RIVISTA DI CULTURA MEDITERRANEA

Paradiso, Stefano Dal Bianco / a cura di Stefano Strazzabosco

[Tempo di Lettura: 2 minuti]
Stefano Dal Bianco

Ci sono libri che sembrano essersi scritti da soli, crescendo un po’ alla volta, giorno per giorno, al segreto e costante pulsare che fa nascere l’erba, innalzarsi gli alberi, andare l’acqua sempre verso il mare; libri in cui la scrittura corrisponde al respiro, al flatus voci grazie al quale siamo creature vive. Di questa vita che è anima – universale o minima, sospesa tra condanna, redenzione e perdono, o ancora tra coraggio e paura – Stefano Dal Bianco scrive attraverso due figure principali: la propria, che è anche il cosiddetto “io lirico”, e quella di Tito, il cane con cui viaggia, passeggia, osserva, fiuta, gioca, fa esperienza del mondo. Tito, la cui presenza è ubiqua ed essenziale al libro, è insieme lo sparring partner di cui l’autore ha bisogno per parlare, il segno dell’alterità non umana che ci interroga e chiama, l’ipotiposi di un possibile figlio sui generis e, infine, un talismano-farmaco che può cambiare il nostro inferno in paradiso (questo, forse, il significato del titolo). La raccolta è suddivisa in tre sezioni, molto diseguali per numero di poesie (la terza è composta da un unico testo) ma omogenee per lo stile (bella la metrica, ad esempio, cui l’endecasillabo fa spesso da perno, specie in apertura e in chiusa) e il tono della voce – sempre pacata, riflessiva, a volte amara altre più sorpresa, come stesse recitando un libro d’ore o sgranando un rosario di parole. Il ritmo è quello dei minimi accadimenti quotidiani: un lampione che diffonde il suo alone, il profilo delle colline in fondo all’orizzonte, i mutamenti stagionali nel colore del cielo, nel guizzare dei pesci del fiume, nel motore dell’auto che si accende per uscire da Orgia, sui colli senesi, dove quest’uomo e questo cane abitano, in una casa su cui il sole batte solo di mattina.

Come già rilevato da Umberto Fiori, Paradiso è un libro autentico, vale a dire scritto con onestà, e per necessità: ma è anche molto bello, forse il migliore di questo poeta giunto alla sua piena maturità espressiva.

Stefano Dal Bianco, Paradiso, Garzanti, Milano 2024

Immagine di copertina HG Studios, Mutamenti allo specchio

  • Stefano Dal Bianco (Padova, 1961) vive in provincia di Siena, dove insegna Poetica e stilistica all’università. Si è occupato prevalentemente di Francesco Petrarca, Ludovico Ariosto, Andrea Zanzotto. Ha pubblicato La bella mano (1991), Stanze del gusto cattivo (1991), Ritorno a Planaval (2001, 2018), Prove di libertà (2012), Paradiso , (2024; Premio Strega Poesia 2024). I suoi saggi di poetica sono raccolti in Distratti dal silenzio. Diario di poesia contemporanea (2019).

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  • Stefano Strazzabosco (1964) ha pubblicato saggi, edizioni critiche, antologie – come Oikos. Poeti per il futuro, 2020 e Sombra escrita. Diecisiete poetasitalianas, Madrid 2023 – il monologo Tina. Masque suTina Modotti (Italia, 2007 e 2021; Argentina, 2016) e alcune raccolte di poesia (la più recente: Brodskij, 2019). Ha tradotto e pubblicato in volume poeti come OctavioPaz, Aurelio Arturo, Carlos Montemayor, Juan Gelman, César Moro, Eduardo Lizalde, Guillermo Fernández, Vicente Huidobro, Luis Vidales, Agustín Jiménez e, in Messico, Tonino Guerra e Andrea Zanzotto. Vive a Vicenza, dove ha diretto gli incontri internazionali di “dire poesia” (2009-2013: http://direpoesia.wordpress.com), e a Città del Messico, dove ha fondato la casa editrice La Vencedora (https://lavencedorablog.wordpress.com/).

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