Ci sono libri che sembrano essersi scritti da soli, crescendo un po’ alla volta, giorno per giorno, al segreto e costante pulsare che fa nascere l’erba, innalzarsi gli alberi, andare l’acqua sempre verso il mare; libri in cui la scrittura corrisponde al respiro, al flatus voci grazie al quale siamo creature vive. Di questa vita che è anima – universale o minima, sospesa tra condanna, redenzione e perdono, o ancora tra coraggio e paura – Stefano Dal Bianco scrive attraverso due figure principali: la propria, che è anche il cosiddetto “io lirico”, e quella di Tito, il cane con cui viaggia, passeggia, osserva, fiuta, gioca, fa esperienza del mondo. Tito, la cui presenza è ubiqua ed essenziale al libro, è insieme lo sparring partner di cui l’autore ha bisogno per parlare, il segno dell’alterità non umana che ci interroga e chiama, l’ipotiposi di un possibile figlio sui generis e, infine, un talismano-farmaco che può cambiare il nostro inferno in paradiso (questo, forse, il significato del titolo). La raccolta è suddivisa in tre sezioni, molto diseguali per numero di poesie (la terza è composta da un unico testo) ma omogenee per lo stile (bella la metrica, ad esempio, cui l’endecasillabo fa spesso da perno, specie in apertura e in chiusa) e il tono della voce – sempre pacata, riflessiva, a volte amara altre più sorpresa, come stesse recitando un libro d’ore o sgranando un rosario di parole. Il ritmo è quello dei minimi accadimenti quotidiani: un lampione che diffonde il suo alone, il profilo delle colline in fondo all’orizzonte, i mutamenti stagionali nel colore del cielo, nel guizzare dei pesci del fiume, nel motore dell’auto che si accende per uscire da Orgia, sui colli senesi, dove quest’uomo e questo cane abitano, in una casa su cui il sole batte solo di mattina.
Come già rilevato da Umberto Fiori, Paradiso è un libro autentico, vale a dire scritto con onestà, e per necessità: ma è anche molto bello, forse il migliore di questo poeta giunto alla sua piena maturità espressiva.
Immagine di copertina HG Studios, Mutamenti allo specchio
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