L’ISOLA DI PROMETEO 2022
Festival Luigi Nono alla Giudecca – Quinta edizione
di Nicola Cisternino
Anche quest’anno, in piena ripresa post-pandemica, l’autunno musicale veneziano ha riproposto il Festival Luigi Nono alla Giudecca, giunto alla sua quinta edizione con una ricca programmazione nell’intero mese di novembre e, come la scorsa edizione, ha interpretato l’insularità veneziana come Arcipelago prometeico connettendo più punti dell’intera città di Venezia-Archypelagus, rafforzando una triangolazione istituzionale musicale con il Conservatorio Benedetto Marcello, la Fondazione Ugo e Olga Levi, con lo Spazio Emergency di Venezia e la Fondazione Prada.
Ne riprende in cronaca l’excursus dei vari eventi un testo di Arianna Niero che introduce ad alcuni documenti e contributi preziosi di questa edizione, in primis il testo di Roberto Calabretto curatore di un prezioso allestimento che ha segnato la ri-scoperta in epoca odierna del prezioso contributo che Luigi Nono dette per l’allestimento (la cui partitura era andata in fiamme nel rogo del Teatro La Fenice del 1996), nel pieno dell’emergenza tellurica del Friuli del 1976, dell’allestimento a Venezia de I Turcs tal Friúl, opera giovanile di Pier Paolo Pasolini. Un evento di Teatro di Azione di piena Emergenza, particolarmente caro a Nono (vedi Intolleranza 1960) che venne allestito il 13 novembre del 1976 a Venezia dal Piccolo Teatro Città di Udine, in collaborazione con il Teatro La Fenice, in quello spazio dall’annuncio profetico di San Lorenzo che vedrà pochi anni dopo, nell’autunno 1984, l’approdo e il sigillo del Prometeo Tragedia dell’ascolto.
Il ricco cartello di eventi è stato aperto da un inaugurazione particolarmente significativa per la storia dell’Archivio Luigi Nono prossimo al suo trentennale, salutato con meritato orgoglio da Nuria Schoenberg Nono e Massimo Cacciari, ovvero la presentazione del completamento del lungo lavoro di Archiviazione digitale dell’intero fondo di documenti (partiture, dischi, registrazioni, video, foto, carteggi e documenti) ad opera del Centro di Sonologia e dal Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Padova con Audio Innova srl (Spin-off UNIPD), un progetto complesso e tecnologicamente innovativo per il libero accesso a tutti i materiali dell’Archivio, già avviato negli anni precedenti al Covid e curato e presentato da Claudia Vincis (Direttrice Scientifica della Fondazione Archivio Luigi Nono) assieme a Sergio Canazza (Direttore del Centro di Sonologia Computazionale dell’Università di Padova) e a Michele Patella, direttore tecnico di Audio Innova srl e finanziato dalla Ernst von Siemens Musikstiftung in collaborazione con la Paul Sacher Stiftung di Basilea.
L’evento inaugurale ha visto anche la presentazione della ricca Mostra Contemporanei e allievi Con Emilio Vedova Giudecca composta da fotogrammi inediti recentemente digitalizzati dell’Archivio.
Centrale nella tematica del Festival dedicata ai Contemporanei e Allievi dell’opera di Luigi Nono, la serata dell’ 8 Novembre dedicata ad Helmut Lachenmann, allievo straordinariamente ‘unico’ e legato in un’affinità elettiva al compositore veneziano. Maestro indiscusso e ancora pienamente attivo con i suoi ottantasette anni della scena contemporanea internazionale, è arrivato a Venezia per partecipare alla Tavola rotonda dialogando con i musicologi Angela Ida De Benedictis e Roberto Calabretto e alla regista Wiebke Pöpel, autrice del film “MY WAY” dedicato a Lachenmann, che è stato proiettato al Cinema Rossini nella stessa serata dell’incontro. Altrettanto elettivo il ritorno del trombonista e tubista Giancarlo Schiaffini, protagonista fondamentale di quella bottega d’invenzione e ricerca strumentale che Luigi Nono mise a punto per la realizzazione del Prometeo Tragedia dell’ascolto e che vide attivi, assieme a Schiaffini, il flautista Roberto Fabbriciani, il contrabbassista Stefano Scodanibbio, il clarinettista Ciro Scarponi e Alvise Vidolin per l’avventura del live electronics. Proprio con la regia del suono di Vidolin, Giancarlo Schaiffini ha riproposto in concerto nella Sala Concerti del Conservatorio Benedetto Marcello alcune sue composizioni dedicate e ispirate a Nono e una delle ultime pagine composte dal compositore veneziano per la sua tuba, di grande suggestione, il Post-prae-ludium per Donau del 1987.
Festival Luigi Nono alla Giudecca 2022
Contemporanei e allievi
di Nuria Schoenberg Nono e Serena Nono
Fondazione Archivio Luigi Nono
Per il Festival Luigi Nono alla Giudecca, quest’anno alla quinta edizione, la Fondazione Archivio Luigi Nono collabora per il secondo anno consecutivo con la Fondazione Ugo e Olga Levi per presentare alcuni eventi di estremo interesse, in linea con il titolo del Festival Contemporanei e allievi. Infatti, a cura della Fondazione Ugo e Olga Levi sono la mostra Luigi Nono, I Turcs tal Friùl di Pier Paolo Pasolini, la presentazione del film Helmut Lachenmann MY WAY, la presentazione dei film di Gianni Di Capua Respiri, silenzi… altri ascolti. La prassi musicale dell’ultimo Nono (1993) e Io Frammento dal Prometeo (1998).
In particolare siamo molto felici della mostra e relativo incontro dedicati ai Turcs tal Friúl di Pier Paolo Pasolini, di cui a oggi non si era ancora ricostruita la memoria dell’edizione del 1976.
Nell’anno del terribile terremoto che afflisse il Friuli, il Piccolo Teatro Città di Udine, in collaborazione con il Teatro La Fenice di Venezia, proponeva l’opera nella Chiesa di San Lorenzo a Venezia. Luigi Nono ne scrisse le musiche, senza sapere che sarebbe tornato in quella chiesa molti anni dopo con l’opera Prometeo. Tragedia dell’ascolto. La partitura originale dei Turcs tal Friúl andò bruciata nello sciagurato incendio del Teatro La Fenice nel 1996.
Ovviamente non c’è periodo migliore per celebrare quest’opera che nel centenario di Pier Paolo Pasolini.
Il titolo del Festival Contemporanei e allievi significa voler indagare il rapporto di Luigi Nono con i suoi contemporanei e con gli allievi. Helmut Lachenmann è senz’altro uno degli allievi più importanti, ma pensiamo anche agli allievi “ideali”, per affinità di temi, di etica, di sensibilità.
E agli allievi di ieri e di oggi che a lui si sono ispirati. Doveroso è ricordare Gianni Di Capua che con i suoi documentari dedicati alla poetica di Luigi Nono ha proposto una riflessione sul senso e sul pensiero della musica contemporanea.
Per Contemporanei sono contemplati gli artisti contemporanei a Luigi Nono con cui ha collaborato, come Pier Paolo Pasolini. Contemporanei, oltretutto, nell’intensità della ricerca dei linguaggi, nell’urgenza di innovare e per la profondità delle tematiche e dei richiami politico-sociali.
Per cui i contemporanei sono anche allievi, allievi gli uni degli altri.
E contemporanei a Luigi Nono sono gli allievi di adesso che incarnano la continuità di pensiero, la necessità delle tante possibilità.
Concludiamo con una citazione tratta da un testo scritto da Luigi Nono per Helmut Lachenmann nel 1983 che ci ricorda l’essenza dell’insegnamento di Luigi Nono, che mai volle essere Maestro, ma sempre in ascolto accanto al suo prossimo.
ALLORA
SONO
POSSIBILI
tante più possibilità diverse e altre
da cogliere proprio nel finora impossibile
tante più udibilità diverse e altre
da percepire proprio nel finora inudibile
tante più luci diverse e altre
da leggere proprio nel finora invisibile
nel finora indicibile.
Con un profondo ringraziamento a Roberto Calabretto per il suo preziosissimo contributo a questo nostro Festival, per il suo lavoro di ricerca, di costruzione e di organizzazione. Vogliamo anche ringraziare Ilaria Campanella e tutti gli enti coinvolti:
Fondazione Ugo e Olga Levi
Ente Regionale Teatrale del Friuli
Venezia Giulia/Archivio Rodolfo Castiglione
Centro Studi Pier Paolo Pasolini
Centro Studi p.Turoldo
TEM – Taukay Edizioni Musicali
Lyra S.r.l.
Circuito Cinema Venezia
Luigi Nono, I Turcs tal Friúl di Pier Paolo Pasolini
di Roberto Calabretto
I Turcs tal Friúl sono una delle pagine teatrali maggiormente celebri di Pier Paolo Pasolini che riportano alla sua giovinezza friulana.
Scrive Guido Santato:1
In La Domenia Uliva Pasolini recupera i modi della sacra rappresentazione per dare consistenza figurativa e movimento scenico all’emblematico incontro della madre, sotto le spoglie di un fanciullo che reca in mano un ramoscello di ulivo – ma che successivamente si trasforma, ridivenendo spirito, nella «Madre del cielo» – con il figlio. Con I Turcs tal Friúl questa tendenza raggiunge un esito di compiuta e articolata rappresentazione teatrale, concretandosi in personaggi nettamente delineati ed aprendosi alla coralità del dramma storico. Il dramma della piccola comunità contadina che vede l’immobilità arcaica della propria esistenza sconvolta dall’invasione dei Turchi trova, con l’adozione del friulano, uno strumento espressivo di grande efficacia. Questo primo testo teatrale di Pasolini è opera di notevole vigore: la vicenda procede in modo rapido, ed insieme esemplarmente corale verso il finale, che vede la piccola comunità improvvisamente salva per il ritiro dei Turchi.
Il carattere di Sacra Rappresentazione, qui individuato dallo studioso padovano, fa sì che l’aura sacrale dell’azione sia sottolineata anche dalla presenza di interi brani tratti dalla liturgia latina. Si veda il Miserere del Salmo 50, nel momento in cui il prete invoca la purificazione dalle colpe:
Miserere mei, Deus, secundum magnam misericordiam tuam. Et secundum multitudinem miserationum tuarum dele iniquitatem meam. Amplius lava me ab iniquitate mea: et a peccato meo munda me…
e le parole dell’Offertorio latino quando lo stesso prete solennizzerà il sacrificio della vittima:2
Tunc acceptabis sacrificium justitiae, oblationes et holocausta: tunc imponent super altare tuum vitulos.
La struttura stessa del dramma, con la presenza di cori dalla forte intensità emotiva, di lunghi monologhi disposti in momenti significativi dell’azione e di vere e proprie pause liriche gravide di un silenzio destinato ad essere colmato dai suoni, sembra essere particolarmente predisposta per una sua messa in musica.3 Molti hanno anche cercato di ‘identificare’ dei modelli musicali sottostanti a questo testo, per cui accanto alla Sacra Rappresentazione si è parlato di oratorio come forme possibili entro cui interpretare la scrittura pasoliniana.4
Già queste osservazioni non solo giustificano, ma rendono necessaria la presenza nei Turcs della musica, che del dramma diviene una fondamentale componente stilistica ed espressiva, per cui giustamente, Stefano Casi parla dei Turchi invasori nei termini di un «personaggio collettivo e puramente “sonoro”».5 Casi e Irina Possamai convergono nel sottolineare i debiti dell’opera pasoliniana nei confronti della tragedia greca:6
il faut y ajouter la présence de personnages tragiques, comme Meni, qui démontre avec obstination sa vocation à la solitude et au sacrifice, ainsi que des messagers qui nous rappelent l’anghelos de la tragédie grecque
e sottolineano come il testo si presti ad una vera e propria compenetrazione musicale.
Tra Venezia e Udine
Il 13 novembre 1976, a distanza di pochi mesi dalle terribili scosse di terremoto che sconvolsero il Friuli, il Piccolo Teatro ‘Città di Udine’, in collaborazione con il Teatro La Fenice di Venezia, aveva proposto I Turcs tal Friúl in un’edizione curata da Rodolfo Castiglione nella chiesa di San Lorenzo a Venezia. Durante quell’estate diverse istituzioni si erano prodigate per aiutare il Friuli sconvolto dalle scosse del terremoto e la rappresentazione veneziana chiudeva la serie di iniziative Friuli, memoria, partecipazione, ricostruzione promosse dal Comune di Venezia, La Biennale, la Fondazione Bevilacqua La Masa, l’Istituto Universitario di Architettura e il Teatro La Fenice.
In quel frangente l’allestimento dello spettacolo esprimeva la volontà di ripresa e di ricostruzione di un popolo nel segno di una precisa identità. Considerata questa circostanza, sorprende notare, ancor più a distanza d’anni, come nella locandina dell’evento non figurassero gli enti pubblici della regione Friuli Venezia Giulia. Alcune testimonianze, tra cui quella dello stesso Castiglione, raccontano come Luigi Squarzina volesse delle rappresentazioni distribuite nel territorio nazionale, progetto che venne a cadere per mancanza di finanziamenti.
La presenza delle musiche di Luigi Nono, accanto agli elementi scenografici del pittore Luciano Ceschia e delle diapositive di Italo Zannier, aveva contribuito ad arricchire il fascino dello spettacolo.7
Lo spettacolo si apriva con la proiezione di alcune fotografie del terremoto di Italo Zannier e con la musica di Shine on you crazy diamond dei Pink Floyd. Era l’audio originale della registrazione di un giovane friulano che la sera del 6 maggio aveva messo il disco sul piatto, aveva acceso il mangiacassette per registrarlo e aveva così catturato sullo sfondo della musica elettronica del gruppo inglese lo scatenarsi delle scosse, il battere insistente e angosciante della puntina sul vinile, le urla della gente. Poi partiva la preghiera con cui si aprono i Turcs, registrata con la voce di Padre David Maria Turoldo.
Anche Tina Merlin, nelle vesti di giornalista del quotidiano «L’Unità» presente allo spettacolo, apriva la sua recensione citando l’esordio singolare della serata.8
È una sera del maggio scorso. Un ragazzo sta registrando musica: un ritmo vivace, allegro. All’improvviso si sovrappone un terrificante, prolungato boato. Sul muro della chiesa di San Lorenzo appaiono le tremende immagini del terremoto: case sventrate, cumuli di rovina, paesi distrutti. Il boato continua e dentro il sordo brontolio si alzano invocazioni di aiuto, parole sconnesse, richiami, appelli. “Ci sono bambini che piangono sotto le macerie… abbiamo bisogno di ruspe… accorrete…”. La registrazione termina e nel silenzio profondo, nel susseguirsi delle diapositive che mostrano una terra distrutta, una voce scandisce che tanti secoli prima il Friuli fu distrutto dai Turchi.
Le recensioni dello spettacolo parlano positivamente della musica di Nono, «stupenda e funzionale [che] ha arricchito [la rappresentazione] d’una componente efficace».9 Rodolfo Castiglione, nel ricordare l’evento sottolinea come Luigi Nono fosse stato estremamente disponibile nei confronti delle difficoltà che continuamente affioravano nelle fasi dell’allestimento. Allo stesso tempo conferma come la sua partitura, eseguita dal Coro del Teatro La Fenice di Venezia con la presenza di un ensemble di percussionisti sotto la direzione di Aldo Danieli,10 fosse concepita per adattarsi molto bene alle esigenze della scena.11 Tutti ricordano il felice incontro, e la sottesa emozione, fra una compagnia di teatro amatoriale, un ensemble di professionisti e un compositore come Nono. Lo spettacolo, allo stesso tempo, fu allestito lo stesso pomeriggio della rappresentazione. Eddi Bortolussi, attore nelle vesti del sacerdote, ricorda come nell’allestimento si fosse prestato a fare da ‘interprete’ del dialetto casarsese con gli interpreti, forte delle sue origini di San Vito al Tagliamento. Daniela Di Giusto ricorda come la regia di Castiglione fosse molto semplice ed essenziale e come la musica di Nono ben si addicesse a un simile spettacolo. Gianni Nistri, anch’egli partecipe a quello storico evento, sottolinea la grande affluenza di pubblico a tutte le rappresentazioni, in particolar modo a quelle nel territorio friulano dove la gente era emotivamente portata a ricordare i tragici eventi del maggio 1976 friulano.12
Nelle tante repliche avvenute nel corso degli anni, particolarmente numerose furono, infatti, quelle a Udine e nel Friuli del 1976 e 1977 (ben 23 rappresentazioni), in cui fu utilizzata la registrazione della musica veneziana, quella del 1986 (8 rappresentazioni), in occasione del decimo anniversario del terremoto con la regia di Giuseppe Fiorillo e quella per La Biennale Teatro ’79 di Venezia Lingua e dialetto nel teatro italiano, oggi del 6 ottobre.
Questo evento è stato infine riproposto a distanza di venticinque anni a Udine, al Teatro Nuovo ‘Giovanni da Udine’, con una lettura scenica dei testi, a cura di Massimo Somaglino e Claudia Grimaz, e la musica di Luigi Nono nella ricostruzione a cura di Daniele Zanettovich. Anche in questo caso la serata è stata di forte impatto emotivo, grazie alla musica innanzitutto, per la bellezza delle immagini video di Luciano Ceschia che scorrevano sullo schermo e la performance del Coro e degli attori.
La Partitura di Luigi Nono
La partitura, i cui abbozzi sono conservati all’Archivio Luigi Nono di Venezia,13 è molto sobria e la musica compare nel momento in cui i Turchi minacciano il popolo friulano raccolto in preghiera, momento chiave dell’opera. Una sua sommaria analisi coglie immediatamente le due direttrici entro cui essa si dispone, per cui, da un lato, vi è la citazione di alcuni momenti delle prime forme polifoniche medievali e, dall’altro, la creazione originale di alcuni interventi musicali.
La partitura inizia con un antico Tropo del Kyrie dell’undicesimo-dodicesimo secolo, Cunctipotens genitor, trascritto in forma di Organum per voci femminili.14
Il canto per la prima volta appare scomposto in una serie di unità singole sonore, essendo accoppiata a ciascuna nota della vox principalis (che ora è nella parte inferiore) una voce a diversa distanza della vox organalis. Conformemente a un uso consolidato e alle esplicite prescrizioni dei trattati, tra le note simultanee intercorrono intervalli di quarta, quinta, ottava o unisono. È facile riscontrare una prevalenza del moto contrario tra le due parti (mentre una voce ascende melodicamente, l’altra discende, cfr. il passo sulla parola omnicreator) rispetto al moto retto (le voci si muovono in parallelo, cfr. il passo sulle parole [ge]nitor [De]us.
L’Organum si presenta nel momento in cui il prete e la gente si riuniscono a pregare per scongiurare il pericolo dei Turchi: «Inizia – pag. 34» scrive Nono nel manoscritto in riferimento al testo su cui ha lavorato.15 Il canto, intonato dalle voci femminili, accompagna la rogazione dei fedeli strettisi attorno al Predi e si ferma al «Miserere nobis» quando «a si sint un ciànt lontàn e spauròus ch’al ven dongia».16 «A questo canto si sovrappone il Coro dei Turchi e da questo viene coperto terminando (dove capita secondo regista)», annota Luigi Nono nei fogli degli appunti musicali.
Il Coro che subentra rappresenta il momento musicale maggiormente significativo della partitura di Nono. Fortemente ritmato, è sostenuto dalla presenza delle percussioni, con i timpani in risalto, che sottolineano energicamente l’avanzata dell’esercito.17
Luna, infinit il lun da la to sfera / al brila tal seren dai veçu muars. / Ma nu i sin vifs cun cuarps di zovinùs / cujèrs di oru antìc e imbarlumìt. / I zìn pai çàmps dai muàrs cantànt beàs / cu na rabia platada drenti al sen: / corài e trìmui a ni la platin drenti / tal volt sensa pensèirs di Turcs lontans. / Luna, sclarìs la çera dai Furlans / co a clamin da li stalis: Jesus, Jesus!
Questa presenza è fortemente suggestiva e in perfetta simbiosi con il testo, la cui musicalità è del resto evidente. Nel Coro traspare evidente una felice suggestione lirica, per cui «l’elaborazione prosodica delle risorse musicali del friulano vi si manifesta, ad esempio, in un verso interamente giambico, ma fortemente scandito sulle ‘a’ quale I zìn pai ciàmps dai muàrs ciantànt beàs”».18
Alle parole del prete «A passin vièrs Miesdí, forsi par San Zuan. Virgo Potens» riprendono le rogazioni, sempre accompagnate dall’Organum. I Turchi, intanto, proseguono la loro marcia.
Abbiamo così la seconda parte del Coro.19
Luna, sfavila fuart sora dal çaf / dai fantassùs q’a prein tal Sagràt. / I vin qe idea di copàju duçu: / çapàju pai çavièj, seàighi il cuèl. / Tal fouc q’al brusa li sos puoris vilis / sent mil fantàs, infàns e zovinutis / a dèis a dèis a bagnaràn di sanc / l’oro insèat dai nustris cuarps pagans. / Luna, sclarìs la çera dai Furlans / co a cridin tal ledàn: Soi muart, soi muart.
In riferimento ai due Cori, Luigi Vanossi scrive:20
uniti da un gioco di rispecchiamenti (identico attacco col vocativo Luna; identità del non verso, Luna sclarìs la ciera dai Furlàns, che in entrambi i casi è legato al verso precedente da rima, l’unica della strofa; similarità dei versi finali: co a clamin da li stalis: Jesus, Jesus / co a cridin tal ledàn: Soi muàrt, soi muàrt, ecc.), i due cori si presentano come intarsi squisiti… […] mentre il senso perde ogni linearità comunicativa, per effetti di effusione, di suggestione musicale.
A questo punto le voci maschili con un vocalizzo si uniscono a quelle femminili che intonano nuovamente l’Organum durante le rogazioni finali «Agnus Dei qui tollis peccata mundi […]». «A son passàs», esclama il prete alla fine. Il pericolo dei Turchi è scongiurato. Un ultimo intervento musicale, basato su effetti di glissato ed esclusivamente vocale, si presenta alla fine del dramma accompagnando il dialogo fra il prete, Pauli Colús e S’ciefin Cuarnús: «Eco la vous de la Verzin, cristiàns, eco il miracul!».21
L’analisi della partitura di Nono potrebbe aprire un seguito di considerazioni sulla poetica pasoliniana di estremo interesse. Il marcato, ed evidente, carattere di opposizione in cui sono giocate le scelte musicali, l’Organum per i momenti di preghiera della collettività e il Coro con le percussioni per l’avanzata dei Turchi, ripropone infatti, due dimensioni del tempo a cui Pasolini ha costantemente guardato nel corso della sua vita. Da un lato abbiamo così quello della liturgia cristiana, il tempo sacro ben simboleggiato dal Cunctipotens genitor intonato dalle voci femminili, che riporta ad una dimensione arcaica della vita;22 dall’altro, invece, quello pagano, per antonomasia interpretato dalle truppe turche che inneggiano alla luna.23 Un contrasto che diviene evidente quando il popolo, raccoltosi attorno al prete a difesa dell’invasione dei Turchi, risponderà con le rogazioni della liturgia cattolica, Kyrie eleison […], alle parole dei Turchi stessi.
La rappresentazione del 2001 al Teatro Nuovo ‘Giovanni da Udine’ è avvenuta all’interno della rassegna Dulinvie. Incontri e percorsi della cultura friulana.24 Si è trattato di un vero e proprio evento culturale in quanto la partitura del musicista veneziano, andata smarrita, è stata ricostruita da Daniele Zanettovich sulla base degli abbozzi conservati a Venezia, all’Archivio Luigi Nono e grazie anche all’ausilio di materiali rinvenuti negli Archivi dell’asac, entrambi riscoperti da chi scrive.25 Tale partitura è stata così eseguita dal Coro e da alcuni percussionisti del Conservatorio ‘Jacopo Tomadini’ di Udine. A distanza di venticinque anni, pertanto, le musiche di scena di Luigi Nono per I Turcs tal Friúl di Pier Paolo Pasolini sono state riportate alla luce.
Un video di quello spettacolo è oggi disponile sulla rete. Introdotto dalle parole di Rodolfo Castiglione, che ricorda gli eventi che portarono a quella memorabile rappresentazione, propone alcune immagini dell’epoca e ripercorre le fortune del testo pasoliniano, con lunghi estratti anche della rappresentazione di Elio De Capitani per poi riportare alcuni momenti di quella a Udine, con le musiche di Nono.26
FESTIVAL LUIGI NONO ALLA GIUDECCA
Contemporanei e allievi
“Intelligere insieme” come la creatività della foresta
di Arianna Niero
Anche quest’anno il Festival Luigi Nono alla Giudecca è tornato a costruire ponti, camminando sul mare, ponendosi in ascolto dei silenzi tra le onde che legano acqua e terra in una partitura mobile, in quel peculiare multiverso veneziano di inevitabile e creativa emergenza.
Dal 4 al 27 novembre, la rassegna promossa dalla Fondazione Archivio Luigi Nono e giunta alla 5° edizione, ha proposto un fitto programma di eventi coinvolgendo diverse istituzioni, fondazioni e luoghi della cultura veneziani, come la Fondazione Ugo e Olga Levi, La Casa del Cinema, Fondazione Prada, il Cinema Rossini, il Conservatorio di musica Benedetto Marcello e la sede veneziana di Emergency.
Dopo aver solcato le scie dei maestri attraverso il tema della scorsa edizione, quest’anno il Festival ha voluto proseguire e approfondire lo studio del compositore veneziano mediante i suoi allievi, i suoi contemporanei e mediante coloro che, pur non avendo avuto il privilegio di conoscerlo personalmente, si sono messi in cammino, fin sulla soglia e oltre, attirati da quella luce e da quel suono non hanno potuto fare altro che mettersi in ascolto, in direzione della sua aura.
Il ricco programma di eventi di questa edizione ha compreso la presentazione di due mostre visitabili per quasi l’intera durata del Festival: Contemporanei e allievi. Con Emilio Vedova, mostra di fotogrammi inediti dell’Archivio Luigi Nono recentemente digitalizzati, realizzata presso la stessa Fondazione a lui dedicata e Luigi Nono, I Turcs tal Friúl di Pier Paolo Pasolini, allestita presso la Fondazione Ugo e Olga Levi.
Proprio in collaborazione con quest’ultima, il Cinema Rossini ha proposto la proiezione del documentario My Way, diretto da Wiebke Pöpel sull’inedita via sonora percorsa da Helmut Lachenmann sulla scia del maestro Luigi Nono.
Sempre a cura della Fondazione Ugo e Olga Levi in collaborazione con Circuito Cinema Venezia, presso la Casa del Cinema sono stati presentati e proiettati I film di Gianni Di Capua: Respiri Silenzi… altri ascolti. La prassi musicale dell’ultimo Nono (1993) e Io, frammento dal Prometeo (1998).
Oltre alla presentazione di mostre, film, documentari e della novità editoriale di Giancarlo Gaeta «In attesa del regno» a cura di Quodlibet Editori, numerosi sono stati i concerti che hanno risvegliato suoni, stasimi e silenzi delle architetture delle fondazioni e istituzioni veneziane destinate a ospitare gli eventi del festival.
Tra questi il concerto del 12 novembre tenutosi presso la Fondazione Archivio Luigi Nono, che ha proposto l’esecuzione di (j) “heha”, brano di Alipio Carvalho Neto, compositore e sassofonista jazz di fama internazionale, in dialogo con la composizione di Luigi Nono del 1966 A floresta é jovem e cheja de vida. Un concerto-dialogo cerimoniale (yaimuu in lingua Yanomami) sviluppato attraverso momenti di improvvisazione, composizione e immagini. Non solo sincronicità nel riferimento di Neto all’opera noniana, bensì forse più un voluto richiamo a quella foresta che, oggi come ieri, non è possibile bruciare perché è giovane e piena di vita (Não poden queimar a floresta pois ela é jovem e cheja de vida, Gabriel, guerrigliero angolano, in “Les Angolais” di R. Davezies, Editions de Minuit, Paris 1965 1. Fonte Fondazione Archivio Luigi Nono), come esplicitato nella dedica del compositore brasiliano, nativo proprio di Floresta, cittadina dello stato del Pernambuco nel Brasile centro-orientale, alla vittoria del presidente Lula alle recenti elezioni politiche brasiliane.
Come affermato dallo stesso Neto, “un avvenimento importantissimo non solo per il Brasile, ma per tutto il mondo. Una vittoria che rappresenta la ripresa delle politiche di tutela ambientale e di salvaguardia dei diritti dei popoli originali”.
Alla fine ad emergere è sempre il modello cooperativo, la creatività e l’intelligenza della foresta con la sua organizzazione a rete, distribuita, volta a collaborare, a costruire ponti verso l’altro, a creare comunità e non gerarchie a risultare inevitabilmente di successo.
Il modus operandi vegetale, organico, quell’“intelligere insieme” sistemico su cui si basava la stessa prassi creativa di Luigi Nono, suoni emergenti dalla cooperazione di spazi, esecutori, visioni e ascolti, una “bottega strumentale” costituita da una comunità di affetti assolutamente inclusivi nei confronti dell’Altro.
Una prassi che si è indubbiamente potuta ritrovare anche negli altri appuntamenti musicali del festival a partire dal seminario organizzato presso il Conservatorio di Musica “B. Marcello” aperto agli studenti e dedicato proprio ad approfondire quella modalità esecutiva, frammentaria e corale, in ascolto di respiri e silenzi, di suoni su e oltre la soglia, essenziale per la genesi stessa delle opere di Nono, come dimostrato in questo caso dall’approfondimento a scopo didattico de La lontananza nostalgica utopica futura (1988). Lavoro che è stato poi proposto al pubblico presso la stessa sede nel concerto del 19 novembre con Stefano Zanchetta al violino e Paolo Zavagna alla regia del suono.
Ulteriore fondamentale appuntamento della rassegna il 22 novembre, sempre presso il Conservatorio di Musica, con il concerto di Giancarlo Schiaffini e la partecipazione dell’Arazzi Laptop Ensemble, esecutore-autore che per molti anni ha lavorato a fianco di Luigi Nono e che più di tutti ha potuto rendere testimonianza viva della scia sonora lasciata dal maestro veneziano.
Anche quest’anno Fondazione Prada ha contribuito ad approfondire la conoscenza delle opere di Nono proponendo nell’ambito della mostra Human Brains: It begins with an Idea, l’ascolto acusmatico di Contrappunto Dialettico alla mente (Luigi Nono, 1968) con testi di Celia Sánchez, Nanni Balestrini, manifesto delle Enraged Women del Progressive Labor Party di Harlem con la regia del suono curata da Alvise Vidolin.
Penultimo appuntamento del Festival il concerto del 26 novembre presso il Conservatorio di musica Benedetto Marcello, curato da Giovanni Mancuso, pianista e compositore di rinomata fama internazionale, ha fatto ulteriormente emergere le risonanze della poetica noniana in maniera luminosa. Allievi e compositori sulla scia del maestro Luigi Nono, hanno portato in superficie suoni e silenzi di una musica impegnata che vive attivamente e criticamente il proprio tempo e la propria situazione storica.
Lo spazio, allo stesso modo di come sempre accade nelle composizioni noniane, agiva alla pari degli altri strumenti e insieme a suoni e silenzi ognuno aveva cura e attenzione dell’altro proprio come avviene nell’emergenza creativa della foresta.
Il festival si è concluso il 27 novembre presso la sede Emergency di Venezia con l’azione sonora in forma itinerante tratta da Alla ricerca di Simurg – culture e musiche incontro alla rotta balcanica, voci, canti, strumenti e suoni in cammino su scie luminose, sull’orlo del naufragio, dove il suono incontra l’accoglienza del silenzio e l’Altro è ricchezza.
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Immagine di copertina
Luigi Nono e Silvia Nono. Archivio Luigi Nono, Venezia, © Eredi Luigi Nono
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Note
“Luigi Nono, I Turcs tal Friúl di Pier Paolo Pasolini”, di Roberto Calabretto
1. Guido Santato, Pier Paolo Pasolini. L’opera, Vicenza, Neri Pozza, 1980, p. 267
2. Pier Paolo Pasolini, I Turcs tal Friul, in Teatro, a cura di Walter Siti e Silvia De Laude, con due interviste a Luca Ronconi e Stanislas Nordey. Cronologia a cura di Nico Naldini, Milano, Mondadori, 2001, pp. 65; 78
3 Si veda, a tal fine, di Irina Possamai, Temps païen et temps chrétien: la musique de I Turcs Tal Frioul de Pier Paolo Pasolini, in Teatro e Musica. Écritures vocales et scénique, Collection de l’ecrit, 2, mars, 1999, p. 232; Isadora Cordazzo, I Turchi [sic] in Friuli di Pier Paolo Pasolini, prefazione di Romolo Rossi, Genova, Le Mani, 2011
4. Andreina Ciceri, nelle sue note di commento all’edizione del testo, parla di oratorio. Interpreta addirittura la Prejera iniziale come un’ideale ouverture del dramma e ribadisce come questa presenza, accanto a quella dei Cori dei Turchi, faccia pensare ad «un possibile progetto di fare dell’opera un Oratorio» [Nota per la seconda edizione, in Pasolini, I Turcs tal Friúl, a cura di Andreina Nicoloso Ciceri, Udine, Società Filologia Friulana, 1995, p. 108]. Possamai, invece, avanza l’ipotesi dei Turcs come «longue prière collective», articolata in parti individuali e corali [1999, p. 233]
5. «Il coro in versi dei Turchi, che sovrasta il rosario del popolo friulano – annota Stefano Casi -, ricorda il primo coro manzoniano dell’Adelchi. Singolari le autodefinizioni presenti nel coro, che parla di ‘volt sensa pensièris di Turcs lontans’ o di ‘nustris cuàrps pagans’, soprattutto se messe a confronto con le definizioni dei friulani descritti come ‘fantassús q’a prein tal Sagràt’ e nelle ‘puòris vilis’ (‘volto senza pensieri di Turchi lontani’, ‘nostri corpi pagani’, ‘ragazzetti che pregano sul sagrato’, ‘poveri paesi’). Il coro, in realtà, rappresenta la proiezione di un sentimento dei friulani nel personaggio collettivo e puramente ‘sonoro’ dei Turchi, come le voci udite dal Figlio in Fanciullo e paese pubblicato meno di due anni prima sul «Setaccio». La peculiarità di queste autodefinizioni compiute dal personaggio collettivo dei Turchi nell’affascinante tono lirico, quasi elegiaco, del coro è spiegabile come ricordo dei Canti del popolo greco di Niccolò Tommaseo, una raccolta poetica pubblicata da Einaudi nel 1943 e di fondamentale importanza nella formazione letteraria di Pasolini, definita da Enzo Siciliano livre de chevet durante la lavorazione dei Turchi. Molti canti trascritti da Tommaseo sono canti cleftici, riferiti all’aspra guerriglia dei ‘banditi’ greci contro i Turchi invasori: la memoria del volume di Tommaseo può spiegare la singolare inversione dell’ottica da cui i Turchi descrivono se stessi come lontani e pagani» [Stefano Casi, Pasolini un’idea di teatro, Udine, Campanotto, 1995, p. 49]
6. Possamai, 1999, p. 232
7. Andrea Zannini, L’altro Pasolini: Guido, Pier Paolo, Porzûs e i turchi, Venezia, Marsilio, 2022, p. 125. La voce di Turoldo è stata utilizzata solo per la prima assoluta, poi fu sostituita da quella di Castiglione
8. La Merlin ben mette in evidenza le affinità che legano questo testo ai temi cari a Pasolini, come «la Resistenza, la democrazia, il senso della collettività, il fratello morto partigiano, la madre» [La passione e il dolore del poeta per il Friuli, in «L’Unità», 16 novembre 1976]
9. Gian Antonio Cibotto, Altalena di terrore e di speranza, in «Il Gazzettino», 15 novembre 1976. In un’altra recensione apparsa nelle pagine de «L’Unità» la musica di Nono è solo citata. Cfr. Giuseppe Mariuz, Omaggio a Pasolini, in «L’Unità», 13 novembre 1976
10. La partitura fu interpretata dal Coro del Teatro La Fenice di Venezia, diretto dal maestro Aldo Danieli. Alle percussioni: Guido Facchin, Giuseppe Marotta e Lino Rossi
11. Nostra intervista a Rodolfo Castiglione, Udine, 5 maggio 2001
12. Nostra intervista a Eddi Bortolussi, Daniela Di Giusto e Gianni Nistri, Udine, 8 settembre 2022
13. Il fascicolo dei Turcs contenuto nell’Archivio Luigi Nono di Venezia contiene 4 fogli di appunti musicali e le annotazioni di Nono nel libretto teatrale pasoliniano, qui parzialmente riprodotti. Cfr. ALN 62.02_002_r. e v.
14. Mario Carrozzo – Cristina Cimagalli, Storia della musica occidentale. Dalle origini al Cinquecento, Roma, Armando, 1997, pp. 62-63
15. L’edizione curata dall’amico del poeta Luigi Ciceri e apparsa su Forum Julii, Udine, 1976
16. «Si sente un canto lontano e spaventoso che si avvicina» [Pasolini, 2001, p. 68]
17. «Luna, infinito il lume della tua sfera brilla nel sereno dei vecchi morti. Ma noi siamo vivi con corpi di giovinetti coperti di oro antico e abbagliante. Andiamo per i campi dei morti cantando beati con una rabbia nascosta dentro il petto: coralli e gemme ce la nascondono dentro nel volto senza pensieri di Turchi lontani. Luna, rischiara la terra dei Friulani quando chiamano dalle stalle: Gesù, Gesù!» [ibidem]
18. Santato, 1980, pp. 49-50
19. «Luna, sfavilla intensa sopra la testa dei giovanetti che pregano nel Sagrato. Abbiamo idea di ammazzarli tutti: prenderli per i capelli, segargli il collo. Nel fuoco che brucia i loro poveri villaggi centomila giovani, bambini, e giovinette a dieci a dieci bagneranno di sangue l’oro splendente dei nostri corpi pagani. Luna, rischiara la terra dei Friulani quando gridano nel letame: Sono morto, sono morto» [Pasolini, 2001, p. 69]
20. Luigi Vanossi, Le parole e la voce. Studio su I Turcs tal Friùl di Pier Paolo Pasolini, in Pier Paolo Pasolini, l’opera e il suo tempo, a cura di Guido Santato, Padova, Cleup, 1983, p. 91. Jole Silvia Imbornone ribadisce la musicalità sottesa a questi versi «per quanto coerente con il suo significato, potrebbe essere considerata una spia di quell’«hésitation prolongée entre le sens et le son» che nelle liriche «aveva avuto un’apparente definitiva opzione per il suono». In riferimento al testo poetico, nota come «gli stilemi del canto alla luna, che lucida con i suoi raggi il corpo dei giovani vigorosi, ma brilla anche sui morti, hanno più punti di somiglianza con quelli che appaiono in una lirica del 1943, su cui Pasolini stava lavorando per la progettata e mai realizzata seconda edizione di Poesie a Casarsa» [Jole Silvia Imbornone, All’incrocio tra poesia e teatro: l’esperienza dei «Turcs», in Pasolini e la poesia dialettale, a cura di Giampaolo Borghello e Angela Felice, Venezia, Marsilio, 2014, pp. 96; 95.]
21. Pasolini, 2001, p. 80
22. «Le compositeur place ainsi un fragment d’organum pour deux voix féminines (soprano et contralto) comme fond sonore au monologue de Pauli qui, au début de la pièce, prie son Dieu afin qu’il arrête la marche en avant des Turcs. […] Cette forme rudimentaire de polyphonie – peu d’accords en intervalle de quinte – témoigne d’un choix volontairement archaïque. L’imaginaire du spectateur ne peut cependant que se référer à la tradition de la liturgie chrétienne» [Possamai, 1999, p. 231]
23. «Dans ce cadre, la musique devient encore plus importante, si l’on considère qu’elle remplace la présence physique des Turcs qui ne sont pas des personnages sur scène mais de voix lointaines» [ivi, p. 235]
24. Cfr.: Renato Della Torre, Nono ha affascinato il Teatrone. Un’ottima esecuzione delle musiche scritte per I Turcs tal Friúl, in «Il Messaggero Veneto», 4 giugno 2001
25. Lo stesso musicista, nel programma di sala per il sopraccitato spettacolo, ha indicato i criteri che lo hanno guidato in questo lavoro. «L’opera di ricostruzione delle musiche scritte da Luigi Nono per I Turcs tal Friúl di Pasolini si è basata su una collazione tra le due sole fonti oggi reperibili: – gli appunti del musicista, consistenti in frammenti musicali veri e propri, nonché in annotazioni sulle pagine del testo teatrale; – il nastro contenente la registrazione di alcune scene dello spettacolo (e, precisamente, della sua replica avvenuta al Palamostre di Udine). La partitura, nella sua stesura definitiva, e le parti – sicuramente esistenti ai tempi di questo allestimento – sono andate distrutte nel rogo del Teatro La Fenice, nei cui Archivi erano custodite poiché la realizzazione esecutiva era frutto di una collaborazione con l’Ente lirico veneziano. A prescindere dal fatto che queste musiche siano state eseguite dal vivo, o meno (i riscontri in proposito non sono univoci), molti particolari risultano, nella registrazione, offuscati dalla prosa. Altrove il confronto – quando possibile – tra il risultato esecutivo e gli appunti originali evidenziano delle imperfezioni, forse imputabili a fattori contingenti tipici dell’esecuzione dal vivo, forse dovuto a distorsioni in fase di diffusione della registrazione stessa. Sta di fatto che, più che ricostruire alla lettera quanto risulta dal documento sonoro, ho cercato di risalire al pensiero dell’Autore e quindi di avvicinarmi a quella che poteva essere la partitura originale. Per la cronaca posso precisare che il materiale disponibile ha richiesto sostanzialmente tre livelli di intervento: – un primo livello per quegli episodi in cui il documento sonoro collima sostanzialmente con il manoscritto (ovviamente questo livello non pone problemi di intervento da parte del revisore); – un secondo livello per quegli episodi in cui il manoscritto è molto meno definito e nei quali, comunque, il documento concorda solo parzialmente con gli appunti (e, in questi casi, l’orientamento della trascrizione è andato decisamente verso i dati deducibili dal manoscritto); – un terzo livello di intervento per quegli episodi (fortunatamente più brevi) per i quali non esisteva alcun riscontro grafico, episodi da ricostruirsi integralmente in base a “che cosa poteva essere stato scritto” piuttosto che in base a “che cosa si sente effettivamente nella registrazione». Ultimo fattore da considerare, in questa operazione, la necessità di rendere fruibili come evento musicale a sé stante – e quindi al di fuori dal contesto di uno spettacolo completo – dei frammenti musicali che, oltre ad essere destinati a momenti assai diversi del dramma teatrale, erano anche del tutto privi di un qualcosa che potesse fungere da elemento conclusivo. Al primo problema si è potuto ovviare valendosi di frammenti di recitazione atti a relazionare le musiche con le rispettive situazioni drammatiche; al secondo problema si è cercato rimedio con la costruzione di un finale, realizzato sfruttando materiale pregresso, atto ad assolvere la sua indispensabile funzione senza che l’operazione diventasse del tutto mistificatoria» [Daniele Zanettovich, Programma di sala per Dulinvie, Udine, Teatro Nuovo ‘Giovanni da Udine’, giugno 2001]
26. Musiche di scena per i Turcs tal Friùl Luigi Nono (2001), Conservatorio Statale ‘Jacopo Tomadini’ di Udine, Comune di Udine, Banca Popolare FriulAdria, Taukay Edizioni Musicali, Associazione culturale Delta Produzioni. Un video dello spettacolo si può vedere in https://www.youtube.com/watch?v=30Lj1giNmPs. (ultima visita, 19 luglio 2022).
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Nuria Schoenberg Nono
Presidente Fondazione Archivio Luigi Nono
Serena Nono
Artista, curatrice Festival Luigi Nono alla Giudecca
Nicola Cisternino
Compositore, Accademia di Belle Arti di Venezia
Roberto Calabretto
Musicologo, Direttore Fondazione Ugo e Olga Levi, Venezia
Arianna Niero
Artista, collaboratrice rivista Finnegans
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