«Le navi sono solo tavole, i marinai solo uomini», osserva ringhioso Shylock: il mare nasconde molti pericoli. E tuttavia la storia insegna che le distese d’acqua, i deserti marittimi sono superabili (si pensi a Colombo, che su tre gusci valica l’Atlantico), quelli di sabbia no: e, infatti, quando gli arabi, giusto nell’arco di un secolo, compiono quell’eccezionale cavalcata che dalla loro penisola li porta a percorrere tutta la costa mediterranea dell’Africa e poi di slancio superare Gibilterra e penetrare sin nel cuore della Francia (nel 632 muore Maometto, nel 732 Carlo Martello li ferma a Poitiers), realizzano una tale impresa; fu il Sahara a fermarli, altrimenti si prendevano tutta l’Africa. Ebbene, il mare – come sappiamo – è alla base della fortuna di Venezia, il cui espansionismo politico coincide con lo sviluppo commerciale. Ma qui forse è opportuna una precisazione: quando nasce, Venezia è già ricca. Ora, diversamente da altre città come Troia, Atene, Roma, la stessa Padova, Venezia non ha un eroe eponimo, un fondatore; stando al mito, a dar vita alla comunità lagunare furono successive ondate di profughi provenienti dalla terraferma. Fuggivano dai barbari, dai Longobardi; padroni delle pianure, questi avevano l’acqua in gran dispitto, e così le popolazioni dell’entroterra ci trovarono un rifugio, magari non tanto salubre, ma sicuro. Chiediamoci ora chi fossero quelli che scappavano tra le acque salse. Erano i ricchi, i discendenti della classe senatoria e latifondista romana, che si nascosero nelle barene portando con sé gioielli, opere d’arte, soprattutto i titoli di proprietà delle loro campagne, che un giorno avrebbero diviso con gli invasori. Chi non ha bisogno di fuggire sono i contadini: essi infatti hanno ben poco da temere, perché se lo straniero (barbaro sì, ma mica scemo) li ammazza, chi tirerà su il raccolto l’anno venturo? E il raccolto era indispensabile, in ordine decrescente d’importanza, a lui, ai figli, al suo cavallo, alla moglie. Allora, posto che i primi a insediarsi nella laguna non furono soltanto miseri sprovveduti, è più facile comprendere il rapido sviluppo della comunità, senza dimenticare che giocarono a suo favore altri due elementi, uno di natura geografica, l’altro politico.
Tratto dall’articolo “Venezia e il Mediterraneo” di Giuseppe Gullino, prossima uscita
L’immagine è di Francesco Guardi – Il Doge sul Bucintoro si dirige verso San Nicolò di Lido (1766).