Il canto, l’anima e la memoria: le radici  musicali della première di Nove lune di
Delilah Gutman. Intervista a Delilah Gutman e Alda Dalle Lucche di Alessandra Salvati

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Delilah Gutman e Alda Dalle Lucche, in Nove lune di Delilah Gutman per il 50° Cantiere Internazionale d’Arte di Montepulciano, Chiostro della Fortezza, Montepulciano 2025 – © HG Studios

Il cinquantesimo Cantiere di Montepulciano quest’anno ha ospitato, tra le prime esecuzioni mondiali, l’opera di Delilah Gutman Nove lune – La voce immaginativa, storie di ninnananne e alfabeti (opera pubblicata da Curci), per voce narrante, canto, elettronica e saxofoni. Alda Dalle Lucche, interprete ben nota nella lunga e prestigiosa storia del Cantiere, ha gestito la parte strumentale dal vivo.

Motore poetico dell’opera è il testo Ombre di sogno di Benjamin Rosini Gutman, che nell’itinerario melodico viene declinato in diciotto lingue, accompagnato da canti originali che evocano di volta in volta paesaggi sonori di culture diverse – dalla musica yiddish alla tradizione vedica e carnatica del sud dell’India – e fortemente legati agli ambiti della spiritualità e del rito. I brani musicali si alternano a letture di testi composti e recitati dalla Gutman, sullo sfondo di pannelli sonori creati con strumentazione elettronica, che creano spazi suggestivi e fortemente evocativi di contenuti inconsci e numinosi. In Nove lune sia i canti dal vivo che quelli registrati ed elaborati elettronicamente sembrano emergere e scomparire da luoghi e culture lontani in una dimensione di sogno, e dispiegarsi lentamente in un unico grande ‘mantra di pace’ – come lo definisce la compositrice. Sullo sfondo, alle spalle delle due interpreti, la proiezione di due immagini che lentamente trasfigurano una nell’altra, opera di Giulia Bellarosa: ‘Albero cosmico’.

Giulia Bellarosa, Albero cosmico – Tecnica mista.

Nel corso dell’intervista Delilah mi ha spiegato che in Nove lune la composizione delle melodie ha preceduto l’organizzazione dei testi, adattati solo successivamente. Il primato della melodia, del canto in sé come massima forma espressiva e comunicativa è uno dei tratti distintivi dello stile di Gutman. La lingua si perde nel suono. Penso ad opere come Quasi una voce, per soprano e violoncello, o a lavori di teatro e musica come Il sogno. Modigliani e Jeanne Hébuterne.

Il Sogno / Modigliani e Jeanne Hébuterne, Sagra Musicale Malatestiana, Rimini 2020 – Foto di scena.
Il Sogno / Modigliani e Jeanne Hébuterne (Curci 2023): Laura Catrani, soprano; Delilah Gutman, pianoforte e live electronics; Alessandro De Lisi, narratore – Sagra Musicale Malatestiana, Rimini 2020 © Maria Carla Cuccu

È nel terzo pannello di Nove lune, la terza luna, che il canto solista si dispiega libero in una struggente ninna nanna, forma comunicativa ancestrale e misteriosa: un canto d’amore, libero dalla tirannia del metro e della misura, che affonda in suoni gutturali e a bocca chiusa, seguendo gli itinerari invisibili del senso. Il calore del suono puro, del canto, lo ritroviamo in realtà anche nei passi solistici del saxofono, in particolare nel settimo pannello, ‘Soffi di vita’ (i titoli dei pannelli si evincono dalla partitura ed indicano i singoli movimenti dell’opera), dove esso si esprime attraverso una straordinaria molteplicità di registri e dinamiche, e di libertà di fraseggio, privilegiando la nuda espressione, il tempo interiore e il tempo storico, il tempo della memoria.

Un contrappunto sapiente e originale muove i dialoghi tra voce e saxofono, passando da stilemi dal sapore antico, quasi rinascimentale – nella ‘Serenata alla luna’, ad esempio, in lingua greca – a gestualità tipiche del tango, con ostinati ritmici estremamente impegnativi per il saxofono; ne è un esempio il ‘Tango di speranza’. A tratti la trama contrappuntistica cede il passo a brevi episodi in unisono, molto efficaci, come nella ‘Serenata del sole’ della sesta luna, di matrice popolare. In Nove lune vi è anche un’autocitazione di un brano composto precedentemente, ‘Libera’, un’improvvisazione a pianoforte di carattere minimalista che caratterizza il quarto paesaggio poetico.

Copertina del CD Sangù/Sanguemio: music for Palermo, Stradivarius 2020.

La pratica improvvisativa, legata ai repertori di tradizione orale, è coerente con la poetica della Gutman, fortemente legata alla dimensione lineare ed espressiva della musica e imperniata sull’ esplorazione e l’evocazione della ritualità e dell’onirico. Improvvisazioni sono presenti nella produzione Sangù/Sanguemio: music for Palermo, per l’etichetta Stradivarius, e nell’esecuzione di Om Shanti, al concerto di Shalil Shankar – presso la chiesa della Pietà dei Turchini a Napoli, nel 2017 – che testimonia la conoscenza profonda e l’interiorizzazione di quel tipo particolare di dialogo che si nutre di culture ed esperienze condivise e che non rinuncia alla sacralità ed unicità del momento presente, del luogo e del pubblico, delle sue immediate risonanze: ‘Infinite lune ci accompagnano nell’urgenza del linguaggio in un mondo dove sono solo quattordici gli alfabeti, gli insiemi di segni che raccolgono nella lettera il segreto di una pronuncia, la cui verità vibra solo nella trasmissione orale. […] ‘ (da Nove lune, V Luna).

Magnifica davvero l’improvvisazione con Shalil Shankar, la cui registrazione è attualmente disponibile sulla piattaforma Youtube, e che ha dato vita nel 2021 a un più ampio progetto, 1.61 Golden SectiOn con il regista Davide Garattini e la coreografa Barbara Palumbo, che coniuga l’improvvisazione musicale alla danza, raccogliendo i contributi di danzatori di tutto il mondo: 61 danzatori o gruppi di danzatori hanno ricevuto le tracce audio sulle quali improvvisare a loro volta libere coreografie di espressione corporea, simbolo di ritrovata libertà dopo le costrizioni imposte nel periodo pandemico; una nuova prospettiva per la videodanza, che richiama in modo diretto il lavoro della Gutman sulla voce e sull’improvvisazione.

Video di Nina Ananiashviliper 1.61 GOlden sectiON 61 – 2020 – Progetto di Only Stage con la collaborazione del Teatro degli Arcimboldi & Edizioni Curci Music and Books, Concept & Artistic direction Davide Garattini Raimondi, Barbara Palumbo, Delilah Gutman. Musica di Delilah Gutman dal CD “Libera/Free”, Stradivarius/Naxos © 2020.

Il legame con la poesia attraversa l’intera produzione della Gutman e si esprime anzitutto come intento di narrare delle storie, come filo conduttore unico più interno di una narrazione ricca e diversificata. La compositrice è anche autrice di alcuni libretti. Nell’opera da camera Il guanto nero. Chagall e lo spirituale nel sogno, il libretto alterna passi narrativi di tipo teatrale e passi in versi, che ripropongono alcuni temi di Nove lune – il tema ad esempio dell’alfabeto, della lettera come materia vivente dal potenziale alchemico e della parola come scoperta e ‘incantamento’. Questi temi emergono a più riprese nei canti dello sposo e della sposa:

L’alfabeto è un mare
ombra di venti
specchio di correnti,
onde che battono sul palato
come voltadi cattedrale o sinagoga,
increspature d’argento
tra inciampi di parole
tempio di chi salpa guerriero nella notte. […]’
La parola rompe ogni sigillo
e sfoglia le mie pagine
traducendo segni
arcaici in alfabeto […]’
Le lettere sono come conchiglie
come punta di luce nell’abisso,
in attesa, memoria di noi. […]’
Mio amato,
siamo alfabeto,
alef, beth,
ghimel, daleth,
he, siamo
fili tra dita
di angeli. […]’

Lo stesso tema è presente nell’opera Quasi una voce, per voce e violoncello, con testo della compositrice:

La mia anima, mare
Di alfabeti, è profanata. […]’

I temi della della memoria – conscia ed inconscia – e del tempo ricorrono in più lavori, incluse le due opere su citate Il guanto nero. Chagall e lo spirituale nel sogno, e Quasi una voce:

I miei passi, tra scale,
orme nel tempo liberato
della memoria orme ricalcano.
I miei passi, tra le case,
tracce nello spazio cambiato
dei ricordi tracce balbettano. […]’

(da Il guanto nero. Chagall e lo spirituale nel sogno)

Memoria è orizzonte,
una tunica di tempo io indosso
per incontrarti mio sposo.
Ti offro la mia vita,
come manto di guerriera,
di pace e d’alleanza,
ricamato con fili di luce,
battiti di cuore come di ciglia
per rivelarmi a te:
lo sguardo è memoria. […]’

(da Quasi una voce)

In Nove lune questi temi sono declinati in modo nuovo, immersi nella dimensione sonora e quasi fusi con essa:

Il suono è energia, dunque non si crea, ma si trasforma come memoria e ci permette di abitare il tempo in cui si formò la Luna, questo meraviglioso antico corpo celeste che ci interroga sull’esistenza. […]’

L’origine della ninna-nanna s’intreccia con quella della serenata e della preghiera, della lamentazione e dell’invocazione, come della chanson, la canzone. Una contiene l’altra in una spirale infinita di memorie. […]’

Il percorso artistico della Gutman transita attraverso la poesia, il teatro e la danza seguendo una sorgente sotterranea che riaffiora ora nel canto, ora nel movimento, ora nel silenzio raccolto e nella memoria.

Ho incontrato Delilah ed Alda dopo la prima esecuzione di Nove lune. La prima domanda che pongo a Delilah riguarda il sottotitolo di Nove lune: La voce immaginativa, storie di ninnananne e alfabeti.

Delilah Gutman e Alda Dalle Lucche, in Nove lune di Delilah Gutman per il 50° Cantiere Internazionale d’Arte di Montepulciano, Chiostro della Fortezza, Montepulciano 2025 – © HG Studios

Il sottotitolo di Nove lune è fortemente evocativo, ma vorrei comunque chiederti cosa intendi per ‘voce immaginativa’.

Delilah Per “voce immaginativa”intendo un approccio nell’uso della voce e nell’ascolto che può influire nella qualità della comunicazione, non solo artistica, nel contenuto musicale e nel determinare un’azione drammaturgica. Tale orientamento si basa sulla natura stessa della voce. Infatti, la voce umana costituisce un’identità che si smaschera alla nostra nascita e ci permette di poter presentare al prossimo la parte più profonda del nostro Sé. Nell’ambito del Master in «Mediazione dei conflitti», all’Università di Urbino nel 2018, lavorai sotto la guida del Prof. Franco Nanetti per elaborare la teoria della “voce immaginativaquale strumento di lavoro terapeutico: la pratica consiste nella ricerca di un modello di ascolto e di fonazione in rapporto alla comprensione del Sé nel presente e lo deriviamo dalla prima forma di relazione, nel grembo materno dove abbiamo udito la prima voce.

Nove lune è il primo progetto artistico dove inizio a esplorare la voce immaginativa con il pubblico in una dimensione concertistica.

In Nove lune che tipo di relazione lega i contorni melodici alla parola?

Delilah La melodia, con le sue peculiarità e la sua struttura, è – a differenza della maggior parte delle precedenti opere compositive – il primo elemento contemplato nel lavoro di creazione di Nove lune.

Ciò è stato possibile per l’uso di un unico testo poetico, che si presenta sempre diverso a seconda di quale delle ventuno lingue coinvolte è scelta – italiano, inglese, francese, spagnolo, azero, ebraico, arabo, arbrëishë, albanese, rumeno, polacco, tedesco, yiddish, cinese, russo, siciliano, napoletano, algherese, ucraino, greco, siciliano. La melodia esplora la molteplicità di significati che la poesia offre con il suo linguaggio, srotolando – luna dopo luna – il significato di un singolo verso o della relazione tra due o più versi. Ecco, dunque che la melodia può evocare l’ombra del sogno, la ricerca o la contemplazione di una luna e delle sue fasi, l’ombra del sole e le luci annodate, o staccarsi da un’origine descrittiva e indagare rispetto a un suono e alla risonanza della voce la sua relazione con i melismi, con un ritmo specifico o la percezione di moti e intervalli distinti.

La parola, con la sua metrica e il suo colore timbrico, ha incontrato solo in un secondo momento le accentuazioni inscritte nella melodia ormai già annotata, come a codificare e identificare un reperto archeologico in un tempo, però, non limitato dalla separazione tra passato, presente e futuro.

Che ruolo ha l’interprete di una prima esecuzione rispetto alla scrittura, in particolare quando è presente già durante il lavoro compositivo?

Delilah Un’interprete, che sia una voce importante e preziosa come quella dei saxofoni di Alda Dalle Lucche, porta con sé una memoria del repertorio incisa nelle mani e sublimata nello sguardo poetico che rivolge alla lettura delle parti: ecco che l’urgenza metrica di un respiro, la ricerca della bellezza di un suono o la possibilità di investigare attraverso la dinamica quella ricerca timbrica – che nella storia musicale dal secondo Novecento in avanti ha spesso portato a un uso eccessivo degli effetti sonori – possono determinare l’incontro con uno spazio di risonanza che disegna la forma musicale.

Delilah Gutman e Alda Dalle Lucche, durante le prove di Nove lune di Delilah Gutman, presso la casa di Alda in Toscana – © Federico Atzei.

Vorrei porre la stessa domanda ad Alda. Nel tuo percorso artistico, Alda, dopo aver maturato una lunga esperienza di interprete con i maggiori compositori ed esecutori degli ultimi decenni, ti sei fatta promotrice di nuove opere in cui la parola, la danza e il teatro si intrecciano in una narrazione poetica spesso concentrata su temi di carattere sociale. Ne sono esempio le produzioni Non Volevo Vedere con l’attrice Daniela Morozzi, Il Piccolo Principe con musiche originali di Massimo Buffetti insieme all’attore Maurizio Lombardi e ad un ensemble di saxofoni; Dolore Minimo su testo della poetessa Giovanna Cristina Vivinetto, Amori Difficili realizzato attraverso la trasformazione di testi tratti da racconti di Calvino, Munro e Carver per attrice e quartetto di saxofoni baritoni. Nella creazione di questi progetti il tuo ruolo è diventato più attivamente creativo e di costante stimolo, dialogo e interazione col compositore. So che anche il progetto di Nove lune è nato da una tua intuizione della dimensione sonora di voce, sax ed elettronica, che poi Delilah ha raccolto e sviluppato, lavorando molto insieme a te. Che significato ha per te lavorare in così stretto contatto con il compositore proprio nella fase di stesura dell’opera?

Alda Questa è una domanda molto sensibile per me perché, nella sua risposta, racchiude il mio sviluppo e la mia crescita di musicista ed interprete. È stato un percorso lungo di affermazione d’idea di quello che sentivo essere questo ruolo per me. Ognuno di noi nasce come studente e percorre una strada che è quella dell’apprendimento oggettivo, io sono rimasta una studentessa che ha continuato a percorrere questa strada dal punto di vista soggettivo. Dedicarmi allo studio dei testi è un innamoramento, una vera e propria attrazione verso storie che mi entrano dentro fino a diventare parte di me. Storie che sento forte il desiderio di raccontare e se fossi una pittrice le metterei su tela, se fossi un’attrice interpreterei le parole, se fossi una scrittrice scriverei di loro, ma sono una musicista e coloro, interpreto e racconto con il mio strumento cercando di comunicare la potenza di ciò che mi ha colpita.

L’incontro con Delilah è stato allo stesso tempo casuale e voluto fortemente: ho ascoltato durante una ricerca un suo brano e si è accesa quella scintilla un po’ pericolosa che ben conosco e ho ascoltato e ascoltato ancora la sua musica, le sue idee, il suo modo di dare eleganza e forza a ciò che scrive, e le ho scritto per conoscerla! Quella musica volevo soffiarla! Cambiare il rapporto consueto tra compositore e interprete è stato naturale proprio perché guardavamo nella stessa direzione. Leggere le prime note di Nove lune rinchiuse insieme nelle prima settimana è stata come un’alba di quello che, trasformandosi, è diventato Nove Lune. Credo che questo tipo di rapporto, dove si lavora insieme, per creare qualcosa di molto personale da ambo le parti sia fondamentale per dare un senso alla collaborazione.

Delilah Gutman e Alda Dalle Lucche, durante le prove di Nove lune di Delilah Gutman, presso la casa di Alda in Toscana – © Federico Atzei

Delilah, nel tuo lavoro sono rappresentate molte lingue e diverse culture musicali. So della tua frequentazione dell’India ad esempio. Quali sono per te i riferimenti più importanti?

Delilah L’India emerge tra le trame sonore di Nove lune nella costruzione di alcune linee melodiche, nella prassi esecutiva che ornamenta i temi attraverso l’uso di melismi con intervalli microtonali, nello studio della ripetizione e delle sue possibili trasfigurazioni – come ad esempio la forma del mantra, di un canone, di pattern ritmici. L’India, con le esperienze in progetti di carattere umanitario e l’incontro con un maestro spirituale, Sri Sathya Sai Baba, è a oriente del mio cuore, con la miscellanea di suoni che tanti viaggi inaspettati mi hanno donato.

La moltitudine di lingue testimonia l’identità multietnica della nostra Italia, di cui siamo ancora inconsapevoli, e di una memoria fatta anche delle sue radici millenarie come quelle del ladinò (il giudeo-spagnolo), l’ebraico e l’arbrëishë. Nello specifico, i riferimenti nella scelta delle lingue, invece, sono di due tipologie: quelle dei suoni delle lingue legate alla mia tradizione di origine – ebraico, ladinò, yiddish, inglese, napoletano – e delle terre attraversate – inglese e spagnolo, costituiscono il centro del mio cuore; quelle delle lingue caratterizzanti le identità di persone il cui incontro ha segnato nella mia vita una presenza costante, anche se non sempre una frequentazione, come occidente del mio cuore. Ogni lingua racconta di un rapporto umano.

La scelta di abitare un testo poetico tradotto in così tante lingue è stata interpretata con molta cura dalla giornalista Valeria Russo che ha descritto l’esperienza con queste parole: ‘Non come bandiere, ma come suoni ereditati, rimescolati, resi materia viva (…) alfabeti che si toccano e si scompongono, come se il linguaggio non fosse mai stato fatto per separare’. Tale mescolanza, come l’arte del ricamo del bisso, genera l’attuazione di una ricerca sonora, dove i fili che s’intrecciano sono i suoni degli alfabeti stessi, con le loro innumerevoli combinazioni.

Delilah Gutman durante un concerto nel 2010 presso l’Ashram di Sri Sathya Sai Baba a Puttaparthy, in India.

Molte tue melodie presentano intervalli microtonali, che in partitura non sono annotati. Questo ci rimanda a pratiche antiche di tradizione orale. Nel caso di Nove lune si presuppone che un altro interprete, che non sia tu, debba possedere una profonda cultura di certi repertori ed essere in grado in parte di improvvisare per poter interpretare il tuo lavoro, magari anche in modo molto diverso dalla tua esecuzione. Come vivi la possibilità che le tue melodie possano essere riproposte con modifiche significative?

Delilah Le melodie sono composte con una rigorosa fedeltà al suono annotato, ogni melisma è un ornamento con il significato di commento, di cura nel porgere il suono vocale al pubblico. Ma, ogni interprete è unico grazie alla propria esperienza di studio e di pratica musicale, dunque accolgo sempre con gioia la lettura creativa che apporta un nuovo e personale orizzonte sonoro, purché perni del percorso melodico siano le note, cioè i suoni trasformati in segno sulla partitura.

Sul tema della melodia e della sua interpretazione vorrei ora proporre ad Alda delle riflessioni. In Nove lune la ricerca timbrica ci fa percepire come in una melodia il suono – nella sua semplicità – possa catturare emotività ed attenzione. In quell’apparente semplicità emergono l’articolazione e la dinamica che hai scelto per indagare e interpretare, in un costante dialogo, la pluralità delle diciotto lingue attraversate dalla voce nel canto, come ulteriori declinazioni degli alfabeti possibili. Nella settima luna, ‘Soffi di vita’, il tuo canto solista si esprime in momenti di rara bellezza e coerenza, di controllo del legato e del fraseggio, di straordinaria ricchezza timbrica e dinamica.

Quale significato nella musica di oggi offrono all’interprete la melodia e la forza di un tema? Quali spazi possono restituire all’interprete ed, eventualmente, a chi ascolta musica del presente?

Alda In Nove lune la ricerca timbrica è stata fondamentale, una ricerca minuziosa proprio per il dialogo con le diciotto lingue della voce. È stata la ricerca di un alfabeto che nasceva dal nulla, solo dal mio soffio sulla musica di Delilah. Per me straordinario è stato che Delilah è anche l’interprete della musica che ha scritto: è stato come se entrambe fossimo al servizio di quella musica e di quelle idee, come se fossimo un trio e a volte una piccola orchestra dedicata a comunicare quello che la compositrice ci invitava a fare. Un organico scarno dove la tecnica per ottenere gli effetti e le sfumature è fondamentale. La melodia è diventata un concetto, spesso un concetto da cui prendere le distanze perché ritenuto non all’altezza dei canoni “accademici”, ma la melodia non è concetto, non è banale, melodia è qualcosa di impalpabile che corre veloce, ha ali per volare e può non cadere mai restando sospesa in un mare di domande.

Alda Dalle Lucche, in Nove lune di Delilah Gutman per il 50° Cantiere Internazionale d’Arte di Montepulciano, Chiostro della Fortezza, Montepulciano 2025 – © HG Studios

Delilah, nel secondo brano/pannello la tua voce si fa ritmo e la parte strumentale è particolarmente impegnativa. Che valenza ha questa tecnica vocale e più in generale il ritmo nella ricerca sonora di Nove lune?

Delilah Ci sono due voci, quella umana e quella del saxofono, la ricerca ritmica fa emergere l’una e l’altra voce. La sillaba che si fa ritmo nella voce umana – pratica d’ispirazione è il Konnakol e il canto carnatico indiano, come alcuni aspetti della cantillenazione e dei canti ebraici – è una lente d’ingrandimento che ricorda la possibilità di ascoltare un significante separandolo dal significato e di cercarlo a sua volta nella voce del sax. Ci rammenta la natura del nostro corpo, una cassa risonante di vita che sostiene la trasmissione di un suono, come memoria tramandata oralmente, attraverso battiti di materia.

Ho trovato la melodia della terza luna struggente e commovente. Credo che sia proprio la voce solista a rendere possibile tanta libertà e bellezza. E’ così?

Delilah La voce solista mette sempre a nudo un corpo umano – motivo per cui talvolta l’ascolto di essa può intimidire – e riflette la voce immaginativa dell’ascoltatore. La libertà e la bellezza sono le potenziali qualità dell’ascoltatore stesso in cerca di espressione, come in un gioco allo specchio.

Alda, dalle tue esecuzioni emerge l’aspetto del dialogo, della condivisione del cammino con altri e dell’apertura interiore. Le tue inesauribili risorse timbriche e tecniche sono sempre impiegate per aderire a una dimensione di verità e di senso, di un orizzonte nuovo. Il tuo pubblico prova incanto e stupore al rivelarsi del suono nella sua purezza timbrica, del suono-canto, vicino alla poesia. In qualità di interprete e di Maestra – poichè alla tua carriera artistica si accompagna una lunga e intensa attività didattica presso la Scuola di Musica di Fiesole – quale importanza riveste per te la qualità di un suono puro rispetto alla moltitudine di tecniche estese esplorate negli ultimi cento anni? E cosa definisce “bello” un suono? 

Alda Non nascondo che quando si parla del mio suono in questi termini provo una grande gratitudine mista a timidezza. Penso anche che tranne quando suono io non mi ascolto mai perché è come guardarmi allo specchio e non riesco a farlo. Il suono puro, quello che racconta di te raccontando anche gli altri è un mezzo di comunicazione molto forte che non permette di nascondere nulla, né a te stesso, né a chi ti ascolta. Un suono puro è l’essenza di ciò che sei con la miriade di colori che hai dentro. Ai miei studenti chiedo attraverso il loro suono di trovare la loro vera identità e proprio in virtù di questo dico loro che io non cerco l’ancia perfetta, ma cerco il mio suono attraverso la scelta di un’ancia. Pongo sempre loro una semplice domanda: se io vi faccio ascoltare una frase, la stessa, suonata da cinquanta saxofonisti tra cui ci siete anche voi sapreste riconoscervi? Io si, e non perché sia il più bello, ma perché è il suono della mia voce. Il suono è l’unicità di ciò che vogliamo trasmettere e, per farlo, non può essere che sincero e puro.

Delilah Gutman presso il suo studio a Rimini – © HG Studios

Delilah, tutto il lavoro è pervaso da un senso di ritualità, di legami con il culto, con la memoria. Sono questi i fili invisibili che rendono Nove lune un’opera circolare e coerente?

Delilah Senza dubbio, la ritualità rappresenta in generale una condizione molto importante nella mia vita. La ritualità può vestirsi di forme molteplici, a seconda che sia quella di un culto, o di un saluto, di un pasto condiviso o di un evento vissuto. In tutte le sue forme, la ritualità ci permette di abitare il tempo con la coscienza di rispettare uno spazio immaginario riservato al sentire più puro, dell’anima.

La ritualità è un linguaggio attraverso cui invito lo spettatore, l’ascoltatore, a far parte della mia memoria per conoscere insieme il valore di una collettività, e trovare una voce corale.

Sono sempre curiosa riguardo alle biblioteche dei compositori. Puoi citare qualche libro che ti è particolarmente caro?

Delilah I libri che hanno mosso il pianto di commozione più profondo, “L’ultimo dei giusti” di André Schwarz-Bart e “Una tromba nello uadi” di Sami Michael, o la risata inaspettata come “La storia di Tewje, il lattivendolo” di Shalom Aleichem, o le domande di saggezza come “Il cammino dell’uomo” di Martin Buber e “La genesi” di Haim Baharier ed Erri De Luca, o, ancora, lo stupore della conoscenza come “Il mito” di John Campbell e “Il crollo della mente bicamerale e l’origine della coscienza” di Julian Jaynes, che intende per coscienza la differenza tra ciò che gli altri vedono di noi e la nostra auto consapevolezza unita al senso profondo che la sostiene. Ancora, “La porta” di Magda Szabò che ha reso viva Emerence, una delle due protagoniste, al punto di attendere notizie da lei come una stretta conoscente, e “La boutique” di Eliana Bouchard, che nel raccontare di Nina e Ibrahim ha trasfigurato una storia immaginaria in una realtà della cui storia cercare i successivi passi. “Il maestro e Margherita” di Bulgakov è stato un viaggio oltre l’immaginario. Infine, un libro di vita e di poesia, “Di mare un cammino”, di Manrico Murzi.

Ringrazio Delilah Gutman ed Alda Dalle Lucche per aver condiviso i retroscena e i significati più interni di un progetto di collaborazione particolarmente intenso e che ha ricevuto un’accoglienza attenta e partecipata da parte del pubblico del Cantiere Internazionale d’Arte di Montepulciano.

Alessandra Salvati, compositrice e pianista


Immagine di copertina:

Delilah Gutman e Alda Dalle Lucche, in Nove lune di Delilah Gutman per il 50° Cantiere Internazionale d’Arte di Montepulciano, Chiostro della Fortezza, Montepulciano 2025 – © HG Studios

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