Parte I
DELILAH
Ho incontrato Erkut Tokman a Milano nel 2018. Erkut è un poeta turco – anche traduttore, attore e performer di arti visive, nonché ingegnere elettrico. Fu un caro amico in comune a presentarci, Manrico Murzi, poeta giramondo che Erkut intervistò anni prima per raccogliere la sua testimonianza in qualità di poeta italiano e assistente di Giuseppe Ungaretti, in occasione di un reportage giornalistico in Turchia sullo storico poeta nato ad Alessandria d’Egitto.
Ci eravamo dati appuntamento al Cafè di Palazzo Reale, nel giardino interno, e la parola fu, sin da subito, rivelatrice di mondi allo specchio, fatti di poesia riflessa nei sogni, espressione di progetti indipendenti, storia di incontri letterari e artistici, ponti tra le identità in sospeso.
Nel 2019 Erkut passò da Rimini, per incontrare Walter Raffaelli, fermandosi per un gelato alla “Gelateria La Romana” davanti alla Domus del Chirurgo e per la scrittura della nostra prima poesia a quattro mani, mentre tra un verso e l’altro, giocava a tiro con l’arco con mio figlio Benjamin, sotto la vite della veranda di “Casa 280”, dove si fermò a soggiornare.
Fu in quell’occasione, poche settimane prima della pubblicazione del suo libro “Lupoc”, che nacque l’idea per l’intervista.
Oggi il nostro dialogo – a cui si unisce quello con Maria Carla Cuccu e HG Studios attraverso le loro opere fotografiche – vede finalmente la luce, viaggiando tra tematiche di estrema attualità e pensieri di profonda ispirazione.
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Quando e come hai iniziato il percorso attraverso la poesia?
ERKUT Avevo diciotto anni, nel 1988. Dovevo ancora iniziare gli studi all’università ed ero innamorato di una ragazza, Adile, che avevo incontrato sull’isola Heybeliada – Halki il nome greco. È un’isola vicino a Istanbul, che iniziò a essere abitata dai greci e da minoranze etniche. L’Impero Ottomano la usava, come l’Impero Russo con la Siberia, per isolare coloro che dovevano essere “puniti”… ma, l’isola è come un paradiso! L’architettura odierna riflette la diversità dei popoli che l’hanno occupata. Comunque, oggi Adile è una mia cara amica e abita negli Stati Uniti, dove si occupa di meditazione. Allora, giovanissima, viveva sull’isola con la sua famiglia, che s’interessava alla letteratura, in particolare alla poesia. Quando la andavo a trovare, nella sua casa, mi fermavo a leggere alcuni tra i loro libri di poesia. Suo padre seguiva la famosa rivista letteraria, da noi leggendaria, Varlık / Existence. E ho iniziato, giorno per giorno, a scoprire i poeti turchi, mentre iniziavo ad annotare i miei primi versi.
Chi consideravi “maestro” tra i grandi poeti turchi del Novecento?
In quel periodo mi interessavo, in particolare, alla poesia di Nazim Hikmet Ran, Özdemir Asaf e Can Yücel. Negli anni dell’università il capitalismo era ancora forte a causa dell’influenza americana, pensiero successivamente demolito dal comunismo. Io ero interessato ai temi del socialismo e al movimento socialdemocratico di cui la poesia di Nazim Hikmet Ran si faceva espressione con un linguaggio semplice e potente, a differenza della poesia di Özdemir Asaf, più cerebrale, che rifletteva nella lingua il gioco della mente, e di Can Yücel, poeta della strada che integrava l’uso dello slang nel linguaggio più elevato.
Pubblicare un’opera, che sia letteraria o musicale, è un atto di condivisione e ricerca di una comunicazione. Come nasce la pubblicazione del primo libro di poesia?
Fino all’età di trent’anni ho continuato a scrivere senza mai pubblicare… Ma, prim’ancora di collaborare con delle riviste professionali, ho pubblicato alcune poesie dei diversi fanzine del comune di Kadıköy, che fa parte della regione di Istanbul, la mia regione.
Qui a Kadıköy sono iniziati i miei primi contatti con i poeti. Era un centro molto importante della megalopoli Istanbul, dalla parte dell’Anatolia. Quando negli anni Novanta sono andato a Londra, avevo appena pubblicato alcune poesie presso un centro, Liman (Il porto), che si occupava di curare i libri dei giovani poeti, in particolar modo trattava poesia popolare, una poesia del quotidiano. Mi piacevano molto i libri che pubblicava, erano dei piccoli hand book, come quaderni di poesia. Leggendo le loro pubblicazioni e cercando di comprenderne il senso, decisi di parlare con il direttore di Liman, per proporre i miei primi scritti. Fu il mio primo libro. Avevo scritto queste poesie mentre studiavo all’università di Istanbul, per descrivere la vita nell’ambito dell’università stessa, comprendendo la dimensione politica, i problemi legati alla società, e un lirismo per quanto riguardava l’amore per la natura.
Qual è il titolo del libro pubblicato da Liman?
“Giden ve Kalan” (1999) , titolo che significa “partito e rimasto”.
In “Quattro animali / Nello spirito dei quattro animali che vagano nel nostro interno – Farfalla, Stella Marina, Elefante, Tartaruga” da Il fuoco dell’oblio, indaghi la vita a partire da un chiaro punto di vista nel tuo rapporto con la storia della gente.
Scrivi “(…) Da un capo all’altro, il mondo da solo… / M’invita a ruzzolare fuori e dentro / spianando l’impasto della mia anima / e cuocendolo tutto, pagnotta di pane / da spartire con gli altri / alla tavola della vita. / Ecco il piacere di essere vivo!”.
L’incontro con il mistero che ci abita è spesso suscitato dal dialogo con il prossimo, dal desiderio di comprendere il nostro cammino spirituale anche attraverso lo sguardo di chi, leggendo un nostro verso o ascoltando una musica, guardando un’opera d’arte o entrando in un’architettura, s’affaccia alla finestra dell’anima di chi presta la propria voce alla creazione di un sogno.
Che ruolo hanno avuto le storie di chi hai incontrato nella scrittura poetica?
Il fuoco dell’oblio è pubblicato?
Londra, dove sono andato dopo aver pubblicato i miei primi scritti, è una città che ha avuto un ruolo fondamentale nel mio percorso poetico. Mi interessai al gruppo “Poets of London”, al teatro e alla danza moderna. E l’insegnante di “Poets of London” ha avuto un ruolo significativo; ogni settimana eseguivamo esercizi intorno alla poesia in lingua inglese, su differenti temi, tra cui quello degli animali. “Quattro animali” nasce anche dall’esperienza londinese, la poesia inglese riserva sempre molta importanza agli animali, come la poesia turca d’altronde, anche se in quest’ultima l’animale non ne costituisce l’elemento principale, assumendo una presenza di tipo indiretta.
Sono stato a Londra due anni, prima di rientrare in Turchia. E al mio rientro ho iniziato a elaborare l’idea di scrivere intorno agli animali. Non ho mai avuto un animale domestico e il loro mondo mi incuriosiva. La storia che sostiene la nascita di “Tartaruga” è molto bella. A Istanbul incontravo spesso una cara amica, scrittrice conosciuta, e a me vicina come una sorella, Nalan. Talvolta mi piaceva organizzare una breve perfomance a sorpresa per gli amici; così feci per lei e in quell’occasione le regalai un bracciale con quattro animali, questi quattro animali: tartaruga, elefante, farfalla e stella marina. Le chiesi di scrivermi, per ogni animale, una breve frase perché io potessi elaborarla in una poesia.
“Quattro animali” raccoglie il mio pensiero intorno ai temi dello spirito, del mistero, della natura e dei sentimenti.
Ancora, nel ciclo “Quattro animali / Nello spirito dei quattro animali che vagano nel nostro interno – Farfalla, Stella Marina, Elefante, Tartaruga” – in “Elefante” tu scrivi “Lo stridio d’urlo in un vuoto / Appare affiancato all’eco degli smarriti, / e quello che ho dimenticato resta quieto, / mentre scende sopra di noi / nella striscia di un’ombra…”.
Che cos’è per te la “memoria” e che ruolo svolge nella tua ricerca ed espressione artistica? La memoria può essere storica, emotiva, spirituale…
Io abito nella poesia la memoria del passato e quella del futuro. D’altronde, ogni poeta vive con la memoria del passato e del futuro. Quando ho cominciato a scrivere – nei miei primi tre libri – la memoria del passato era più forte, dominante. Negli ultimi dieci anni, la memoria del futuro si fa sempre più importante, in particolare con il mio ultimo libro, “Lupoc”. La mia ricerca artistica indaga talvolta la memoria dell’infanzia, come strumento per esplorare di nuovo alcuni luoghi, come la mia isola, Heybeliada, dove crebbi in un contesto culturalmente e religiosamente stimolante per la compresenza di più identità.
C’è anche una memoria nel conosciuto, dove non sappiamo se questa memoria del passato sia stata realmente vissuta. Viviamo in una memoria. L’inconscio e il metafisico rappresentano una forma di memoria. Nell’approccio alla metafisica ci sono due elementi fondamentali, ancora, il passato e il futuro. Nel passato e nel futuro della mente inconscia possiamo viaggiare in due dimensioni, parti di uno stesso “fiume” – il subconscio e il conscio.
Viviamo memorie in cui possiamo rifletterci e che scegliamo se esprimerle attraverso la poesia. Ma, viviamo memorie del futuro, di ciò che verrà, che costituiscono una parte importantissima della poesia stessa, poiché la poesia è uno spazio in cui comunichi non ciò che hai vissuto, bensì il non vissuto. È uno spazio in cui manifestiamo gli invisibili aspetti dell’essere umano e dei sentimenti.
Il numero può essere elemento di connessione tra conscio e subconscio, nell’ambito di un rapporto tra esistenze. In “Diario di un surrealista”, scrivi “Dentro la stanza del vuoto Amore non ha spessore / come se tutto crescerà di numero appena sfioro il tuo cuore”.
Che funzione ha il “numero” nello scrivere, nell’ascoltare, nell’organizzare la parola?
È una bella domanda! Ciò che ti dicevo sulla memoria ha importanza nello spazio poetico. In “Diario di un surrealista” c’è una parte della memoria che è sentita come vissuta, sebbene non sia reale. I poeti hanno un intuito, un sentire, per cui possono vagare in ogni luogo e in ogni tempo, in ogni epoca. Il segreto del tempo ci indica che il passato e il futuro hanno una dimensione senza limite. In “Diario di un surrealista” io viaggio e incontro personaggi famosi, come Salvador Dalì o Gandhi. L’immaginazione del poeta fa parte della memoria e opera nel vuoto. È una poesia che ho amato molto. In “Dentro la stanza del vuoto Amore non ha spessore / come se tutto crescerà di numero appena sfioro il tuo cuore” narro dell’importanza dell’amore nello spazio poetico, in quello umano, nello spazio che abbiamo rivissuto. Nel cuore non s’incontra un limite nel perpetuare il movimento da noi e verso di noi.
Se come anime e spirito possiamo abitare in uno spazio senza tempo, il numero traduce il tempo che è nella vita terrena. Il numero può essere dunque per te il tempo?
Il numero si ritrova nel rispetto per la matematica nella lingua. L’aspetto matematico è presente nella poesia come nella vita, in un crescendo, come le parole d’altronde. In questo senso, ascoltiamo, scriviamo, organizziamo le parole – la parola – attraverso strutture connesse con il numero.
Quale impegno civile e artistico ti richiede essere membro di “P.E.N.” e in quale modo tale impegno s’intreccia alla scrittura poetica?
Ho incontrato i membri di P.E.N. (Poets, Essayists, Novelists) a un festival di poesia, a Istanbul nel 2008. Ero rientrato dalla Romania, dove avevo vissuto quattro anni. Mentre ero a Bucarest, e prima ancora a Londra, ero in contatto con gruppi di poeti. Il mio interesse nell’essere in stretto contatto con chi opera a livello internazionale mi ha fatto maturare l’idea di partecipare attivamente a un gruppo di carattere internazionale come P.E.N., probabilmente anche in seguito alla connessione politica che rappresentava per me. In Turchia ci sono pochissimi membri, nel campo poetico, che operano per P.E.N.; mi sono occupato per il Writers in Prison Committee (WiPC), progetto interno di P.E.N. International, confrontandomi con i problemi politici in Turchia attraverso l’incontro, qui in nel mio paese, con poeti, giornalisti e scrittori imprigionati. Sebbene la mia vita artistica si svolga in contesti differenti da quelli di P.E.N., poiché il centro di P.E.N. in Turchia non si occupa di molti eventi letterari, ho collaborato come membro onorario di P.E.N. Italia, presentando alcuni poeti e scrittori turchi qui in Italia – come Orhan Pamuk e Yaşar Kemal – e creando sinergie tra i due paesi, tra i due centri P.E.N. Turchia e P.E.N. Italia, tra poeti italiani, – come Sebastiano Grasso, Manrico Murzi e Milo De Angelis – e la Turchia.
Quale legame e quale dialogo distinguono il tuo rapporto con i poeti italiani – tra questi Manrico Murzi, Milo De Angelis, Sebastiano Grasso e Franco Loi?
Ho vissuto quasi due anni a Milano, tra il 2010 e il 2020, ogni volta trattenendomi per sei o sette mesi mesi: la mia prima esperienza a Milano è stata distinta dall’aiuto della mia insegnante di italiano, grazie a cui ho scoperto l’Ufficio (Studio) Del Coviello, il luogo e punto di incontro per i poeti e artisti contemporanei italiani, dove ho conosciuto e fatto amicizia con Antonella Doria, Milo De Angelis e Michelangelo Coviello, e dove abbiamo discusso sulle poesie italiane contemporanee e classiche. Ogni volta che sono ritornato a Milano, l’amicizia con questi poeti si è arricchita, condividendo le cose in comune e collaborando sulla poesia e sull’arte di tradurre. Negli stessi anni ho anche conosciuto Sebastiano Grasso, il presidente del P.E.N. İtalia-Milano. Siccome facevo parte del P.E.N. Turchia, abbiamo collaborato, io e il Signor Grasso, diventando buoni amici. Successivamente ho collaborato con P.E.N. İtalia scrivendo articoli su P.E.N. Turchia e Yaşar Kemal, oppure sulla scrittura democratica, realizzando interviste con scrittori turchi come Orhan Pamuk e Burhan Sönmez. Più avanti son diventato membro del P.E.N. İtalia.
Nello stesso tempo ho incontrato il poeta giramondo Manrico Murzi, con cui ho costruito una grande amicizia; Murzi ha una grande personalità e nel condividere temi ed eventi della letteratura e della vita – Murzi è una leggenda vivente della letteratura mondiale e italiana – ho imparato molto da lui, di Ungaretti, Yourcenar, Pasolini, Eliot, Pound, Elitis, Mahfuz e altri poeti. È stato lui a farmi conoscere il grande poeta italiano Franco Loi, che con Manrico Murzi visitai alcune volte presso la sua casa di Milano, discutendo di letteratura italiana, spesso di Ada Merini.
Ho pubblicato le mie poesie nelle riviste italiane come “İl Segnale” e “Traduzionetradizione” (della poetessa Claudia Azzola), oltre che su P.E.N. İtalia.
Ho anche conosciuto te! Delilah Gutman, con l’aiuto di Manrico Murzi. Sei una grande musicista e poetessa. Sono molto felice che tutti voi siate ora i miei amici del cuore.
Risultato di questi incontri è la mia attività costante nel tradurre poesie italiane classiche e contemporanee, tra cui quelle di Ungaretti, Milo De Angelis, Giancarlo Majorino, Franco Loi, Manrico Murzi, il libro “Tu, in agguato sotto le palpebre” di Sebastiano Grasso e, recentemente, un’antologia di poesia turca-italiana.
E con la traduzione di “Tu, in agguato sotto le palpebre” di Sebastiano Grasso, hai vinto il Premio Traduzione del Ministero alla Cultura Italiano. Ma, vorrei esplorare ancora il tuo impegno civile attraverso la scrittura. Nel partecipare al Writers in Prison Committee (WiPC), hai portato fuori dalla Turchia una testimonianza dei letterati imprigionati?
Sì. Promuovo la libertà di pensiero e cerco di far conoscere attraverso le loro storie la difficoltà presente in Turchia. Ho collaborato anche con P.E.N. Austria e P.E.N. Norvegia; di quest’ultimo centro molto importante per me è stata l’amicizia con Eugene Shoulgin, scrittore norvegese per l’appunto. Il legame con Ilhan Sami Çomak, attivista, mi ha aiutato molto nel viaggio intrapreso per il Writers in Prison Committee (WiPC). Stiamo organizzando all’estero una campagna per il poeta e scrittore turco-curdo Ilhan Sami Çomak, coinvolgendo il Poetry Society di Londra e alcuni giornali inglesi. Ho dedicato diverse performance a Ilhan Sami Çomak, adoperando elementi e materiali tratti dalle sue poesie.
Da “Quattro animali / Nello spirito dei quattro animali che vagano nel nostro interno” in “Il fuoco dell’oblio”.
Traduzione di Manrico Murzi
ELEFANTE
Attraversando con l’aiuto di un vento…
Quella pesantezza aspetta immobile
e il mio corpo s’intorpidisce
proprio come quello di un elefante.
Vorrei poterti parlare del peso sul mio dorso:
il re indiano, la santità,
carovane, sete, ori…
Con tutta la magnificenza del mondo
percorro quella strada.
Per te ha l’aria di una leggenda?
O è invece raggiungere l’Oriente, quello antico?
Lava nascosta in un vulcano,
destino di fuoco, traboccante da un mare
come da un fiume?
Invisibile alla sua eterna sorgente, quell’universo
per il suo spirito e per il suo corpo
indaga in ogni luogo su cosa è Dio?
Rivelazioni su questa terra insanguinata
celate in quel sigillo d’anima:
è l’umano disumano?
Lo stridio d’urlo in un vuoto…
Appare affiancato all’eco degli smarriti,
e quello che ho dimenticato resta quieto,
mentre scende sopra di noi
nella striscia di un’ombra…
Nato in un gregge e morente da solo…
Ecco la nostra fine!
Il terreno che abbiamo calpestato con passi pesanti
si sente in pena per quel che rivela.
Ad ogni modo questo è l’ineluttabile,
scritto su
tempo lontano, immemore, giorni passati e futuri,
volto per noi sempre nuovo…
(fine della prima parte)
Immagine di copertina
Memorie di carta, foto di Maria Carla Cuccu
*
Erkut Tokman, poeta, editore, traduttore, artista visivo e performer, è membro della The Poetry Society, Exlied Writers Ink. del Regno Unito, Turchia e Italia P.E.N. Centers e lavora per Writers in Prison Committee. È stato l’editore della famosa rivista di poesie “Yasakmeyve” di Istanbul e anche presidente dell’Accademia interculturale di poesia e traduzione in Turchia. Ha pubblicato cinque libri di poesie e cinque libri di traduzione di poesie (traduzioni dall’italiano, dal rumeno e dall’inglese). Il suo ultimo libro di poesie “Lupoc” ha suscitato discussioni nella scena poetica turca, più di 20 articoli e interviste sono state realizzate su quest’opera. È il fondatore del movimento poetico Açik Şiir (poesia aperta) basato sulla performance.
Si è esibito al Poetry Café-Londra (con la performance: “L’alfabeto della libertà” per İlhan Sami Çomak), Venice Borders Art Festival (con “L’Anatomia della libertà” e “Non sei arrivato ancora alla casa?” per İlhan Sami Çomak ), Izmir-Bi Nevi Sahne (con “Il paradosso della poesia turca tra burnout e morte”) LitVest-2022-Romania (con “Signor Cosmos”). Ha intervistato Orhan Pamuk, Adonis, Alice Notley, Joyce Carol Oates, Asli Erdogan, Milo De Angelis, Burhan Sönmez ed altri grandi tra scrittori e poeti.
Le sue opere sono pubblicate su importanti riviste letterarie internazionali come World Literature Today (USA), Italian P.E.N. Review, The Poetry Review (Regno Unito) – con le sue opere d’arte visiva e digitale – ed è stato accettato come uno degli artisti dell’espressionismo archetipico. È il destinatario del Premio di Poesia Salvador Quasimodo Jaci, Messina Città d’Arte e del Premio Traduzione del Ministero della Cultura Italiano (con il libro di Sebastiano Grasso “Tu, in agguato sotto la palpebre”). Ha tradotto i poeti italiani classici e moderni, pubblicando le traduzioni in riviste letterarie turche – Giuseppe Ungaretti, Alda Merini, Milo De Angelis, Giancarlo Majorino, Gabriella Sica, Domenico Brancale, Manrico Murzi, Franco Loi, Sebastiano Grasso, Antonella Doria e altri.
Ha tenuto seminari di poesia e traduzione preso l’Università di Boğaziçi e Mersin.
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Delilah Gutman è compositrice, interprete e poetessa. Di origine Italo-Americana, con radici polacche e partenopee, è nata a Madrid e vive a Rimini.
È attualmente docente di Composizione al Conservatorio “Stanislao Giacomantonio” di Cosenza e nel nuovo anno accademico proseguirà l’insegnamento della stessa disciplina presso il Conservatorio “Gioachino Rossini” di Pesaro.
Intrapreso il percorso di studi musicali, si è diplomata in pianoforte, composizione e musica elettronica al Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Milano. Ha studiato composizione con Bruno Zanolini, Niccolò Castiglioni e Alessandro Solbiati, musica elettronica con Riccardo Sinigaglia, e pianoforte con Lidia Baldecchi Arcuri. Ha conseguito la laurea in Discipline Musicali-Composizione Teatrale, presso il Conservatorio “Gioachino Rossini” di Pesaro, relatore Filippo Maria Caramazza, con la presentazione della sua opera “Jeanne and Dedò” composta sul libretto di Manrico Murzi, e con la dissertazione sulla sua teoria musicale Pericronismo – Perichronism, Music Theory.
Si è laureata all’Università di Urbino “Carlo Bo” nel Master di I livello “DSA (Disturbi Specifici di Ap-prendimento), BES (Bisogni Educativi Speciali) e Disturbi dello Sviluppo. Psicopedagogia, Didattica, Comunicazione” con la tesi “La voce umana, ascolto e espressione. Uno strumento di diagnosi e inclusione sociale per la famiglia, gli educatori e gli insegnanti” e presso la stessa Università si è laureata nel Master di II livello “Mediazione dei Conflitti” con la tesi “La voce immaginativa: strumento di formazione e azione terapeutica nella mediazione dei conflitti”, percorso in cui si sta perfezionando con il Prof. Franco Nanetti a Pesaro presso AIPAC.
Compositrice, conta prime assolute in Italia ed all’estero, oltre a trasmissioni radio, e diverse incisioni discografiche, tra cui le produzioni con Stradivarius. Ha pubblicato per Ut Orpheus e Sinfonica, dal 2016 con Curci. È socia di SIMC.
Anche come interprete – pianista e cantante – svolge l’attività concertistica in Italia e all’estero, come solista e in formazioni cameristiche, esplorando nel contesto del suo personale progetto di ricerca musicale MAP – musica, arte e poesia – la frontiera tra arte, musica e repertorio etnico, in relazione al linguaggio della musica d’arte in Occidente. Al momento, si è esibita in Italia, Repubblica Ceca, Israele, Messico, Francia, U.S.A., India, Svizzera. Per il suo costante impegno nel dialogo interculturale è stata insignita nel 2012 “Ambasciatrice dell’amicizia Israele-Italia” in occasione di un suo concerto in Israele.
Poetessa, ha pubblicato con Raffaelli Editore i libri di poesie “Alfabeto d’amore”, con la prefazione di Manrico Murzi e la postfazione di Lucrezia De Domizio Durini, e “Alfabeto degli opposti”, con la prefazione di Manrico Murzi, presentati al Mar di Ravenna, presso PaRDes a Mirano-Venezia nell’ambito di “Umani e Disumani”, alla Fondazione Monte Verità a Locarno, al Festival “Tra due sponde” di Alghero in “Abecedario poetico”con Carmen Yanez, al “Festival delle identità 2022/Madre Mediterraneo” di Trapani, alla rassegna letteraria “Storie itineranti” a Santarcangelo di Romagna. Di prossima pubblicazione con lo stesso editore è una raccolta di poesie in collaborazione con il poeta turco Erkut Tokman, con cui fa parte del Movimento poetico “Poesia aperta”.
È autrice delle Singing Sculpture #1 “Il seme genera la parola” – installazione permanente presso il Museo J.Beuys di Bolognano, nella Piantagione Paradise – e Singing Scuplture #2 “L’amore genera la terra”, installazione permanente presso la Fondazione Verità di Locarno.
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