La rivista Finnegans, durante il suo tragitto culturale e musicale, ha “incrociato” l’arte e lo spirito di Franco Battiato in diverse occasioni. Una delle più feconde e interessanti è senza dubbio la sua conversazione con il compositore e musicologo Nicola Cisternino a proposito dell’Opera Telesio, che Battiato musicò su libretto di Manlio Sgalambro e che fu rappresentata presso il Teatro “A. Rendano” di Cosenza nel maggio del 2011, per essere pubblicata nel novembre dello stesso anno in un doppio DVD.
Conversazione che abbiamo pubblicato integralmente nell’edizione della rivista cartacea n. 21 del 2012 e successivamente nell’edizione digitale del 4 settembre del 2017 in occasione del rogo del Palazzo Ruggi d’Aragona, a causa del quale è andata distrutta la prima stampa del De Rerum natura iuxta propria principia del filosofo Bernardino Telesio, come dall’introduzione di Nicola Cisternino:
“Sulle tracce proprio di Bernardino Telesio, nel 2011, in occasione dei cinquecento anni dalla nascita, la città di Cosenza si fece promotrice di una coraggiosa operazione artistica, con la commissione e la produzione di “Telesio”, quarta opera per la scena di Franco Battiato, fra le più originali di questi anni per la sua integrale realizzazione ologrammatica. L’Opera andò in scena stranamente nella sua prima ed unica rappresentazione (dell’Opera resta in commercio un raffinato cofanetto editoriale a tiratura limitata con la registrazione video e audio della cui produzione si accenna nella conversazione) al Teatro “A. Rendano” di Cosenza il 6, 7 e 8 maggio 2011, di cui Finnegans nel n. 21 del 2012 diede un ampio resoconto con una mia conversazione realizzata con l’autore a qualche mese dalla sua messa in scena.
Proprio in omaggio al grave lutto umano e all’inestimabile perdita culturale degli antichi testi, ne riproponiamo la diffusione nella nuova veste online della rivista”.
Ed è con immensa commozione, ma con altrettanta ammirazione per il sublime talento del Maestro siciliano, che vogliamo testimoniare la nostra gratitudine umana, artistica e spirituale ad un compagno di viaggio davvero speciale, che ha arricchito e illuminato i nostri percorsi culturali, che hanno coinciso spesso con le produzioni artistiche del suo “transito terrestre” in viaggio verso un Altrove da lui sempre invocato. Una testimonianza racchiusa nel ricordo di un amico, Nicola Cisternino, compagno di “tensioni trascendentali” e di “battiti d’ali”, che ha condiviso con lui alcune traiettorie musicali, filosofiche ed ideali insite in molte sue opere.
BATTI(a)TO D’ALI
L’Uomo gentile e cantore di Milo
di Nicola Cisternino
Lascio agli eredi l’imparzialità,
La volontà di crescere e capire,
Uno sguardo feroce e indulgente,
Per non offendere inutilmente
Lascio i miei esercizi sulla respirazione,
Cristo nei Vangeli parla di reincarnazione. (…)
Il testamento (Apriti sesamo), 2012
C’è una radice comune che da qualche tempo traccia un orizzonte vettoriale ed è quella scolpita, singolarmente, nei loro nomi: Battiato e Battisti. L’orizzonte è quello della piena luce e, stando alle lucide e sfavillanti tracciature delle due meteore artistiche, vi troviamo l’Arcobaleno come arca dell’accoglienza, porta e passaggio di mondi per viaggi astrali, tra terra e cielo. Per Battisti l’episodio medianico post mortem di un messaggio di luce legato ad un controverso racconto di una canzone dettata ‘a distanza’ e per Franco Battiato, ancor più negli ultimi anni con la sempre più matura prossimità alla conoscenza tibetana, l’Arcobaleno ha aperto le sue braccia e accolto l’intera sua esistenza umana e poetica divenuta tutt’una con la sua poliedrica pratica artistica, dal canto (di cui amava lucidamente paragonarsi ai cantori Raga della tradizione indù) e tutta la sua musica (comprese le sue Opere), alla scrittura, alla pittura, all’esperienza filmica.
Frequentemente, negli ultimi tempi, oltre la vasta ‘navigazione’ fra le correnti gravitazionali nella prossimità del Bardo (Bar do t’os sgrol, o Il libro tibetano dei morti) l’uomo gentile di Milo suggeriva un testo mirato, come un chip amava dire, su queste esperienze di luce: Dipinti di Arcobaleno di Tulku Urgyen Rinpoche. Veri e propri Viaggi negli stati di Luce come decantazione degli stati di coscienza tra infinite modulazioni di frequenze e suoni da cui ha raccolto a piene mani le sue creazioni, per donarle a tutti noi, a cominciare dalle folle danzanti intergenerazionali che accorrevano ad ogni suo concerto a cercare, tra Dioniso e Apollo, un batti(a)to d’ali, per la propria quotidiana esistenza. Grazie al cantore di Milo.
La linea orizzontale ci spinge verso
la materia, quella verticale verso lo spirito
Conversazione con
Franco Battiato su Telesio
di Nicola Cisternino
«Dato che l’uomo, contrariamente agli altri animali, non intende
e desidera soltanto le cose sensibili e mortali, che si riferiscono
alla sua conservazione presente, ma anche le cose divine e immortali,
che si riferiscono alla sua salute eterna, sembra che gli si debba
attribuire un duplice desiderio e un duplice intelletto».
(Franco Battiato,Telesio, Duplice Intelletto, I° Atto)
Sono stati due gli eventi produttivi di maggior carattere innovativo nelle programmazioni dei teatri musicali italiani della stagione 2011. La prima è stata la ripresa a distanza di cinquant’anni della storica e discussa azione scenica di Intolleranza 1960 di Luigi Nono del gennaio 2011 presso il Teatro La Fenice di Venezia; la seconda, l’allestimento in prima assoluta nel maggio 2011 presso il Teatro “A. Rendano” di Cosenza del Telesio di Franco Battiato, nell’ambito delle celebrazioni dei cinquecento anni del poco celebrato, quanto conosciuto, filosofo cosentino.
Un allestimento quest’ultimo, al di fuori del circuito dei teatri musicali dei grandi centri, ormai da troppo tempo in sofferenza produttiva (ma anche di piena crisi artistica) per la decretata asfissia finanziaria degli ultimi anni, coraggiosa e “prometeica” per restare nell’assonanza noniana, dovuta alla lungimirante visione del direttore artistico del piccolo teatro calabrese, Antonello Antonante, il quale ha tenacemente voluto e sostenuto la realizzazione della quarta opera di Franco Battiato, dopo Genesi (1987), Gilgamesh (1992), Messa Arcaica (1993), Il Cavaliere dell’Intelletto (1995), segnando un ritorno al genere teatral-musicale del compositore catanese a distanza di oltre un quindicennio.
Un rientro più che un ritorno al genere del suono scenico che nel caso di Telesio segna per Battiato una nuova sfida della sua sempre più emancipata e matura azione artistica e umanistica nel mondo, fra gli uomini; un’azione caratterizzata da un costante processo evolutivo di un logos linguistico sempre più schierato, combattivo e credente in quell’evoluzione spirituale, vero grado specifico della specie umana attraverso l’azione creativa del doppio intelletto.
Avendo superato e sconfinato da lungo tempo qualsiasi rigida logica di contorno tra forme e generi ridotti a puri e funzionali contenitori e simulacri stilistici, Battiato giunge a Telesio messo a nudo, ritrovando così nel De rerum natura iuxta propria principia del filosofo cosentino il suo specchio alchemico e sapienziale, non certo solo citazionistico come spesso pochi detrattori richiamano soprattutto per il sincretismo dei suoi testi, ma come tractatus di pratica e pensiero che trasmuta la scena in spazio olografico per accogliere personaggi-messaggi che giungono da mondi per quanto lontanissimi, interiorizzati alla natura stessa, attraverso i suoi princìpi, proprio come Bernardino Telesio (Cosenza, 1509-1588) preannuncia nella sua opera filosofica in cui la materia, vera aggregazione sensibile e intelligente, realizza la sua azione creatrice tra l’espansione del Caldo e la contrazione-cristallizzazione del Freddo.
Una polarità dinamica questa, centrale nella stesura dei testi-libretto dell’opera elaborati da Manlio Sgalambro, storico compagno di viaggio artistico di Battiato, che fa di Bernardino Telesio un fratello legittimo di quella filosofia naturale organica fondata sull’abbandono della suggestione metafisica per volgersi pienamente alla ricerca di quei princìpi primi, vitalistici e organici, insiti nella materia, quei princìpi che ripresi dai circoli neoplatonici rinascimentali (Marsilio Ficino) nutriranno la filosofia di Bruno e Campanella, ma anche, ancor prima, la ricerca conoscitiva della natura in Leonardo e che vedranno, nelle parole di Telesio, lo Spiritus-Anima, Materia sottilissima, come «la stessa sostanza che nell’uomo sente e ragiona; la sostanza che ragiona non è affatto diversa da quella che sente», che ispireranno fra gli altri Francesco Bacone, Leibniz, Goethe, Schelling, ma anche Steiner e molti altri.
In questa sfida artistica Battiato, come in tutte le sue “avventure” più depistanti per i rigidi stilemi del marketing dello star system culturale ed artistico – vedi la sua “avventura” cinematografica degli ultimi anni – consolida il suo ruolo di outsider, frutto più profondo dell’insegnamento gurdjieviano, dato dalla leggerezza dell’intuito e dell’istinto che fa delle sue creazioni più complesse, come il genere teatral-musicale cosiddetto operistico, la sua opera cinematografica, ma anche la sua “avventura” pittorica, un soffio d’aria “organico” ed emancipativo in cui le attitudini e gli slanci vitali determinano le forme e il linguaggio stesso, proprio come del resto nella stessa forma-canzone delle sue più celebri canzoni conosciute, vere cifre iconiche del più grande pubblico e della nostra quotidianità sonora. Non è il motivo-ritornello a generare la forma ma è, pur nella rigorosa coerenza e riconoscibilità dello stile concesso ad una struttura di tre minuti, una sorta di florilegio vocale del centro intellettuale ed emotivo organicamente alternato ad un vitale slancio ritmico del centro motore.
Proprio come nel suo “cinema” (Musikanten e Niente è come sembra, soprattutto) in cui i personaggi smettono letteralmente i panni-mascheramento (secondo l’insegnamento junghiano) della personalità e del ruolo pre-definito ad un racconto, per diventare flusso di coscienza in continua, e a tratti anche imprevedibile trasformazione-emancipazione in uno spazio-tempo sospeso extradimensionale, fuori dal racconto mono e bidimensionale.
Anche per Telesio, prima opera realizzata interamente con ologrammi tridimensionali sul piano scenico, in fondo è una sorta di matrice-archetipo polifonico a muovere l’ispirazione di Battiato (affiancato nella complessa realizzazione sincronica ottico-sonora dal fedele e abile ingegnere del suono Pino Pischetola “Pinaxa”) allorquando divide la scena in due parti completamente separate (nello spazio, ma potrebbe esserlo anche nel tempo), lo studio in cui agiscono i personaggi, e il palcoscenico sul quale al di là di poche strutture materialmente condensate appaiono e scompaiono gli ologrammi dei personaggi che dunque, nonostante l’effetto ottico-illusorio della presenza reale o immaginaria, si propongono come proiezioni coscienti e spirituali e non come vorrebbe una letteratura ideotecnologica sempre più dominante nel nostro tempo, come la realizzazione di una copia virtuale della realtà.
Nulla di più lontano, in quanto la tecnologia ologrammatica espande sul piano molteplice ed esplicito della realtà sensibile, un ordine implicito e una radice, che è quella dell’essere, del principio in questo caso attori e danzatori in quanto soggetti umani. Non un’altra realtà, staccata, separabile e manipolabile come quella cosiddetta virtuale dunque, ma l’espansione su dimensioni differenti e molteplici della propria unicità. Battiato giunge a questa idea condensante e sbalorditiva attraverso la piena conoscenza e consapevolezza degli sviluppi e delle implicazioni teoriche, ma anche scientifiche, che il modello olografico ha oggi nei confini più avanzati della fisica quantistica e delle micro particelle, a partire proprio da quelle eretiche intuizioni del primo dopoguerra di David Bohm (1917 – 1992) divenute nei nostri anni ricerche sempre più dibattute e riconsiderate in sedi scientifiche per le quali è la realtà stessa un modello olografico.
***
Grazie alla sua naturale e sempre viva disponibilità all’incontro, ho rincontrato
Franco Battiato durante una delle due tappe pugliesi del suo seguitissimo
UP PATRIOTS TO ARMS TOUR di quest’estate, proprio per parlare di
Telesio e di questa nuova avventura artistica che certamente apre
nuovi e inaspettati orizzonti alla comunione di musica e scena.
A PROPOSITO DI TELESIO
(Franco Battiato) Come sai, quando si affronta qualcosa del genere da musicista, si pensa all’opera, per cui è un’opera su Telesio, non un trattato di filosofia, altrimenti si scriverebbe un libro; quindi si tratta di un’opera (azione) artistica, anche se naturalmente alcuni princìpi fondamentali delle idee di Telesio, molto originali e innovative per il suo tempo, passano attraverso l’opera. Da musicista non puoi certamente fare un’opera filosofica, ma puoi realizzare un’opera artistica attraverso la quale passa il pensiero filosofico, e questo abbiamo fatto assieme a Sgalambro. Del resto Telesio, al di là dello studio scolastico che purtroppo relega questo grande filosofo in un ruolo assolutamente minore e inadeguato alla sua grandezza, l’ho trovato davvero molto moderno; non a caso influenzò fortemente la filosofia di Campanella, Bacon, Galileo e dello stesso Giordano Bruno, ecc.
(Nicola Cisternino) Immagino che partendo da una complessa elaborazione filosofica come quella di Telesio, hai dovuto fare un consistente lavoro preparatorio e di studio per individuare i nuclei di pensiero che ti sembravano più importanti e forse anche più adatti alla tua idea dell’opera.
Di studio certamente, ma mica per pensare al filosofo, altrimenti, come dicevo, ne scrivi un libro. Così Sgalambro mi mandò inizialmente un libretto che alla prima lettura, nella sua stesura integrale, non si poteva musicare; poi invece a poco a poco…; infatti lui desidererebbe la pubblicazione del testo dell’originale, dell’intero libretto, poiché in seguito io ho fatto un lavoro di estrapolazione dal libretto iniziale di alcune parti, sempre parti sue…, per cui ho ricomposto il tutto, diciamo, con un taglia e incolla ed ho inserito alcuni testi di Telesio che lui aveva inizialmente tralasciato.
Diciamo che l’operazione che ho fatto io è ciò che da un certo punto di vista indebolisce l’opera, perché costringe un autore a manifestarsi attraverso il suo stesso linguaggio, scegliendo le cose che più mi interessavano di Telesio, anche se un’opera musicale potrebbe fare a meno di questo e infatti non so ancora se le inserirò integralmente nel dvd definitivo; però alcune cose sicuramente; ad esempio, di una ventina di cose ne potrei scegliere sei-sette nella versione definitiva… perché alcune possono anche apparire inutili nel senso che è pura filosofia, del Cinquecento poi, che oggi può apparire molto lontana…
Ma Telesio era un autore a cui tu già ti interessavi, oppure ti è arrivato così?
No! Assolutamente.
Ma sembra che ti sia calzato a pennello!
Sì, perché l’ho trovato interessantissimo!
Anch’io ad esempio ritrovo nella filosofia naturale di Telesio molti prolungamenti della scienza naturale di Leonardo, le riflessioni sulla natura e sui princìpi vitali, ma ciò che è straordinario è il fatto che Telesio, pur essendo quasi contemporaneo di Leonardo, non poteva conoscere le sue ricerche per il velo di oblio che vi era caduto nei decenni successivi.
Certo, sono circostanze storiche sulle quali riflettere. Ciò che ho trovato particolarmente interessante in Telesio è innanzi tutto la storia del doppio intelletto; ad esempio, lui aveva avuto delle intuizioni sugli animali che per il suo tempo ho trovato davvero sorprendenti, in quanto li considerava degli esseri, cosa rara per quell’epoca quando li prendevano a pedate…
Sollecitato da questa occasione mi metterò a studiare più da vicino Telesio per la Natura e i suoi princìpi del solve et coagula alchemico, del freddo e caldo, il tutto davvero poco metafisico.
Ecco, molte arie del testo Sgalambro le ha realizzate proprio su questi princìpi fondamentali della filosofia di Telesio, sulla vita generata nell’alternanza di caldo e freddo, un continuo processo di condensazione-cristallizzazione dovuto al freddo (o la morte) alternato al principio vitale della liquefazione-vaporizzazione del riscaldamento e della vita.
Princìpi poco metafisici, nei quali sembra davvero di ritrovare il Leonardo cosiddetto anatomico, che quando fa la dissezione dei cadaveri si interroga sul dov’è andata a finire la vita, l’anima, quell’anima che Leonardo nei suoi disegni del feto attribuisce al trasferimento attraverso il cordone ombelicale del nutrimento dalla madre al bambino… Quindi anche nella realizzazione musicale dell’opera ha influito questo discorso della polarità caldo-freddo?
Sì, in qualche modo forse mi ha ispirato, però ti dico è un’Aria, non è altro che quello… un’Aria che è venuta abbastanza bene, ma il tutto non è così schematico come potrebbe sembrare; alla fine ho mischiato completamente le cose. Mi viene in mente ad esempio, di una giornalista che ha scritto: «ha chiamato dei coreani, cosa c’entrano con Telesio». Che grande intelligenza, adesso facciamo a, b, c e compiliamo un bel catalogo… Per le scene della danza dell’opera è stato fondamentale l’incontro del tutto casuale con Sen Hea Ha, questa straordinaria coreografa coreana: a Parigi circa due anni fa durante una trasmissione televisiva in cui c’erano tre ospiti: io, lei (che non avevo sentito mai nominare) ed un altro che si occupa delle luci di New York… Quando la vidi danzare su un brano di Ligeti, rimasi colpito, era eterea, sembrava staccata completamente da terra per cui le chiesi: «ti piacerebbe venire in Italia»…? e lei ne fu contentissima. E poi è arrivata questa occasione di Telesio e lei è arrivata con due danzatori giavanesi, Achmad Dipoyono e Pandu Perdana, due danzatori straordinari, di una perfezione veramente “indisponente”, sembravano due gemelli siamesi, cioè non sbagliavano di un pelo, eppure sono tre danze in tutta l’opera, si tratta di più di mezz’ora…
La prima volta che li vidi in prova, che so… quello alla 151 battuta fa un movimento con la spalla, allora dissi: ma! sarà un caso; poi la seconda, la terza… e invece, sempre tutto perfetto. E poi lei che è straordinaria, qualcosa di incredibile e quindi voglio dire hanno dato una dimensione metafisica straordinaria all’opera, credo che sia la più grande ballerina che io abbia mai visto… e poi è mistica, assolutamente mistica!
Ed è questa situazione di sospensione temporale, magari ispirata da questi straordinari movimenti, che ti ha suggerito l’utilizzo dell’ologramma o ci stavi pensando da tempo?
No, ci ho pensato durante un viaggio. Siccome dovevo fare la regia di questo lavoro stavo pensando alle possibili soluzioni e mi sono rivisto in panni che avevo già frequentato; la finta scrivanietta, cioè quel teatro di cui non se ne può più… e mi è venuto in mente anche quel celebre film Non ci resta che piangere di Benigni-Troisi… Il fatto è che devi fare i conti con la degradazione del costume; certo noi oggi abbiamo Bob Wilson che ha fatto una realizzazione dell’Orfeo ed Euridice assolutamente astratta, una cosa abbagliante per cui dici, ecco, questo è il mito.
Quindi anche una sorta di sospensione mitica, oltre che poetica…
Esatto! E quindi questo connubio, ha spostato tutto da altre parti… anche se il personaggio di Telesio interpretato da Giulio Brogi c’è e come, magari aveva dei jeans e una camicia del Cinquecento, quel minimo tocco… e poi con tutti i limiti che oggi ha questa olografia, perché pur essendo un apparato tecnologico potentissimo ha ancora grandi limiti perché è solo agli inizi. Eppure il vero risultato c’è stato, perché mi dicevano quelli del Teatro che molta gente che ha assistito allo spettacolo si chiedeva: ma tu hai capito chi erano quelli veri e quelli in ologrammi? ed invece erano tutti ologrammi…
Una sorta di dematerializzazione assoluta…
Noi due (riferito a Pino Pischetola “Pinaxa” presente alla conversazione assieme a Francesco Cattini) quando siamo andati a Londra a vedere le potenzialità di questo sistema olografico ci hanno fatto vedere una danzatrice e se ci dicevano: vi vuole salutare, noi saremmo andati lì a salutarla… È inquietante questo aspetto: sono dei movimenti nello spazio di esseri che tu non sai se esistono o sono veri, entrando in un limbo percettivo della realtà davvero inquietante.
Però qual è il limite? È che quando sei dentro lo spazio scenico, si opera in uno spazio limitato di cinque metri per tre di profondità che si possono raddoppiare, per cui abbiamo messo un albero finto in mezzo per riuscire a moltiplicare lo spazio di azione per renderlo più credibile, per cui i personaggi passavano dall’altra parte ed era un tutt’uno.
Sì, la suggestione è straordinaria e poi mi sembra molto funzionale a questa idea di sospensione ed anche a questo principio di polarizzazione telesiana portata ai nostri tempi, alle nostre condizioni di comunicazione e di rapporto con la realtà.
Ti direi di più, che ci uniamo alla fisica quantistica, quella di David Bohm, ultimo grande genio che ha scritto che «i mistici ci sono sempre arrivati e noi non ce ne siamo mai accorti», parlando dell’universo come ologramma e che noi in realtà siamo degli ologrammi; accettarlo è molto difficile, ma ad esempio quando ci guardiamo allo specchio, siamo come quello lì e questo, nella sua inquietudine, è molto interessante…
E questo, Franco, potremmo dire che ti viene un po’ dal cinema… per come lo stai pensando e facendo tu…
Potrebbe essere… perché sai, poi tutto si mischia. Hai ragione, perché il cinematografico ti resta appiccicato addosso, perché anche con il cinematografico siamo sempre in queste zone… Certo, arriveremo a livelli straordinari…
E questo potrebbe portare qualche cambiamento nel mondo del teatro o dell’opera…
Ma, potrebbe portare uno spostamento, non dico sostitutivo, per carità, però uno spostamento di livello, certo…
Uno spostamento coerente con la contemporaneità…
Perché poi sinceramente non sopporterei un ologramma inventato, sono gli umani che diventano ologrammi, il lavoro lo fanno gli umani; il cantante canta lui, non è una finzione… è ripreso e basta!
E soprattutto, come dire, mentre tutto diventa virtuale, non è affatto una virtualità, è una sorta di proiezione spirituale…
Esatto! Questo è da sottoscrivere. È un’altra realtà.
In questo mi sembra che siano condensati tutta una serie di percorsi spirituali, Gurdjief, ma anche Scelsi, illuminante, al di là del tecnologico certo, e magari fra decenni realizzeremo anche gli alberghi in ologrammi per un turismo “immobile” in ologrammi…
Ma l’amor mio non muore… Se ti faccio spiegare quello che ha fatto Pino, è qualcosa di straordinario; tutto era pilotato da lui, ma tutto vuol dire tutto, le luci, click per l’orchestra…
(Pino) Quando partiva la macchina partiva tutto, dall’orchestra alle luci; uno spettacolo perfettamente identico tutte le sere… Una sorta di macchina da guerra in cui non c’è più alcuna possibilità di errore.
Mi ricordano un po’ i Polytopes di Xenakis fra gli anni sessanta e settanta, nei quali l’orchestra, il suono, le luci, (Montreal, Micene, Beaubourg…) 600 laser… erano perfettamente programmati stocasticamente con la composizione, opere certamente meno conosciute, ma che non rappresentano solo una soluzione tecnologica, alle quali ci si arriva innanzitutto per via umana, attraverso la matematica, il pensiero e lo spirito.
(Battiato) È una nostra estensione. Il computer è una nostra estensione. Come fa un essere umano ad inventare il computer… per questo che con certi atei non si può parlare. Come diceva Jung: «punto e basta! non c’è da dire altro». Come puoi pensare che una materia inerte crei l’arte? Non è possibile questo…
Qui ritroviamo Scelsi con il suono come forza e dimensione sacrificale, ma anche Leonardo e la ricerca dei princìpi vitali, per questo il discorso di Telesio mi sembra molto leonardesco…
Infatti, tornando al discorso di prima, a proposito dell’Alzheimer, è inevitabile che noi siamo poi anche altro e quindi siamo legati sempre all’idea dell’ego. È questo il problema dell’occidentale, però quando uno poi magari entra in un’altra vita non è che quello di prima se ne va fuori, è sempre lì. Per questo in Niente è come sembra ho messo l’illuminazione del Buddha quando lui afferma che in pochi secondi dice di aver visto scorrere le migliaia di sue vite, ero in quel posto, in quell’altro pianeta… perché pare che siano tanti i posti in cui si va, non è che ci sia solo la terra.
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«Bernardino Telesio, a tumulazione avvenuta fu calato nella tomba storico-filosofica. Stasera lo spirito della musica lo ha accolto». Franco Battiato, Telesio, Epilogo.
TELESIO
Opera in due atti e un epilogo, Libretto di Manlio Sgalambro, Adattamento e Musica di Franco Battiato
Telesio è stata realizzata su commissione del Comune di Cosenza e presentata al Teatro “A. Rendano” di Cosenza il 6, 7 e 8 maggio 2011 con i seguenti interpreti:
Giulio Brogi (Telesio), Divna Ljubojevic (Voce femminile), Paolo Lopez (Sopranista), Juri Camisasca (Voce), Franco Battiato (Voce), Antonello Antonante (Il prelato), Claudia Amendola (La dama). Coreografie di Sen Hea Ha. Sen Hea Ha, Achmad Dipoyono e Pandu Perdana (Danzatori).
La prima rappresentazione al Teatro “A. Rendano” è stata realizzata dall’Orchestra Philharmonia Mediterranea, diretta da Carlo Boccadoro e dal Coro Lirico “Bernardino Telesio” diretto da Pasquale Menchise. Carlo Guaitoli (pianoforte), Angelo Privitera (tastiere).
Nel novembre 2011 l’opera Telesio è stata pubblicata in un doppio Dvd Sony Music con la Royal Philarmonic Orchestra e il The London Baroque Choir (Maestro direttore e concertatore Carlo Boccadoro).
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* Conversazione pubblicata in Finnegans n. 21 / 2012
Nicola Cisternino (Italy 1957), compositore, direttore e artista, è autore di particolari scritture musicali definite Graffiti Sonori con le quali realizza le sue composizioni. Sue musiche e installazioni sono state eseguite e realizzate in vari festival e residenze artistiche nel mondo. Oltre a diversi Cd e a numerose pubblicazioni su varie riviste internazionali, ha curato, assieme a Pierre Albert Castanet, il volume “Giacinto Scelsi Viaggio al centro del suono” (Luna editore, 1993-2001) ideando e dirigendo varie iniziative scelsiane su richiesta di Franco Battiato per il Festival di Fano, per il Dipartimento Musica e Spettacolo CIMES dell’Università di Bologna, per la Societas Raffaello Sanzio, Nuova Consonanza di Roma, Società del Concerti di La Spezia e la Regione del Veneto. Ideatore e direttore del Progetto SONOPOLIS Percorsi integrati nella musica d’oggi in Veneto realizzato dal Gran Teatro La Fenice e dall’Associazione Sonopolis in collaborazione con il Comune e l’Università di Venezia è attualmente docente di Arti e Musica Contemporanee presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia. È in corso di pubblicazione Luigi Nono Caminantes Una vita per la musica intrecci e testimonianze (Ed. Il Poligrafo, 2021).
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