministrazione cittadina, prima guidata dal sindaco Giovanni Manildo e ora da Mario Conte. Abbiamo anche promosso una raccolta di firme per sondare la percezione della cittadinanza riguardo la possibilità di realizzare un’opera come questa. Il consenso è stato ampio. In pochi giorni abbiamo avuto l’appoggio di circa 500 trevigiani che abitano nella zona sud della città.
Il progetto di ‘riqualificazione formale’ che abbiamo proposto vorrebbe sostituire l’attuale immagine con un’altra, coniugandola con il sistema che ha come poli di partenza ed arrivo l’incrocio Dal Negro, l’incrocio con la strada che porta a S. Zeno ed il piazzale della Stazione Ferroviaria, che altro non sono che le naturali discese nel tessuto urbano del sovrappasso.
Abbiamo innanzitutto pensato di dividere il ponte in 3 zone ben distinte: la sede stradale sarebbe separata dai due percorsi laterali, destinati uno a pista ciclabile a doppio senso di percorrenza ed uno a percorso pedonale, per salvaguardare gli uni dagli altri. Questa operazione richiederebbe maggiore spazio per ottenere il quale sarebbe necessario ampliare, solo in alcuni punti e non in forma continua e fino ad un massimo di ca. 240 cm, l’attuale limite laterale del ponte per mezzo di una passerella ‘a sbalzo’.
I 3 settori saranno divisi mantenendo strutturalmente i due parapetti-trave centrali attuali del ponte, sostituendo però lateralmente il loro rivestimento con pannelli-lastra in ferro-Corten ad altezza variabile (non aggiungendo quindi carico strutturale ma sostituendosi a quello delle lastre in marmo). Così facendo si creerà al loro interno, sopra gli attuali 90 cm di spessore dei parapetti, una vasca che poi sarà riempita con ca. 50-70 cm di terra, utili alla flora che, scendendo e arredando verticalmente, si stenderà sulle lastre di ferro-Corten: sarà così ‘piacevole’ la separazione tra la carreggiata e i due percorsi ciclo-pedonali laterali.
Fondamentale, a completamento dei percorsi ciclo-pedonali esterni, sarà la realizzazione di una sorta di ‘aiuola’ sinuosa a più livelli che accompagnerà il fruitore in una gradevole ‘esperienza di percorso’. Accoglierà vari tipi di piantumazioni, il più vicine possibile ‘cromaticamente’ e ‘sensorialmente’ a quelle presenti in stagione nel territorio veneto. In una composizione a pannelli ancorati in verticale sulle lastre-Corten (sul genere dei giardini verticali di Patrick Blanc), saranno inoltre installate altre colture.
A completamento del tutto esisteranno delle piccole zone di sosta e di relax attrezzate con panchine che, attraverso la scelta di un parapetto del ponte il più trasparente possibile, potranno far godere della vista dall’alto sulla città.
La manutenzione del verde non sarà diversa da quella solitamente necessaria per le aiuole fiorite d’arredo urbano e verrà assistita da un semplice sistema d’irrigazione di modello tradizionale, alimentato possibilmente da acqua piovana pre-accumulata in cisterne al suolo.
Il sistema d’illuminazione totalmente autosufficiente, perché alimentato da pannelli fotovoltaici, sarà concentrato su una serie di piccoli pali posti sopra lo spessore degli attuali parapetti-trave.
Conserveremo dove possibile le attuali scale di discesa-risalita, ma saranno completate da un rivestimento di rampicanti sempreverdi. Le molteplici colonne di sostegno del ponte presenti potranno essere rivestite accogliendo così sistemi o impianti d’alimentazione e collegamento verticale.
Claudia Pizzinato, archeologa, si è laureata a Padova nel 1993 in Lettere classiche con indirizzo archeologico e nel 2010, a Venezia, ha conseguito la Laurea specialistica in Archeologia e Conservazione dei Beni culturali; poi, nel maggio del 2013 il Diploma Scuola di Specializzazione interateneo Trieste-Udine-Venezia.
È referente ANA-Associazione Nazionale Archeologi per il Triveneto e membro del Consiglio regionale di Confprofessioni Veneto. Collabora con la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio del Veneto (dal 1994), del Friuli Venezia Giulia e della Lombardia, prestando sorveglianze in cantieri terrestri e subacquei e dirigendo cantieri di scavo archeologico.
Dal 1998 si occupa di archeologia preventiva per conto di enti pubblici e società private. Tra il 1998 e il 2000 ha condotto e diretto un campo scuola archeologico (terrestre e subacqueo) nell’isola di Krk (Croazia) per conto dell’ufficio UNESCO di Venezia.
Tra il 2008 e il 2010 ha ideato e diretto la sezione archeologica di un progetto interdisciplinare per la salvaguardia e conservazione dei maggiori siti archeologici della Libia per conto del governo libico.
Ha collaborato con ERPAC- Friuli Venezia Giulia all’organizzazione della mostra “Nel mare dell’intimità. L’archeologia subacquea racconta l’Adriatico” – Trieste 16 dicembre 2017-1 maggio 2018. Attualmente partecipa, con ruolo manageriale, al progetto Interreg Italia-Croazia Underwatermuse-Immersive Underwater Museum experience for a Wider Inclusion.
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