
CHIARA Per l’ascoltatore curioso e alle prime armi che vuole poter citare di ogni autore due-tre opere che lo identifichino agli occhi degli altri come esperto ascoltatore, Mario Castelnuovo-Tedesco è innanzitutto il compositore del Capriccio Diabolico e del Concerto in re maggiore op. 99 per chitarra. Questi sono i primi brani che gli offre YouTube, e non bisogna fargliene una colpa visto che il compositore fiorentino è stato della chitarra il paladino novecentesco – galeotto Andrés Segovia – e all’interno del repertorio le sue composizioni costituiscono un banco di prova irrinunciabile per i virtuosi chitarristi. A dispetto di questa immagine mainstream, nella produzione e nell’affetto di Castelnuovo-Tedesco le liriche per voce e pianoforte occupano un posto d’elezione. La formazione umanistica – testimoniata dalla traduzione in musica di opere letterarie, su tutte Platero y Yo del premio Nobel Juan Ramón Jiménez, e di opere pittoriche, come Los caprichos di Francisco Goya – fa di Mario Castelnuovo-Tedesco un compositore narratore più che descrittivo, capace di narrare componendo. Questo carattere “romanzesco” – capacità mimetica che cattura e fa immedesimare il lettore-ascoltatore – della sua scrittura è apprezzabile ascoltando il nuovo CD pubblicato dall’etichetta Dynamic. Ne abbiamo parlato con la pianista e cembalista Simonetta Heger, docente al Conservatorio di musica G. Verdi di Milano, e con Diana Castelnuovo-Tedesco, nipote del compositore.

Prima di parlare del CD, quando è nato il suo interesse per la musica di Mario Castelnuovo-Tedesco? Quali sono stati i brani che ha studiato e suonato?
« Ho iniziato a frequentare la musica di Mario Castelnuovo-Tedesco molti anni fa. Il primo pezzo che ho studiato è stato la Fantasia per chitarra e pianoforte op. 145, poi con il mezzosoprano Ersilia Lopez Colonna ho eseguito, accanto alle liriche di Aldo Finzi, le Three sephardic songs – che avevo ascoltato nella versione per arpa – e quella che credo sia la lirica più nota di Castelnuovo-Tedesco, L’Infinito, mentre nel 1988 al Ridotto del Teatro alla Scala, in occasione del concerto dedicato ai musicisti ebrei italiani perseguitati, ho suonato i Tre corali su melodie ebraiche. Per molto tempo, poi, non ho più studiato altre musiche di Castelnuovo, ho ricominciato eseguendo la Sonata per clarinetto e pianoforte, il primo libro degli Heine Lieder e, con Elizabeth Hertzberg, una scelta dei Shakespeare Sonnets op. 125. Quest’ultimi saranno protagonisti dei prossimi concerti, insieme a Chant Hébraïque: Vocalise, l’Aria di Naomi e l’Aria di Ruth dalla versione per canto e pianoforte della Cantata Naomi and Ruth ».

Mario Castelnuovo-Tedesco, Aldo Finzi: quali altri compositori e compositrici, perseguitati dalla campagna d’odio messa in moto dal fascismo e dal nazismo, ha studiato e suonato?
« Finzi e Castelnuovo-Tedesco sono gli autori che ho approfondito maggiormente, ma oltre a pezzi del già citato Fernando Liuzzi, che è stato di recente ricordato anche da Sandro Cappelletto in una puntata di “Momus. Il caffè dell’Opera” su Rai Radio 3, ho studiato e suonato pezzi di molti autori perseguitati: gli italiani Alberto Gentili, Leone Sinigaglia, Vittorio Rieti, Renzo Massarani, Guido Alberto Fano; e poi ovviamente Hans Kraša, Viktor Ullmann, le compositrici Ilse Weber e Ilse Fromm, e – last but not least – Kurt Sonnenfeld. E altri ancora ».
Il titolo del nuovo CD è “Stories, Sonnets and Serenades”: come e quando è arrivata l’idea per questo progetto discografico?
« L’idea per questo disco c’è stata suggerita da Diana Castelnuovo-Tedesco, dopo l’ascolto di una nostra prova del primo libro degli Heine Lieder per un concerto. In quell’occasione ci ha raccontato che esistevano altri due libri e che nessuno li aveva mai registrati. Quindi l’impostazione iniziale del progetto discografico era focalizzata proprio sulla prima registrazione integrale di tutti e tre i libri sulle poesie di Heine, ai quali abbiamo scelto di accostare The stories of Joseph, pubblicate da Curci nel 2017, che non solo sono dedicate alla memoria di Thomas Mann, ma si ispirano direttamente al romanzo dello scrittore tedesco Joseph und seine Brüder. Abbiamo poi aggiunto altre liriche mai registrate, questa volta con testo di poeti inglesi, infatti, il titolo che avevamo pensato inizialmente per il CD era “HeineLieder and other Stories”. A proposito della registrazione, vorrei ringraziare qui il nostro direttore artistico, il maestro Roberto Guglielmo, al quale dobbiamo tantissimo, e che per una svista non è stato citato nel libretto del disco, cosa di cui siamo molto dispiaciute ».
La voce è quella del soprano Elizabeth Hertzberg: quando avete iniziato a collaborare e come avete affrontato il lavoro legato a questo album?
« Elizabeth e io abbiamo iniziato a lavorare insieme nel 2017 per un concerto di musiche di Aldo Finzi alla Carnegie Hall, messe in contatto proprio da uno dei nipoti del compositore. Ci siamo trovate così bene che non abbiamo più smesso. Il lavoro per questo album è stata la naturale continuazione di un rapporto musicale ormai consolidato ».
Tra i brani registrati c’è anche una raccolta di pezzi per pianoforte solo, The Stories of Joseph: come dialogano con il resto del programma che è rivolto soprattutto a liriche per voce solista?
« Anche nei miei dischi precedenti dedicati ad Aldo Finzi ho inserito pezzi pianistici insieme a quelli cameristici o vocali, perché il focus fosse non tanto sull’interprete, quanto sul compositore e su brani di raro ascolto. Anche in questo caso sono tutte prime registrazioni assolute, legate all’assidua frequentazione di Castelnuovo-Tedesco con la letteratura tedesca e inglese; inoltre, è stato un modo per accostare i due mondi e le due vite del compositore: le liriche sono tutte degli anni Venti, The stories of Joseph, invece, appartengono al periodo americano, sono del 1955 »

Anche i Drei Heine Lieder op. 60 n. 2 hanno una vicenda editoriale articolata: solo il brano numero tre, Die Drei Könige, è stato pubblicato da Forlivesi nel 1933, mentre di Der goldene Stern esiste anche una versione orchestrale, giusto?
« Si tratta dello stesso brano. Nel 1933 Castelnuovo-Tedesco pubblica con Forlivesi il terzo lied con il titolo Die Drei Könige. Il titolo originale, tuttavia, è Der goldene Stern che è poi quello della poesia di Heine e che ritroviamo scritto sul manoscritto originale della lirica e così lo abbiamo mantenuto nel CD. Il compositore ne ha tratto successivamente, nel 1939, una versione orchestrale, anch’essa inedita, che porta il titolo originario. Tuttavia, ci è ignoto il perché abbia pubblicato solo questa terza lirica del ciclo e con un titolo diverso ».
La registrazione include un brano inedito, La canzone di Usigliano: ci racconta qualcosa di questa scelta e della storia di questo pezzo mai pubblicato da Castelnuovo-Tedesco?
« La scelta della Canzone di Usigliano ha alle spalle, per me, una storia familiare: una mia zia era, infatti, nipote di Fernando Liuzzi, compositore e musicologo, cognato di Castelnuovo-Tedesco. Quando preparai il concerto del 1988, che comprendeva anche opere di Liuzzi, le chiesi qualche notizia e lei mi scrisse un breve ricordo delle sue vacanze nella villa di Usigliano di Lari, di proprietà della famiglia Forti (Clara e Paola Forti erano le mogli dei due compositori) e frequentata da molti artisti, tra cui un giovanissimo Nino Rota. In questo scritto, mia zia citava il ritornello della canzone di Castelnuovo-Tedesco su testo di Liuzzi: “a Usigliano sotto le stelle”. Incuriosita, appena ho conosciuto Diana Castelnuovo-Tedesco le ho chiesto di questa lirica e lei con la sua consueta generosità me ne ha fatto immediatamente avere una copia. Castelnuovo-Tedesco teneva davvero molto a questo brano: quando partì per gli Stati Uniti non lo portò con sé e, come annota in calce al manoscritto, lo riscrisse a memoria anni dopo. Dalle note sui manoscritti e dall’autobiografia di MCT si sa che anche gli Heine Lieder sono stati composti a Usigliano, quindi inserire la Canzone nel disco era doveroso, oltre che molto significativo anche da un punto di vista personale »

A proposito di storie familiari, Diana Castelnuovo-Tedesco ci ha affidato il ritratto affettuoso di un Mario Castelnuovo-Tedesco privato:
Quale ricordo ha di suo nonno?
« Ero solo una ragazzina quando mio nonno era ancora in vita, ma lo ricordo bene. Era sempre molto felice quando noi nipotini andavamo a trovarlo a casa sua a Beverly Hills, ma non era il tipo di nonno a cui piaceva leggere le fiabe ai bambini. Mentre noi giocavamo in giardino, lui di solito rimaneva nel suo studio in cui sbrigava le sue cose: componeva, leggeva, scriveva lettere agli amici lontani. Purtroppo, non ho mai avuto l’occasione di parlare con lui delle cose che gli stavano più a cuore: la musica, la cultura, nemmeno della sua fuga dall’Italia. Per fortuna ci ha lasciato molti scritti, che mi hanno aiutata a conoscerlo meglio più tardi ».
Lei si occupa del catalogo completo delle opere di Mario Castelnuovo-Tedesco: quali sono le musiche oggi più eseguite? C’è, in questo, una differenza tra gli USA e l’Italia?
« Sia negli Stati Uniti che in Italia i suoi brani più eseguiti e conosciuti sono quelli per chitarra, come il Capriccio Diabolico, il Concerto in Re per chitarra e orchestra e il Quintetto per chitarra e archi. Negli anni recenti, però, la situazione sta cambiando, soprattutto grazie a nuove registrazioni interessanti che aiutano sia il pubblico che i musicisti a riscoprire opere poco eseguite. Si ascolta sempre più spesso la sua musica per pianoforte, la musica da camera e persino quella orchestrale. Per esempio, a gennaio 2025 l’Orchestra Filarmonica di New York ha eseguito l’Ouverture al Mercante di Venezia, un brano scritto nel 1933 che non veniva più eseguito a New York dal 1941 ».
Il CD “Stories, Sonnets and Serenades” ci offre il ritratto di un compositore colto e lettore appassionato: quali erano gli interessi di Castelnuovo-Tedesco oltre la musica? C’è un’opera, un libro a cui teneva particolarmente?
« Come dimostra questo CD, mio nonno ha coltivato per tutta la vita una grande passione per la letteratura, e in particolare per la poesia, in diverse lingue: italiano, tedesco, francese, spagnolo. Dichiarava che Shakespeare fosse il suo autore preferito e raccontava di aver imparato l’inglese proprio grazie allo studio approfondito delle opere del Bardo. Ricordo che le case dei nonni, sia a Beverly Hills che a Firenze, erano sempre piene di libri. Oltre alla letteratura, mio nonno amava moltissimo le arti visive. Era amico di tanti artisti della sua epoca, tra cui Giovanni Colacicchi, Francesco De Cocco e Primo Conti ».
Nel 1939, dopo la promulgazione delle leggi razziali, Castelnuovo-Tedesco si trasferisce con la famiglia in America. Questo nuovo CD affianca ad alcune liriche composte negli anni ’20 in Italia un brano “americano” (The stories of Joseph): come dialogavano questi due mondi nella vita di tutti i giorni del compositore?
« Gli anni trascorsi in America hanno avuto un effetto profondo su mio nonno. Nuove esperienze gli hanno insegnato molto e hanno ampliato la sua visione del mondo. Tuttavia, ha sempre provato molta nostalgia per l’Italia e per il mondo della sua gioventù. « Una nuvola tra due continenti » è stata la descrizione della propria condizione negli ultimi decenni di vita: né completamente italiano né completamente americano. Fin da giovane, la sua musica è rimasta abbastanza coerente, ma nel periodo americano si è evoluta nel senso che ha cercato sempre di concentrarsi sull’essenza del pensiero musicale, evitando una scrittura eccessiva ».
Chiara Evola studentessa all’Università degli Studi di Palermo
Immagine di copertina Mario Castelnuovo-Tedesco, ritratto fotografico del 1932. Courtesy Diana Castelnuovo-Tedesco.
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