RIVISTA DI CULTURA MEDITERRANEA

L’altra Metà della Storia (Ritesh Batra 2017), di Elena Furlanetto

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L’altra Metà della Storia (Ritesh Batra 2017)

di Elena Furlanetto

Sono tanti i concetti che ricorrono a intervalli regolari nella nostra quotidianità, e che sommati formano la realtà percepita delle cose. Uno di questi è la convinzione che i film siano meno belli dei libri da cui sono tratti. Un libro occupa centinaia di pagine, ci impegna per settimane, ci sottopone a monologhi interiori che sembrano non aver fine, si addentra, descrive, si sofferma. Conversando di adattamenti cinematografici è pressoché impossibile non incappare in chi afferma di aver letto il libro e averlo trovato immensamente superiore e non è, del resto, sempre così? Perché ci si era già immaginati la storia in modo diverso (l’immaginazione degli altri invalida forse la nostra?). Perché i personaggi ora hanno il volto di attori famosi (i personaggi letterari non assumono talvolta le sembianze di chi conosciamo?). Perché la carta profuma (e il cinema è inodore?). Eppure, sebbene Barry Lyndon di Stanley Kubrik (1975) sia un capolavoro assoluto, pochi, eccetto gli addetti ai lavori ricordano il (mediocre) romanzo picaresco di William Makepeace Thackeray Le Memorie di Barry Lyndon (1844). Lo stesso vale per numerose altre icone cinematografiche come Psycho (1960), Arancia Meccanica (1971), o Forrest Gump (1994), che hanno completamente oscurato i romanzi di provenienza. Anche casi minori come i film tratti da Il Profumo di Patrick Süskind (1985) e I Figli degli Uomini di P.D. James (1999) dimostrano che la superiorità di un romanzo su un film non è una legge fisica.

L’Altra Metà della Storia, versione cinematografica del meraviglioso romanzo Il Senso di una Fine (The Sense of an Ending), con cui Julian Barnes vinse il prestigioso Booker Prize nel 2011, non è indimenticabile. Nel film, l’anziano Tony Webster (Jim Broadbent), riceve una lettera che lo riporterà indietro agli anni del college, ad un amore finito, ma mai dimenticato, e al suicidio del migliore amico Adrian. Il film si concentra sugli avvenimenti, li semplifica e perde la vertiginosa introspezione del romanzo, la sua destrezza nel tracciare i moti dello spirito. Nel passaggio dalla carta alla pellicola, alcune cosa vanno sempre perse, ma se ne guadagnano altre. I silenzi, ad esempio, dal momento che i libri ci spiegano a parole l’assenza di parole. I minuscoli rumori della vita quotidiana. La possibilità di guardare più volti in una frazione di secondo. Le gradazioni di un sorriso e la capacità di giudicarne noi stessi il calore. La musica, e le cose che succedono quando si somma alla narrazione.

Da sinistra, Joe Alwyn (Adrian) e Billy Howle (Tony)

L’Altra Metà della Storia non sorpassa la bellezza del romanzo, ma mostra risvolti che il romanzo trascura, raccontando una storia lievemente diversa, con al centro persone lievemente diverse. Ad esempio la natura degli sguardi tra Adrian e Tony, che Barnes non ci racconta, aggiunge un risvolto che non avevo considerato leggendo il romanzo, una domanda che non mi ero posta. Veronica Ford è una ragazza severa e studiosa, e l’avevo immaginata minuta, pallida, con capelli castano spento: non mi aspettavo la biondezza soffice e appariscente di Freya Mavor, che mi ha lasciato sola nell’imbarazzante compagnia dei miei pregiudizi di genere. Quando Tony segue di nascosto Veronica per scoprire dove abita, Barnes descrive la strada in modo talmente dettagliato che la versione cinematografica è identica alla mia immaginazione, ma la macchina di Tony, nel film della mia mente, è parcheggiata sul lato opposto della strada.

Emily Mortimer (Sarah Ford)

La freschezza e i sorrisi di Emily Mortimer donano al personaggio di Sarah Ford una luce che le parole di Barnes tralasciano e che illumina la stanza con una grazia sconosciuta al romanzo. Ed il fatto che il volto di Sarah sia quello di un’attrice nota non priva il personaggio di originalità, al contrario, il film ci avverte che siamo di fronte ad una figura chiave che va studiata e capita, e lo fa a modo suo, senza parole, con gli strumenti a disposizione del cinema. Il Senso di una Fine è un romanzo al maschile: il peso del protagonista, di Adrian, e dei loro compagni di studi non è paragonabile a quello delle donne che gravitano attorno a loro. Il film, invece, si posa a lungo sulle figure femminili, le scalda e le illumina. Quello che colpisce di Tony, alla fine, non sono i virtuosismi del suo intelletto, ma la sua totale incapacità di leggere le donne con cui ha condiviso l’esistenza, i segni più o meno manifesti che si scambiano sotto lo sguardo poco attento del protagonista.

Per una volta sono grata alla traduzione italiana, che trasforma Il Senso di una Fine in L’Altra Metà della Storia (il titolo inglese del film rimane The Sense of an Ending): perché è giusto chiederci, a questo punto, se i film non siano l’altra metà delle storie narrate dai libri, le loro vite alternative in un’altra dimensione.

Elena Furlanetto
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Nata a Treviso, Elena Furlanetto lavora come ricercatrice all‘Università di Duisburg-Essen, in Germania, dove si occupa di letteratura e cultura americana. È autrice del libro Towards Turkish American Literature: Narratives of Multiculturalism in Post-Imperial Turkey (Peter Lang, 2017) e le sue poesie sono apparse in pubblicazioni italiane ed internazionali. Elena traduce e scrive per Finnegans dal 2012.

Foto di copertina: Veronica Ford (Charlotte Rampling) e Tony Webster (Jim Broadbent)

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