Come pezzi del Grande Alfabeto
Versioni dallo spagnolo di Stefano Strazzabosco
in omaggio ai 90 anni del poeta
Lettera dall’Axarquía
I ciottoli della spiaggia si possono ordinare.
I ciottoli sono occhi che guardano Asteria.
Le conchiglie della spiaggia si possono ordinare,
orecchie che ascoltano la musica delle caverne.
E i frammenti di ossi, ingranaggi obliati
del macchinario degli dei, si possono ordinare.
Per questo un’estate in riva al Mediterraneo
mio figlio e io raccogliemmo sulla spiaggia ciottoli,
conchiglie, frammenti di ossi, e costruimmo
ciò che chiamammo paesaggi barbari,
spazzati già via dalla marea.
Devono ancora esserci, sparsi nella sabbia
i ciottoli, le conchiglie, gli ossi
come pezzi del Grande Alfabeto,
pronti perché qualcuno li ordini.
Carta desde la Axarquía
Las piedras de la playa pueden ordenars.
Las piedras son ojos mirando a Asteria.
Las conchas de la playa pueden ordenarse,
oídos que escuchan la música de las cavernas.
Y los fragmentos de huesos, engranajes olvidados
de la maquinaria de los dioses, pueden ordenarse.
Por eso un verano junto al Mediterráneo
mi hijo y yo recogimos en la playa piedras,
conchas, fragmentos de huesos, y construímos
lo que nombramos paisajes bárbaros,
barridos ya por la marea.
Aún han de quedar, esparcidos por la arena,
las piedras, las conchas, los huesos
como parte del Gran Alfabeto,
listo para que alguien lo ordene.
Tramonto
(Granada)
Erba,
voce bruciata.
Pozzo,
garofano reciso.
Cielo,
vestito bianco macchiato di sangue.
Puesta de sol
(Granada)
Hierba,
voz quemada.
Pozo,
clavel cortado.
Cielo,
traje blanco manchado de sangre.
Con Jorge Guillén
Paseo Marítimo, 29
Costruisce allegria. L’opera
quasi finita. Confluenza
del mare e del cielo
in un brillare assolato.
Aperto il balcone. Aria
fuori. Luccicare d’acqua
che il vecchio in poltrona,
ancora stupito, contempla.
Da un nono piano,
all’altezza dei suoi nove decenni,
vede il mondo abbagliarlo:
fusione di fulgori.
La sua vita si getta in questa luce
che appare senz’ombra.
Chiarità, nient’altro.
L’ombra aspetta sotto gli alberi.
Con Jorge Guillén
Paseo Marítimo, 29
Edifica alegría. La obra
casi terminada. Confluencia
del mar y del cielo
en un brillo soleado.
Abierto el balcón. Aire
afuera. Destello del agua
que el viejo en su sillón,
todavía asombrado, contempla.
Desde un noveno piso,
en la altura de sus nueve decenios
ve el mundo como deslumbramiento:
fusión de resplandores.
Su vida desemboca en esta luz
al parecer sin sombra.
Claridad, nada más.
La sombra espera bajo los árboles.
Lo sconosciuto
Perché sto pensando agli angeli,
perché agli assassini?
È contro loro che mi armo
con questo fiore di carta?
Dall’altro marciapiede
un uomo mi fa dei gesti,
vestito di nero
come l’ombra di sé.
È un angelo o un assassino?
Odora di sangue o di cenere?
Attraverso dubbioso
cercandolo con gli occhi.
A volte vorrei morire dimenticato
da tutti, meno i fantasmi.
Lo sconosciuto è sparito.
Metto il fiore di carta al suo posto.
El desconocido
¿Por qué pienso en ángeles,
por qué en asesinos?
¿Es en su contra que me armo
con esta flor de papel?
Desde la otra acera
un hombre me hace señas,
vestido de negro
como sombra de sí mismo.
¿Es ángel o asesino?
¿Huele a sangre o cenizas?
Cruzo dubitativo
buscándole con la mirada.
A veces quiero morir olvidado
por todos salvo los fantasmas.
El desconocido se ha esfumado.
En su lugar pongo esta flor de papel.
I ragni
I miei giorni più lenti qui
li condivido coi ragni.
La loro linearità scintilla,
sono i cartografi dell’aria.
Oh! se anche il mio cammino fosse
come quello del ragno, un secreto
filo a cui stare appesi.
Che rete argentata in cui vegliare.
Quando scende la sera
io non li vedo più
ma so che ci sono: costellazioni
che reggono il pensiero sconosciuto.
E per un attimo
credo di riposare, come un frutto,
nella mano del dio sistematico,
brandello del niente.
Las arañas
Mis días más lentos aquí
los comparto con las arañas.
Su linealidad centellea,
son los cartógrafos del aire.
¡Oh! si también mi camino fuera
como el de la araña, un secretado
hilo donde colgarse.
Qué plateada red a vigilar.
Cuando cae la oscuridad
no las veo ya más
pero sé que existen: constelaciones
que rigen el pensamiento desconocido.
Y por un instante
creo reposar, como un fruto,
en la mano del dios sistemático,
jirón de la nada.
Immagine di copertina
Lasse Söderberg, foto di Ángela García
*
Lasse Söderberg (Stoccolma, 1931) è un poeta e traduttore svedese. Membro storico del gruppo Metamorfos, direttore della rivista letteraria “Tärnings Kastet” (1976-1988), maestro di cerimonia del Cabaret Fredagsbarnen di Malmö negli anni ’70, dal 1987 al 2006 è stato coordinatore delle Giornate Internazionali di Poesia di Malmö, dove vive. La sua opera di traduzione dallo spagnolo (V. Aleixandre, J. L. Borges, O. Paz, F. G. Lorca, etc.) e dal catalano (J. Brossa, P. Gimferrer, etc.) gli è valsa prestigiosi riconoscimenti, tra cui la Medaglia Neruda del Cile e la Croce di Sant Jordi della Catalogna. Numerosi i suoi libri di poesia, da Gli acrobati (1955) a Flechas contra la luna (Malaga, 2019), da cui sono tratti i testi che presentiamo (con versioni dallo svedese dell’Autore e della sua compagna, la poetessa colombiana Ángela García).
La poesia di Lasse Söderberg, che in più di una occasione si è occupata anche di temi politici e civili (come la guerra del Vietnam), ha una natura di invenzione giocosa che non rinuncia a confrontarsi col male, ma tra la pesantezza e la leggerezza sceglie sempre la seconda. Innegabili sono gli influssi che la sua opera di traduttore ha avuto sulle sue liriche, tanto da giungere a una sorta di parodia, ovvero di riscrittura, di opere che hanno segnato la sua vita o di luoghi letterari – come l’Andalusia – che gli sono rimasti nel cuore, e continua a frequentare.
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