La produzione artistica di Claudia Buttignol, assai consistente e multiforme, si presta ad un vasto e puntuale bilancio.
Certo chi scrive non è un critico d’arte: non ne ha né l’occhio né uno statuto. Ma – questo sente di poter dire – ne è certo appassionato quanto inveterato cultore, pur se essenzialmente brado, di opere artistiche attraverso l’assidua frequentazione di chiese, monumenti e musei. Ed ecco come si è sedimentata nella sua memoria la sua “esperienza” dei vari stadi della produzione dell’artista.
I suoi primi sortiti, a collage, acrilico e acquerello colpirono subito per sorprendente originalità nei loro ammalianti effetti coloristici: vi si leggevano rappresentazioni paesistiche che, in certa meticolosa finezza compositiva, prendevano talvolta il sapore del naif ma per muovere presto verso altre di straniante afflato onirico, queste ultime poi talvolta sconfinanti in epifanie dal misterioso senso cosmico. E fin da qui dapprima si intuiva e poi si coglieva una tendenza vieppiù marcata verso soluzioni informali.
L’autrice cominciava ben presto a cimentarsi, attraverso una lettura inesausta quanto centellinata e profonda, con i più svariati aspetti, dagli affioramenti coloristici agli addensamenti concettuali, dell’opera di Andrea Zanzotto, che ha altresì ben analizzato per la sua tesi “Il rosso nella poetica di Andrea Zanzotto” diplomandosi all’Accademia di Belle Arti di Venezia; vi si veniva in particolare costituendo a cespite di filone creativo, sul loro connotarsi nel sangue delle guerre, il motivo dei papaveri, ben evidente in una serie di grandi quadri a tecnica mista.
Prendeva progressivamente corpo da qui una visione letteraria filtrata dalla lettura di grandi autori quali Baudelaire, Rimbaud, Kafka, Seifert, Holan, Montale e più avanti Celan. Kafka con il suo truce senso del potere oppressivo e Celan con la sua tremenda esperienza di cavia dovevano divenire nel percorso artistico di Claudia Buttignol dei “motivatori” fecondi – e certo anche un po’ masochistici nel loro straziante potenziale –, nella fattispecie soprattutto con la serie delle camere a gas e delle sedie elettriche: un po’ una rappresentativa “colonia penale” dell’autrice. Ci sarebbe poi stato, fecondo viatico, il tema heideggeriano degli “Holzwege”, forse quale auspicata redentiva traccia al nostalgico recupero di un’identità umana non profanata.
Per quanto riguarda la serie suaccennata della guerra, secondo i ricordi dell’artista, può aver fatto da denominatore la lunga contiguità infantile con le rovine di alcune case prossime alla ferrovia del paese natale di Orsago, colpite da un bombardamento: permanente nefasta epifania a più riprese rivitalizzata dai racconti della nonna.
Forse proprio questa primitiva “impressione” sarebbe dovuta essere latente accensione per un nuovo collettore, ma si potrebbe a ragione qui dire “buco nero”, per la visita al campo di concentramento al museo praghese di Terezin, con l’impressionante esposizione degli scritti e dei disegni dei bambini internati, che nel processo creativo della Buttignol davano la stura a una serie di interpretazioni di lacerante immedesimazione in quanto lasciato dai bambini orridamente sacrificati; poi per la visita del campo di sterminio di Auschwitz, in particolare del blocco femminile, con le sue congerie di valigie, scarpe, giocattoli, fra i quali di prevalente suggestione le bambole. I significanti in chiave della – certo non impune per l’autrice – reviviscenza di una quanto mai brutale manifestazione umana (nel senso “naturalmente” del disumano) divenivano qui in chiave espressionistica, oltre al colore, materiali pesanti quali il ferro e il piombo.
E doveva consolidarsi nel tempo il viraggio verso le composizioni materiali e talvolta oggettuali, caratterizzate più avanti largamente dall’impiego di legno, sacco e gesso, quasi a filtrare artisticamente, con la trasfigurazione compositiva e il complemento coloristico, l’umana ancestrale consuetudine artigianale. Un filone che potrebbe essere definito dei “collages oggettistici”.
Prendeva nel prosieguo sembianze la serie che si direbbe “veneziana”, esposta appunto primieramente all’Arsenale di Venezia, serie che nell’incrocio di tenebra e ori, si pone, attrraverso originalissimi stilemi informali, in linea col “fasto notturno” della pittura bizantino-veneziana. Anche qui lo spunto era di natura letteraria sull’incipit del recitativo veneziano di Zanzotto per il Casanova di Fellini e quindi, sempre in suggestione zanzottiana, del testo del poeta per il libro fotografico di Roiter. E su questa esperienza si innestava una seconda fase definibile lagunare-marittima.
Il percorso artistico di Claudia Buttignol, come si è detto assai variegato, e di concerto sorprendente sia nei motivi di ispirazione sia nelle soluzioni tecniche, appare essersi sostentato, oltre che sulla profonda conoscenza di svariate esperienze artistiche, sulla scia delle molteplici ispirazioni letterarie, per trovare progressivamente una sedimentazione di natura fortemente civile: vi si legge l’eredità di una seria formazione etica coniugata ad un impegno sociale sentito quanto appunto imposto da esigenze profonde della coscienza.
Foto di copertina: Ancoraggi, tecnica mista su tela (2018), 130 x 200 cm, da “Venezia forse” di Andrea Zanzotto
Claudia Buttignol, nata a Orsago (TV) il 25.4.1945, si è laureata in materie letterarie e diplomata all’Accademia di Belle Arti di Venezia, con la tesi “Il rosso nella poetica di Andrea Zanzotto”. Vive e lavora tra Conegliano (TV) e Montemassi (GR).
Principali esposizioni
1990 Silenzi metropolitani – Galleria libreria Due ruote Vicenza
1996 Kafka e dintorni “ – Gàleria art Zielona Gòra
2001 Anguane-Liane-Diane – Spazio Thetis Venezia
2003 Heimat – Galleria Traghetto Venezia
2006 Carte d’autore su versi di Andrea Zanzotto – Fondazione Querini Stampalia Venezia
2010 Claudia Buttignol – Istituto di Cultura di Bruxelles / Claudia Buttignol – Regione del Veneto, Sede di Bruxelles
2013 Mostra della collezione d’arte contemporanea di Thetis – Spazio Thetis Venezia (collettiva)
2016 Nero latte dell’alba, P.Celan – Centro culturale Aldo Moro, Cordenons (PN)
2017 My venetian gold – Spazio Thetis, Venezia (collettiva) / Ephemère – Galerie Raphael Imbert, Parigi (collettiva) / L’ibrid’arte – QBGallery, Vicenza (collettiva)
2018 La natura dell’arte – Spazio Thetis Venezia (collettiva) / Linea inquieta astrattismo tracce d’avanguardia nel contemporaneo – Palazzo Cerchi, Borgo Valsugana (TN) (collettiva) /Herbstart(e) – ex-chiesa di San Gregorio, Sacile (PN) (collettiva)
2019 Omaggio ad Alda Merini – Galleria Comunale “Ai Molini”, Portogruaro (VE) / Friends – Spazio Thesis, Venezia (collettiva)
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