«CAMINANTE NO HAY CAMINO, SINO ESTELAS EN LA MAR»
CAMMINAMENTI AL VERTICE, SULLA SOGLIA
VERSO ALTRI POSSIBILI
«Il cercare infinitamente più importante del trovare. Ascoltare» – Luigi Nono
Mai come in quest’ultima rassegna, il Festival Luigi Nono alla Giudecca, giunto alla sua quarta edizione, si è ampliato rendendosi errante, quasi a rimarcare quel vagabondare stesso del suo protagonista, quella navigazione continua, sia fisica, attraverso i canali veneziani, che interiore, di pensiero, intellettuale e musicale, alla costante ricerca di altri affluenti e altri mari attenendosi sempre e solamente a quell’unica bussola possibile e necessaria in grado di unire oceani di isole apparentemente lontane, l’Ascolto.
Quest’anno il Festival, dedicato a Luigi Nono e i suoi maestri, ha rivolto le proprie attività di studio e approfondimento a quei rapporti con musicisti e letterati che sono stati fondamentali per il lavoro e la vita di Luigi Nono, tra questi in particolare il sodalizio con l’amico fraterno Bruno Maderna, vero e proprio maestro, indagato attraverso la mostra Una tecnica comune, una personalità comune, presentata presso gli spazi della Fondazione Archivio Luigi Nono lo scorso 5 novembre.
Con questa edizione, per la prima volta il Festival è andato oltre le soglie della Giudecca per riversarsi nella città tessendo nuove preziose collaborazioni con alcune delle più importanti istituzioni e fondazioni lagunari, come il Conservatorio di Musica Benedetto Marcello, la Fondazione Prada, la Fondazione Ugo e Olga Levi, Palazzo Grassi – Punta della Dogana, Pinault Collection e la chiesa del SS. Redentore, oltre che a rinnovare e consolidare legami già istituiti negli anni precedenti con altrettanto importanti realtà come la sede veneziana di Emergency.
Un Festival che si è dunque ampliato non solo in senso spaziale, ma anche in senso temporale, estendendo la propria durata per tutto il mese di novembre.
Dal 3 al 27 novembre 2021 la ricca programmazione di eventi ha compreso concerti di musica contemporanea, moderna e antica, fra i quali si ricorda la presentazione della nuova edizione della partitura di Prometeo,Tragedia dell’Ascolto (Ricordi, 2021) presso la Sala Concerti del Conservatorio di musica “Benedetto Marcello”, attraverso l’ascolto di alcuni brani tratti dall’opera e interventi di André Richard, Alvise Vidolin, Marco Mazzolini e Massimo Cacciari.
Sempre presso la stessa sede si sono svolti l’esecuzione del brano “Hölderlin” tratto dal Prometeo: Ascoltare molteplici tempi e il concerto realizzato in collaborazione con la Fondazione Ugo e Olga Levi con brani di Luigi Nono “… sofferte onde serene…”, Bruno Maderna “Honeyrêves” e Arnold Schoenberg “Drei Klavierstücke op. 11”, eseguiti dal pianista Francesco Prode e dalla flautista Federica Lotti.
L’opera del maestro veneziano è stata approfondita anche attraverso conferenze con musicologi, filosofi, artisti e musicisti, la realizzazione di 2 workshop a cura di Paolo Dal Molin per gli studenti del Liceo musicale di Venezia accompagnati dal Professore Gian Luca Sfriso, presentazioni di novità editoriali: Luigi Nono Caminantes. Una vita per la musica. Intrecci e testimonianze (Il Poligrafo, 2021), di Nicola Cisternino, La musica nella gabbia della modernità. Profili di compositori italiani, a cura di Nicola Buso e Angelo Orcalli e Recordar el presente – Luigi Nono en Chile di Giorgio Mastinu e Gonzalo Puga.
Un inedito lavoro coreografico, realizzato da Virgilio Sieni sulle musiche di Luigi Nono e Claudio Monteverdi, è stato presentato presso la sede veneziana della Fondazione Prada (di cui Finnegans prossimamente pubblicherà due articoli), mentre la proiezione presso il Teatrino di Palazzo Grassi del film documentario Archipel Luigi Nono di Olivier Mille (1988, 50′) nella nuova edizione con sottotitoli italiani ha ulteriormente impreziosito la programmazione della rassegna.
Con Luigi Nono ricompositore di poesia, penultimo appuntamento del Festival, grazie al contributo di David Riondino e Veniero Rizzardi si sono approfondite con sguardo critico le scelte letterarie e poetiche di Nono all’interno delle sue composizioni musicali.
A conclusione del Festival Luigi Nono alla Giudecca, il concerto con musiche di Giovanni Gabrieli e Claudio Monteverdi a cura di Gian Luca Sfriso presso la Chiesa del SS Redentore.
Un’edizione estremamente ricca che grazie all’azione sinergica di istituzioni, grandi personalità e interpreti straordinari, ha saputo ricucire l’intricata rete del multiverso veneziano noniano, strade di acqua e di terra indissolubilmente legate in un ambiente unico, un habitat di ascolto peculiare, quello che si ritrova nelle sue partiture “plurime”, in costante tensione di ricerca verso l’Altro.
D’altra parte il suo avvicinamento alla musica è avvenuto proprio grazie a quell’ambiente di confine tra mare e terra quanto mai raro e ineguagliabile, quale è Venezia e le sue acque, come lui stesso racconta in un intervista radiofonica raccolta da Maria Grazia Cavagnino per la RAI nel 1987:
“… delle tendenze c’erano; tendenze di studi, forse di studi sul mare, sotto il mare; questo fa parte di un fascino anche veneziano, di un fascino di storia veneziana di traffici, di infinite strade culturali, mercantili e di oceani che son passati attraverso Venezia e che hanno creato Venezia”.
Il mare, l’acqua, un elemento “fisicamente e spiritualmente essenziale” per tutta la musica e la vita del compositore veneziano, «Venezia e i suoi mari, vicini e lontani, di superficie e di fondo»,1 le cui onde disegnano ponti che continuamente si rinnovano, “scie” di luce che si riflettono sull’acqua a mostrare, per pochi istanti, le infinite vie di percorrenza possibili. Questo è il mare che sostiene Venezia e lo stesso Luigi Nono, quel “póntos” che costituisce “il più arrischiato” quanto necessario «cammino dei possibili».
Viaggiare sull’acqua mette inevitabilmente in discussione il principio di orizzontalità, l’equilibrio non dipende da una stabilità esteriore, i sensi si fanno più vigili, i piedi sono all’erta, come un diapason cercano di accordare tutti i complessi movimenti della partitura che si va facendo sotto di essi lungo la rotta. Sicuramente una sensazione familiare al maestro veneziano, quel “mettersi in ascolto” con tutti i propri sensi, perché solamente così è possibile conoscere Venezia, ascoltandola, ascoltando le sue «pietre rosse e bianche al levar del sole» e «l’arco infinito di colori al tramonto».2
Probabilmente una sensazione condivisa da qualsiasi persona che abbia avuto modo di fare esperienza della città lagunare e non sia riuscita a fare a meno di indugiare, almeno una volta, sulle infinite sonorità dei riflessi della luce sulle increspature dell’acqua, mentre percorreva quel “cammino sopra il mare”.
«Todo pasa y todo queda,
pero lo nuestro es pasar,
pasar haciendo caminos,
caminos sobre la mar».
Antonio Machado, Proverbios y Cantares, XXIX, da «Campos de Castilla», 1912
LUIGI NONO CAMINANTES – PORTE REGALI
Giovedì 4 novembre, Fondamenta delle Zattere, vaporetto Linea 2, “camminando sopra il mare”, direzione Isola della Giudecca per raggiungere la sede veneziana di Emergency, luogo del secondo appuntamento del Festival Luigi Nono alla Giudecca, che presenta la mostra “Caminantes Porte Regali, Ritratti segnoiconici di Caminates del nostro tempo” di Nicola Cisternino, titolo che inequivocabilmente fa riferimento a quel “caminante” descritto dal poeta spagnolo sopra citato.
«Caminantes no hay camino, hay que caminar» è la frase che per puro caso, o forse per necessaria emergenza, seguendo quell’attitudine del «cercare infinitamente più importante del trovare»,3 Luigi Nono legge sul muro del chiostro trecentesco del convento di San Francesco a Toledo e ne viene inondato in maniera illuminante.
Quella stessa luce che risuona nei ritratti che il compositore, musicista e artista, Nicola Cisternino ha realizzato per questa mostra ispirandosi all’opera del maestro veneziano e a quella propensione che costituisce una vera e propria “arte del camminare” secondo Henry David Thoreau.
Diplomato presso il Conservatorio Arrigo Boito di Parma e laureato presso il DAMS di Bologna, Nicola Cisternino è allievo per la composizione di Sylvano Bussotti presso la scuola di musica di Fiesole e di Genazzano. Dalla fine degli anni Settanta il suo originale percorso di ricerca si concretizza in particolari forme di scrittura musicale, i “Graffiti Sonori”, opere che intendono sperimentare trame inedite di relazione tra il segno grafico e il suono nella partitura musicale. La sua attenzione come musicista e compositore si rivolge alla musica intesa come «materializzazione dell’intelligenza che è nel suono», seguendo l’illuminante assunto del filosofo polacco Józef Maria Hoene-Wronski, verso il suono scevro da qualsiasi forma di pregiudizio culturale, accademico o di sudditanza a categorie precostituite.
Tra le innumerevoli iniziative artistiche di cui Nicola Cisternino è stato partecipe e progetti di cui si è reso promotore e curatore, nel 1997 e 1998 viene invitato dagli Ateliers UPIC, lo studio elettroacustico creato da Iannis Xenakis a Parigi, come compositore en résidence, mentre nel 2004 e 2005 è artista en résidence presso l’Abbaye Royale de Fontevraud (Patrimonio Unesco) su invito del Ministero della Cultura francese.
Nel 2009 ha realizzato due importanti lavori in occasione dell’inaugurazione della mostra “L’uomo vitruviano tra arte e scienza” presso le Gallerie dell’Accademia di Venezia.
La poetica musicale e artistica di Nicola Cisternino si nutre di simboli archetipi, suoni ancestrali che non scandiscono il tempo in maniera cronologica e sequenziale, ma piuttosto tendono a renderlo circolare, seguendo Aion e non Kronos, il tempo qualitativo e non quantitativo, quel tempo che fa emergere lo spazio d’Ascolto, dove il silenzio non è solo sinonimo di ricchezza, ma è innanzitutto condizione necessaria per il «suono in quanto ascolto».4
I ritratti segnoiconici di Nicola Cisternino, 26 tavolozze realizzate con tecniche miste a collage su carta, si collocano proprio in questo tempo Altro, il tempo dell’Ascolto, quale possibile via per oltrepassare quel «limen» che è affine a «principium», quella soglia che consente il passaggio, ma non definisce un confine, bensì è inclusiva, tende a creare relazioni, a mettere in comunicazione, a creare dei ponti verso Altri possibili.
Assieme a Luigi Nono, sono presenti Raimon Panikkar, Bruno Maderna, Emilio Vedova, Pavel Florenskij, David Bohm, Iannis Xenakis, Arvo Pärt, Sylvano Bussotti, Giacinto Scelsi, Franco Battiato, John Cage, Gino Strada, Ennio Morricone, Lucio Battisti, Hermann Hesse e Rudolf Steiner, solo per citare alcuni dei 26 maestri e liberi pensatori ispirati dall’opera del compositore veneziano, scelti proprio per le profonde e risonanti scie di luce che hanno lasciato nel mare del vissuto contemporaneo, in linea con il principio iconico del filosofo e teologo russo Pavel Florenskij, si situano in “quella zona umbratile nel Tempio e nell’anima che ci interroga sul trascendente”, come spiega lo stesso Cisternino, l’Iconostasi, quella zona che funge da soglia-passaggio tra luce e ombra.
Caminantes luminosi, al contempo custodi e rivelatori di verità attraverso il loro instancabile cammino di ricerca, sempre sull’orlo del precipizio, lungo «estremi camminamenti al vertice, sulla possibile caduta»,5 a scrutare nuove isole all’orizzonte. La risonanza della loro aura è pienamente visibile, i segni che hanno lasciato sono profondi, non di superficie, non tracce da seguire, ma segni interiori, luci da ascoltare, in grado di rendere visibili gli infiniti camminamenti possibili. I veri maestri fanno questo, lasciano segni, insegnano a mettersi nell’attitudine e «andare verso ciò che si sente».
«Caminante, son tus huellas
el camino y nada más»
Antonio Machado, Proverbios y Cantares, XXIX, da «Campos de Castilla», 1912
Una vera e propria emergenza di ricerca, del mettersi in cammino verso l’Altro, del farsi incontro dell’Altro, come pratica umana di emancipazione.
Lo stesso metodo che ha portato Nicola Cisternino a raccogliere parole, suoni e ascolti nel libro che ha presentato proprio in occasione del secondo appuntamento del Festival unitamente alla mostra, dal titolo “Luigi Nono Caminantes. Una vita per la musica. Intrecci e testimonianze” edito da Il Poligrafo.
Si tratta di “un libro curvo” su Luigi Nono, su definizione dello stesso autore, diviso in due sezioni, la prima raccoglie otto conversazioni con i più stretti collaboratori e interpreti della grande avventura sonora e creativa del compositore veneziano, quali Sylvano Bussotti, Massimo Cacciari, Emilio Vedova, Roberto Fabbriciani, Giancarlo Schiaffini, Stefano Scodanibbio, Alvise Vidolin e Giacinto Scelsi. La seconda sezione include invece alcuni saggi e studi monografici dedicati ad alcune composizioni di Nono, tra cui la fondamentale Intolleranza 1960.
Otto conversazioni-isole-istanti, non interviste, sottolinea l’autore, ma congiunzioni-legami, ispirate al dialogo platonico, cioè a quel modo di generare conoscenza e di far crescere un’idea attraverso l’interlocuzione, il logos, costruendo in maniera corale il discorso.
Dialoghi raccolti da Cisternino in un arco di tempo trentennale confrontandosi con compagni di viaggio assolutamente rari, preziosi e indispensabili per la vita di Luigi Nono. Una sorta di “diario veneziano” che contiene direzioni plurime, un libro “curvo” per l’appunto, dalla cui lettura emerge proprio quella stessa pratica creativa e di vita peculiare del compositore, quella di “intelligere insieme”, del gettare ponti di relazione verso l’Altro, come condizione necessaria per avanzare lungo la rotta ignota.
Un progetto editoriale quindi forse fisiologico, un’emergenza di far ascoltare il canto dell’arcipelago di isole tutte inesorabilmente unite dal mare sonoro noniano, un libro urgente, vivo, necessario e assolutamente appassionante. Un procedere collettivo, sistemico, dove il lettore stesso è coinvolto nella scoperta continua di nuovi punti di approdo del suo pensiero.
In apertura un’ampia testimonianza di Nuria Schoenberg Nono, imprescindibile compagna di vita del compositore veneziano, spirito luminoso, le cui parole offrono uno sguardo quanto mai unico e prezioso all’interno dell’orbita noniana, oltre che lasciar trasparire la sua persona estremamente gentile e autentica.
Lo stesso Luigi Nono è presente all’interno del libro con nove scatti fotografici da lui realizzati nel corso dei suoi viaggi in America Latina e verso il maestoso e assordante silenzio dei ghiacci del Nord.
Merita necessariamente una menzione speciale l’inedita conversazione con Emilio Vedova, che l’autore del libro è riuscito a raccogliere il 20 marzo 2001, in una primaverile mattinata veneziana presso lo studio dell’artista lungo Fondamenta Zattere, presso quei suoi «accampamenti, baracche per altre ipotesi di spazio»,6 come lui stesso preferiva definire quel suo spazio di lavoro e di vita. Un contributo unico, mai pubblicato prima, per volere stesso di Vedova, dove la scelta tipografica dell’autore di trascrivere le parole cercando di seguire l’intricata dinamica della partitura di Vedova, rispecchia quel suo modo di esprimersi con gli altri e con il mondo assolutamente unico, fatto di segni e colori che si fanno linguaggio nel momento stesso del suo pensare, parole che affiorano talvolta quasi sussurrate come eco lontane, talvolta impetuose, come isole che emergono dopo una scossa tellurica.
Vedova rende indubbia testimonianza di quello “strano vedere” dell’amico fraterno Luigi Nono, quel suo modo di «essere disponibile, chissà per quale suo vento, alla questione di traforo, di vedere per fianco»,7 ma giunti a questo punto abbiamo ben chiari i motivi per cui, per il compositore veneziano, la visione non potesse essere unicamente centrale, ma doveva e poteva essere solamente mobile, errante, come quei riflessi di luce sull’acqua dei canali veneziani, come i rintocchi delle campane a identificare le isole della laguna, a creare mappe per l’orecchio.
Evidentemente il suo non era un “vedere”, ma più un “ascoltare”.
Caminantes intraprende un viaggio che è ancora tutto da scoprire, attraverso parole e stasimi, lascia delle scie, come solo i maestri sanno di dover fare, al lettore il compito di scoprire e accordarsi sul proprio cammino, come scrive Antonio Machado «Caminante no hay camino, sino estelas en la mar».
«Dobbiamo sapere di poter precipitare in ogni momento, ma cercare, comunque, cercare sempre, l’ignoto».8
Note
1. Nicola Cisternino, “Luigi Nono Caminantes. Una vita per la musica. Intrecci e testimonianze”, Il Poligrafo 2021, pag. 18
2. Ivi, pag. 53
3. Ivi, pag. 53
4. Ivi, pag. 207
5. Ivi, pag. 158
6. Ivi, pag. 154
7. Ivi, pag. 154
8. Ivi, pag. 291
Fabrizio Gazzarri
Il 4 novembre scorso, invitato dall’amico Nicola Cisternino, ho preso parte alla presentazione del suo ultimo libro Luigi Nono Caminantes.
Nella sede di Emergency di Venezia, che sostiene con coraggio le criticità di questo nostro mondo tormentato, credo che il libro di Nicola si trovasse nel luogo più affine e disponibile per accoglierlo e discuterlo in pubblico.
Interrogarsi sulla straordinaria figura di Luigi Nono e il suo mondo poetico è cosa molto complessa ma la scelta di ricorrere a una serie di conversazioni, realizzate negli anni dallo stesso Cisternino ai protagonisti di pagine indimenticabili, è risultata indovinata ed emozionante.
Luigi Nono Caminantes genera stimoli coinvolgenti e rivela tracce sensibili, testimonianze dirette, storiche. L’impulso necessario e vitale per non disperdere i codici di lettura della nostra storia… come citava spesso Emilio Vedova.
L’immagine simbolo che mi è rimasta di quella bella serata porta allo studio Vedova nei primi anni ottanta. Alla parete un suo grande telero dalla pittura asimmetrica, frammentata e di piani stratificati nel segno della grande pittura veneziana.
Luigi Nono osservava “in ascolto” quell’opera… in diagonale, di traverso per percepire, tra gli spazi di quei piani dipinti e sovrapposti, le sue onde e le sue vibrazioni.
Claudio Ambrosini
Cisternino non solo racconta e spiega, ma riesce a fare appassionare a una delle vicende più complesse della storia della musica: le innovazioni letteralmente esplose nel Secondo Dopoguerra e, all’interno di questo crogiuolo, il percorso di Luigi Nono, dagli anni “furenti” di Darmstadt agli esiti siderei di un’incessante ricerca.
Fin dagli anni di Darmstadt Nono sente l’urgenza di partecipare, di farsi portavoce e ha il coraggio di staccarsi sia dalle panie del dio Numero+Schema che delle catene più strette dell’ideologia per farsi testimone del mondo reale, pur continuando la sua esplorazione del suono e del linguaggio.
Cisternino ce ne restituisce un ritratto “a mosaico”, magistralmente costruito sul contrappunto delle voci dei protagonisti – da Nuria Schönberg a Massimo Cacciari, a Emilio Vedova, a Bussotti, Scelsi, Alvise Vidolin, Fabbriciani, Schiaffini, Scodanibbio – che lo hanno affiancato nel suo coraggioso caminar.
***
LUIGI NONO PHONOSOPHO
di Leopoldo Siano
Non v’è dubbio che le parole più essenziali su un creatore vengano scritte (o dette) quasi sempre da un altro creatore. Questo nuovo volume di Nicola Cisternino ne è un’ennesima conferma. Finora i ritratti più memorabili di Luigi Nono, tanto brevi quanto intensi e poco noti, erano nati dalla penna di musicisti quali Gérard Pape, Stefano Scodanibbio o Ingo Metzmacher. Tra gli altri contributi fondamentali su Nono si devono di certo ricordare quelli di Giovanni Morelli e di Enzo Restagno, i quali però non sono musicologi in senso stretto, bensì scrittori, ‘Künstlernaturen’, philosophes-artistes (per dirla con Jean-Noël Vuarnet).
Cisternino offre una narrazione a più voci del percorso esistenzial-poetico del compositore-viandante. Il corpus centrale del libro – incastonato tra un appassionante ‘quaderno veneziano’ e altri saggi e scritti brevi su Nono – sono le otto conversazioni con compagni di strada: la moglie Nuria, Sylvano Bussotti, Massimo Cacciari, Emilio Vedova, Roberto Fabbriciani, Giancarlo Schiaffini, Stefano Scodanibbio e Alvise Vidolin. Il volume viene inoltre arricchito da vari documenti inediti, epistolari e 9 scatti fotografici dello stesso Nono.
Il libro è dedicato alla moglie Ada e a Venezia, due capisaldi nella biografia di Cisternino. Venezia è infatti essenziale per comprendere Nono e la sua musica. Non solo per la storia della sua famiglia e il suo radicamento nella tradizione polifonica della città, così tanto e amorosamente studiata insieme all’amico e maestro Bruno Maderna. Se non si è mai stati nella laguna al di là del turismo e delle cartoline, in particolare se non si è stati a passeggiare in silenzio alle Zattere, in quel luogo auratico dove Nono nacque e morì, forse mai si riuscirà a penetrare del tutto nella sensibilità del compositore. Osservare le gibigiane, i giochi d’acqua e luce, esperire il paesaggio sonoro della laguna può essere fondamentale per esperire al meglio la sua musica. I luoghi con le loro aure contavano moltissimo per Nono. I luoghi parlano, comunicano, vibrano. A Roberto Fabbriciani, appena arrivati nella Foresta Nera, Nono disse: “Vedi, questo è un luogo che mi piace; lo Studio sarà buono perché questo luogo mi piace” (p. 185). I luoghi erano per Nono talmente importanti che egli cominciò a pensare le sue opere per spazi specifici, dove poter ascoltare poli-prospetticamente. Le tradizionali sale da concerto non lo soddisfavano più.
Nono si era messo sempre più in ascolto di Venezia, delle voci, delle acque, delle sirene, delle campane e i loro echi, di quei campi sonori di una magia senza fine. Con le sue riflessioni sul paesaggio sonoro veneziano Nono viene così a trovarsi in una sorprendente vicinanza all’ecologia acustica di Murray Schafer, il padre degli studi sul soundscape.
Per Nono col passare degli anni diviene sempre più cruciale la questione dell’ascolto. L’ascolto diventa per Nono un’ossessione, un imperativo categorico. Nei suoi schizzi per il Prometeo si trova spesso l’esclamazione: “Ascolta!”, rivolta innanzitutto a sé stesso. Nono capì quanto fosse importante e difficile ascoltare, financo per un musicista avvezzo ad esercitarsi per ore ogni giorno al suo strumento. Siccome è di un ascolto profondo, verace, quello di cui qui si parla. Non si tratta infatti soltanto dell’ascolto della musica, bensì del paesaggio sonoro, perfino dell’ascolto delle pietre, delle pietre bianche e dei mattoni rossi di Venezia, così come viene ricordato nel libro da Massimo Cacciari. Perché a Venezia il vedere è anche un ascoltare. E l’ascolto si fa visione.
Legata alla questione del suono e dell’ascolto è quella dello spazio, intesa in senso metafisico e fisico, concreto. Un suono emerge dal silenzio e svanisce nel silenzio – al limite dell’udibilità… E dov’è che questo suono svanisce? Quando il suono non è più udibile dov’è andato a finire? Il suono è una meravigliosa metafora della transitorietà. Qualcosa che appare e scompare.
A Nono interessava lo spazio del suono e il suono nello spazio. Gli premeva far vibrare lo spazio, ‘suonare lo spazio’, per arrivare ad ‘essere nel suono’.
Luigi Nono è phonosopho. Poiché egli pone in maniera così radicale la questione dell’ascolto, andando alle radici appunto; e questa è la questione phonosophica par excellence. Nono s’interroga sulla natura del suono e del silenzio. Egli cerca la ‘conoscenza attraverso il Suono’.
A tal proposito è estremamente significativo pure il fatto che Nono negli ultimi anni della sua vita fu un appassionato lettore di Athanasius Kircher. Il termine ‘phonosophia’ fu adoperato per la prima volta, quale neologismo, proprio dall’eruditissimo ed eclettico padre gesuita. Lo si trova nel sottotitolo della sua Phonurgia nova (1673), opera dedicata all’Imperatore Leopoldo I: sive conjugium mechanico-physicum artis & naturae paranympha phonosophia concinnatum (la congiunzione fisico-meccanica dell’arte e della natura elegantemente concertata dalla paraninfa fonosofia). Già nel 1684 uscì della Phonurgia nova una traduzione tedesca. Titolo e sottotitolo vennero così tradotti: Neue Hall- und Thonkunst / oder mechanische Gehaim-Verbindung der Kunst und Natur / durch Stimme und Hall-Wissenschaft gestifftet. Questa è l’edizione che studiò Luigi Nono, il quale – come si sa – non amava il latino.
Prima l’ascolto, poi tutto il resto. Troppo di sovente si dimentica di ascoltare.
Ascoltare significa, in primis, non pensare, svuotarsi (il momento kenotico sottolineato da Cacciari nella prima conversazione del 1992 inserita nel libro) e porsi in un atteggiamento di apertura. Vasti cieli, vasti silenzi… L’essenza della realtà è sonora (come insegna Marius Schneider), ma allo stesso tempo vuota. Il suono e il vuoto (ovvero il silenzio, lo spazio illimitato che contiene ogni cosa) sono facce di una medesima medaglia. Se la musica è pensiero, l’ascolto è non-savoir.
Il pensiero phonosophico del tardo Nono apre prospettive inattese e sconfinate. Le sue riflessioni sull’ascolto devono essere finalmente viste in maniera nuova e messe in relazione a quelle di altri filosofi del suono e dell’ascolto a lui contemporanei: non solo a John Cage e Murray Schafer, i nomi che subito balenano, ma anche ad altri personaggi quali Pauline Oliveros e Francisco López, Éliane Radigue e Michael Vetter.
L’arte dell’ascolto, un’arte già di per sé impegnativa e che richiede continuo esercizio, presuppone un’arte ancora più difficile: quella dell’attenzione.
Comunque a differenza del silenzio di Cage, quello di Nono è carico di emozionalità drammatica, di memorie, e di lontananze utopiche nostalgiche future… I silenzi di Nono sono forse più vicini ai silenzi wagneriani nel Tristano: silenzi risonanti (tönendes Schweigen). Nono vuole intensificare il silenzio, l’esperienza del silenzio, attraverso i suoni. Talvolta chiedeva ai suoi interpreti di produrre suoni che fossero ‘quasi silenzi’ (pppppp…). Nella sua musica tarda non v’è soltanto un’esplorazione microtonale, ma anche delle micro-differenze dinamiche. L’ascolto della sua musica necessita un affinamento della percezione, una estrema interiorizzazione.
Proprio per la centralità di questa dialettica tra suono e silenzio, tra pieno e vuoto, negli ultimi anni Nono sempre di più preferì una rappresentazione anti-discorsiva del suono, la discontinuità, la poetica del frammento. La frammentarietà gli fu essenziale per esser libero di aprirsi ad altri pensari, come Nono coniava, sempre nuovi infiniti possibili saltare da un modo di pensare all’altro, consapevole della pienezza d’ogni istante.
Si pensi al pezzo orchestrale dedicato ad Andreij Tarkovskij, con quei silenzi-abissi, quelle catastrofi, quelle 22 corone indicate in partitura che si fanno sempre più lunghe dai 4 fino ai 16 secondi: silenzi carichi di tutti gli infiniti possibili, quelli di Giordano Bruno o di Robert Musil. Il romanzo L’uomo senza qualità fu considerato da Nono come un grandioso manuale di composizione, in cui ascoltare il silenzio, le sue germinanti possibilità che non escludono il rischio. Stefano Scodanibbio ricorda come Nono usasse dare non di rado addirittura ‘spintoni’, incitasse ad andare sempre avanti, “a non assestarsi sulle proprie convinzioni, a contraddirsi, a interrogarsi e a lasciarsi fanciullescamente sorprendere. La ‘bellezza’ doveva manifestarsi attraverso e a seguito di rotture, crisi, fallimenti, squarci anche dolorosi”. (Cfr. Non abbastanza per me. Scritti e taccuini, a cura di Giorgio Agamben e Maresa Scodanibbio, Quodlibet: Macerata 2019, p. 57).
Risulta inequivocabile già dal titolo del libro che per Nicola Cisternino cruciale sia il ciclo dei Caminantes. Nono stesso è presentato come ‘caminante’. Il leitmotiv del suo periodo maturo fu difatti quella frase letta sul muro di un antico chiostro a Toledo, che lo folgorò: “Caminantes no hay caminos hay que caminar” (Viandanti, non v’è cammino, v’è solo da camminare…). La verità della vita creativa sta nel muoversi, senza un piano predeterminato, nell’andare da una parte all’altra, stando sempre ancorati all’adesso: e così un’opera conduce all’altra.
Nono fu un Wanderer, un ‘viaggiatore tra mondi’; egli fu mosso continuamente dall’ansia dello sconosciuto, in una ricerca pressoché infinita. Per Nono il cercare infinitamente era di gran lunga più importante del trovare.
Non è un caso che Giuseppe Sinopoli nel 1990 gli volle dedicare il suo ‘diario dell’anima’ Parsifal a Venezia. A suo modo, con la sua nostalgia utopica delle cose ancora da venire, Nono fu un Parsifal, un ‘puro folle’. L’inudibile reso infinito udibile… Sinopoli si ricordava delle appassionate conversazioni alle Zattere passeggiando con Nono (“vigoroso persino nel parlare, respirare, camminare”), il quale un po’ preoccupato per le sincretistiche letture del più giovane amico (che spaziavano da Lukács ad Evola, da Pound a Borges, da Ernst Bloch a René Guenon), gli diceva: “Bepi, sta’ attento, sta’ attento”…
L’engagement politico di Nono è espressione della sua passionalità dinanzi alla tragedia dell’esistenza. Con le sue opere voleva mettere in scena il dolore umano, con la speranza utopica di redimerlo. Nono ebbe sin dall’inizio un’inclinazione drammatica; era interessato ai contrasti, ai conflitti esteriori ed interiori. Senza dimenticare che uno dei conflitti primordiali è quello tra ciò che è e ciò che può essere… Negli ultimi anni l’evento tragico si concentrò per Nono nello spazio dell’udito, sublimandosi, con momenti di pura rivelazione, nell’hic et nunc.
Come per Sinopoli, ad un certo punto anche per Nono fu inevitabile il ribaltamento del razionale nel meta-razionale. Da qui gli interessi del tardo Nono per il canto sinagogale, la mistica ebraica, gli scritti di Pavel Florenskij et cetera.
Nono propone una sovversione radicale, nell’ascolto come nella vita. Il poeta Edmond Jabés gli insegnava: entrare in sé stessi, questo è scoprire la sovversione. Da ‘compositore rosso’ e politicamente arci-impegnato, Nono a poco a poco comprese, in seguito ad intime catastrofi, che la più grande rivoluzione è quella interiore. La sua musica si interiorizza, si spiritualizza sempre di più. Si svuota. Come nell’alchimia, la materia stessa si fa spirito. Il suono viene rarefatto.
Sempre più, negli ultimi anni, Nono evitò la scrittura. Si rese conto di quanto più veloce e molteplice è il pensiero rispetto alla lentezza dell’atto dello scrivere. Da qui la discontinuità del suo procedere. Gli premeva lavorare direttamente, corporalmente col suono, nello spazio, con i musicisti e la loro vita interiore.
Le ultime partiture di Nono sono ‘inesistenti’: solo vaghe indicazioni, accenni, lampi, utopie… (v’è il caso estremo di Découvrir la subversion: hommage à Edmond Jabès, un’improvvisazione guidata che si svolse a Parigi nel 1987). Scodanibbio ricorda che in una prima seduta di registrazione allo Studio di Friburgo, Nono chiese a lui, Suzanne Otto e Giancarlo Schiaffini di improvvisare. Nono ascoltò con attenzione e alla fine, entusiasta e un po’ turbato, disse: “Ma a che serve scriverla, la musica?” (p. 204)
Nono era soprattutto alla ricerca di un ‘suono mobile’: di un suono vivente, non fisso. Non solo il suono si muove nello spazio; movimenti microtonali e microdinamici hanno luogo nel suono stesso. A Nono non interessava il virtuosismo tradizionale; quello che lui esigeva era un virtuosismo dell’ascolto, dell’estrema differenziazione timbrico-dinamica all’interno del suono. Spingeva ad allargare l’orecchio (interiore), ad aumentarne la ricettività.
Nono ricercava, per parafrasare Kandinsky, ‘das Geistige in dem Klang’, ‘lo spirituale nel suono’, il vuoto nella materia acustica, il silenzio che abita il suono.
Egli amava lavorare individualmente con i singoli musicisti, per approdare insieme – attraverso un processo maieutico – a dei risultati sonori visionari. In alcune delle sue tarde partiture Nono non nota lo strumento, ma lo strumentista, il nome dell’interprete.
Dopo l’esecuzione di Post-Prae-Ludium n. 3 Baab-arr, che è basato su un singolo suono, Nono disse all’interprete amico Fabbriciani: “Se fai così tutto con una sola nota, il prossimo pezzo sarà con mezza nota…”! (p.189)
Innegabile è la vicinanza dell’ultimo Nono alla ‘musica su una sola nota’ di Giacinto Scelsi: basta ascoltare l’omaggio orchestrale a Carlo Scarpa architetto. Ma mentre nelle opere di Scelsi si ha quasi sempre un continuum sonoro, in Nono prevale la discontinuità, l’interruzione, l’alternanza tragica di suono e silenzio. Nel volume sono pubblicate due lettere giovanili di Nono a Scelsi (1954 e 1956) che sorprendentemente documentano di un rapporto, per quanto datato e poeticamente lontano, tra i due maestri.
A questo riguardo non è nemmeno fortuito che Scelsi sia l’altra ‘colonna portante’ nelle attività di Cisternino, che alla musica del Maestro di via di San Teodoro 8 tante energie ha dedicato: dirigendola, promuovendola e scrivendone. Sua (insieme a Pierre Albert Castanet) fu la curatela del primo volume in italiano su Scelsi (Viaggio al centro del suono) che fino ad oggi rimane leggendario e insuperato.
La musica di Nono potrà anche non piacere ad alcuni, ma è innegabile che la sua opera ha una forza messianica; essa continua ad irradiare, non da ultimo grazie al carisma fascinoso di Nono stesso come personalità e al suo modo di raccontare i suoni. La sua musica è da ascoltare in relazione al suo pensiero, al suo percorso interiore. Come per Scelsi, il suono fu per Nono altrettanto una Via: una via di conoscenza. Egli non smise mai di cercare, fu mosso sempre dall’ansia per l’Inconnu. Un demone possiede gli artisti: il bisogno di conoscenza, di arte, non è un mero passatempo o un ozio intellettuale, bensì un qualcosa addirittura di fisiologico.
Non solo in lingua italiana, ma soprattutto in tedesco è stato pubblicato molto (forse troppo) su Nono. Per la maggior parte si tratta di letteratura accademica concepita per un ristrettissimo pubblico di specialisti, che infine però nemmeno gli specialisti leggono poiché spesso noiosissima e alquanto indigesta. E che non di rado invece di favorire e di intensificare l’ascolto, lo disturba, lo ostacola, distrae.
Un sapere che non ci trasforma lascia il tempo che trova. Meglio dedicarsi a ritrovare il tempo, la dimensione dell’ascolto. L’esempio di Nono ci mostra come la continua ‘ricerca’ – o meglio la quête – ci possa portare a scoprire qualcosa del suono e al di là di esso. Nono voleva aprire le orecchie degli uomini, così da esperire attraverso l’ascolto qualcosa di essenziale.
Questo nuovo libro è idealmente una sorta di ‘diario veneziano’. Cisternino ci racconta (e lascia raccontare, oralmente) l’avventura artistica e umana di Nono; ma in fondo Cisternino ci racconta – in maniera quasi subliminale – anche del suo modo (unico) di ascoltare e leggere la musica noniana (in relazione all’olomovimento di David Bohm e a tante altre ricerche nel campo di quel continuum chiamato ‘coscienza’), ovvero della sua attitudine d’ascolto, della sua propria ricerca di ascoltatore e di creatore. L’importante è “mettersi nell’attitudine” (p. 160), gli ricordò Emilio Vedova… Questi era un personaggio un po’ schivo, che assai raramente concedeva interviste. Il pittore accettò però di parlare di Nono, perché riconobbe che Cisternino “era dentro una semplicità” (p.166), una sincerità basata su una ricerca disinteressata.
A differenza di tante pubblicazioni musicologiche en titre, questo di Cisternino è un libro che resterà. Perché è un libro vissuto, sentito intimamente come necessario – e ‘composto’ ad arte.
Kürten, inizio settembre 2021
***
Arianna Niero, diplomata in Arti Visive e Discipline dello Spettacolo presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia. Svolge attività di ricerca nel campo artistico, unendo la passione per la musica e la scienza, indagando le relazioni tra la dimensione visiva e acustica dell’esperienza, con particolare riferimento agli studi sul Paesaggio Sonoro realizzati da R. M. Schafer.
***
Leopoldo Siano, 12 agosto 1982, è filosofo della musica e azionista del suono. Giovanissimo si trasferisce in Germania. Dal 2012 insegna allʼUniversità di Colonia (nello stesso Istituto Musicologico dove tra gli anni cinquanta e settanta insegnò Marius Schneider, suo grande ispiratore); qui è anche coorganizzatore della serie di concerti acusmatici Raum-Musik. È autore e curatore di diversi libri (su Karlheinz Stockhusen, Hermann Nitsch, François Bayle etc.). Il suo ultimo volume è stato pubblicato nel gennaio 2021 dall’editore Königshausen & Neumann di Würzburg: Musica Cosmogonica: von der Barockzeit bis heute (Musica cosmogonica: dall’epoca barocca ad oggi). Insieme a Shushan Hyusnunts è ideatore del theatrum phonosophicum.
© finnegans. Tutti i diritti riservati
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.