Ángela García «Il proprio e l’altrui»
versioni di Stefano Strazzabosco
L’orecchio dell’albero
L’oscurità fa la guardia al giorno
suggerisce il segreto
Come una bocca lancia un grido
o sostiene un accordo profondo
Perfetta curva delle labbra
ammorbidite da brine di luce
Se le dita l’accarezzano sentono
confessioni d’altre labbra
cercando nell’ombra
l’orecchio migliore
e per quanto il vento lo faccia suonare
non tradisce il silenzio
El oído del árbol
La oscuridad custodia al día
sugiere el secreto
Como una boca arroja un grito
o sostiene un acorde profundo
Perfecta curva de labios
suavizados por la escarcha de luz
Si los dedos la acarician percibirán
lo por otros labios confiado
buscando en la sombra
el mejor oído
Primavera
Il corpo è qui nell’
ora mattutina del concerto degli uccelli.
Tutto basta, perché tutto sgorga,
le punte degli alberi grandi
e piccoli stanno germogliando.
Ciò che è stato minuziosamente sigillato si riapre,
si addensa in illuminazione.
Nel silenzio mortale iniziano a gorgheggiare
le tonalità verdi.
Mi concentro sul vibrare
del corpo in un curva della sua
spirale mentre esce dell’inverno.
Primavera
El cuerpo está aquí en la
hora matutina del concierto de aves.
Todo basta, porque todo brota,
las puntas de los árboles grandes
y chicos están brotando.
Lo minuciosamente sellado se despliega,
se tensa en alumbramiento.
En el silencio mortal empiezan a gorjear
las tonalidades verdes.
Pongo mi atención en la vibración
del cuerpo en una curva de su propia
espiral saliendo del invierno.
Studi
Sembra una testa perché ha i capelli
ma ha una macchia sul naso.
Sembra una figura umana,
ma gonfia da farsi nebulosa.
Con un orlo a forma di piede
e uno spasmo serrato in un pugno.
Seduta, il suo tratto più umano
sono le scarpe perfettamente lustre.
Questo buco profondo contornato di denti
sembra una faccia.
Questo grido violaceo è uno struzzo col gozzo,
una gobba vestita con un frac.
Sembra che respiri, sembra che cerchi, sembra che apra la porta.
Ma è un nodo, un’arcata di nausea, una larva.
La sua ombra si spande lentamente come una pozza,
come un’emorragia, come un inchiostro rovesciato.
Estudios
Parece una cabeza porque tiene cabellos
pero hay un borrón en la nariz.
Parece una figura humana,
pero tan abullonada que se volvió nebulosa.
Con una orla en forma de pie
y un espasmo cerrado en puño.
Sentada, su aspecto más humano
son los zapatos perfectamente lustrados.
Este hoyo profundo bordeado de dientes
parece una cara.
Este grito violáceo es un avestruz con paperas,
una giba vestida de frac.
Parece respirar, parece buscar, parece abrir la puerta.
Pero es un nudo, una arcada de náusea, una larva.
Su sombra se riega despacio como un charco,
como un derrame, como tinta volcada.
Cerca disperata il sogno del primo mattino, ma davanti agli occhi chiusi si abbozza una rete di ragno, intatta trama di seta che brilla contro il vano scuro di una porta sconosciuta.
Il ragno se n’è andato, forse aspetta nell’ombra.
Lì, in quella geometria, la rotta di un viaggio per il labirinto.
È la pista il vuoto che si estende… l’indefinibile?
È la seta, la lucentezza che invita, ciò che aderisce?
È una trappola la solidità che brilla nell’indeterminata luce dello sguardo che sono… l’insetto?
Busca con desesperación el sueño en la madrugada, pero ante los ojos cerrados se prefigura una red de araña, intacta trama de seda brillando contra el vano oscuro de una puerta desconocida.
La araña se ha marchado, o quizás aguarda en la sombra.
Ahí, en esa geometría, la singladura de un viaje por el laberinto.
Es la pista el vacío que se extiende… lo indefinible?
Es la seda, el brillo que invita, lo adherente?
Es trampa lo solido que resplandece ante la indeterminada luz de la mirada que soy… el insecto?
Il proprio e l’altrui
L’idioma mi rimbalza.
La lingua vuole pensarmi.
Non ho parole dialettali per il vuoto.
Il dizionario in mano come un portachiavi, come un diario,
come una matita, come un cibo, come un cappotto.
La vita mi avvolge come il giorno.
Di qua e di là m’accompagnano e m’assediano
l’intimo e il forestiero.
Lo propio y lo ajeno
El idioma me rebota.
La lengua quiere pensarme.
No tengo la palabra vernácula para vacío.
El diccionario a la mano como un llavero, como un diario,
como un lapicero, como comida, como abrigo.
La vida me envuelve como el día.
Allá y acá me acompañan y me asedian
el íntimo y el forastero.
Indizio
Tenendo le mani sul pavimento,
è la testa che livella il corpo.
È lei che soffoca l’esalazione d’aria
nel momento in cui lui si sistema,
abbassa le ciglia, il corpo vede
con l’ansia dei suoi bordi.
Lei fa un movimento deciso
e si spoglia di storia.
Lui comprende
e affonda nel nerume.
Non avevo mai visto quel monte
però sì il minuscolo pomo rosa.
La visione dev’essere scarna
come di sassi sotto l’acqua.
L’odore non dev’essere gentile
come di muschio e terra.
Capiscono che dare e ricevere
non sono due parole.
Le lingue degustano l’enigma.
Asomo
Teniendo las manos sobre el piso,
la cabeza es quien nivela el cuerpo.
Ella sofoca la exhalación de aire
en el momento en que él se ajusta,
baja los párpados, el cuerpo ve
con el ansia de sus bordes.
Ella hace un movimiento decidido
y se despoja de historia.
Él comprende
y se hunde en la negrura.
Nunca había visto ese monte
pero sí el diminuto pomo rosa.
La visión debe ser descarnada
como de piedras bajo el agua.
El olor no debe ser cortés
como de musgo y tierra.
Entienden que dar y recibir
no son dos palabras.
Las lenguas degustan el enigma.
Dei poteri
Il musicista si consola,
si custodisce nell’arte.
Le intemperie non arrivano fin lì.
Quando abbraccia la sua chitarra,
lei lo accorda.
De los poderes
El músico se arropa,
se guarda en su arte.
La intemperie no lo alcanza.
Cuando se abraza a su guitarra,
ella lo acorda.
Ángela García (Medellín, Colombia, 1957) è stata co-fondatrice del Festival Internacional de Poesía di Medellín. Ha girato il documentario “Tres preguntas y un poema” sulla poesia svedese, dirige “El día mundial de la poesía” di Malmö, dove vive, ed è membro del Centro degli Scrittori della Svezia meridionale.
Tra i suoi libri di poesia, ricordiamo: Entre leño y llama (1993); Rostro de Agua (1997); Farallón Constelado / Sternige Klippe (ediz. bilingue spagnolo/tedesco, 2003); De la fugacidad / Om flyktigheten (ediz. bilingue spanolo/svedese, 2005); Todo lo que amo nace continuamente (2010); Retablos del movimiento (2013); Apuntes para el ejecutante (2014).
Come traduttrice ha curato vari volumi, tra i quali: M. William-Olsson, En stad utan murar (2012); L. Söderberg, Lo Inconstante (2013).
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Evento a Vicenza con Ángela García
Domani, venerdì 27 settembre, alle 18.30, Ángela García leggerà le sue poesie a Vicenza, presso lo Spazio Porto Burci (Contrà dei Burci, 27 – tel. 0444.1232052)
L’ingresso è libero.
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