“Spazi restituiti. Tobia Scarpa. Progetti recenti per la collettività” è la nuova mostra della Fondazione Benetton Studi Ricerche dedicata all’opera recente dell’architetto Tobia Scarpa. Inaugurata il 13 dicembre a Ca’ Scarpa, lo spazio espositivo progettato da Tobia Scarpa a Treviso, è visitabile fino a domenica 23 febbraio 2025.
Nella mostra vengono presentati, attraverso schizzi, disegni, fotografie e testi, cinque progetti recenti di Tobia Scarpa: le Gallerie dell’Accademia di Venezia (2005-2013; 2015-2018), la chiesa di San Teonisto (2017), le Gallerie delle Prigioni (2018) e Ca’ Scarpa (2020), queste ultime tutte opere realizzate a Treviso. In mostra c’è anche il Centro Culturale di Treviglio (Bergamo), qui presentato pubblicamente per la prima volta, ora in fase di cantiere.
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La scelta dei curatori, J.K. Mauro Pierconti, Mauro Piantelli e Ilaria Cavallari, è stata coraggiosa: come selezionare solo 5 opere tra la vasta produzione dell’architetto? La risposta è nel sottotitolo della mostra: Progetti recenti per la collettività. C’è quindi un aspetto cronologico nella scelta dei progetti esposti e un’affinità tipologica di opere, che riguardano sempre riqualificazioni di edifici storici riconsegnati all’uso collettivo dopo un restauro sapiente. Da edifici in parte dismessi, o comunque sottoutilizzati, a spazi museali, sale da concerto, biblioteche. Spazi della città, indicatori della qualità urbana delle nostre città. Luoghi di socialità, d’incontro e di scambio, di grande valore storico che spesso, se non re-inventati da un progetto consapevole, finiscono ai margini della nostra esperienza urbana.
Un progetto di restauro è di per sé sufficiente a riportare questi edifici extra-ordinari nella centralità della città contemporanea? Forse no! Il solo restauro materico allenta certamente il processo di degrado, ma l’unica efficace pratica di conservazione è di fatto il riuso di questi edifici. Un uso che sia coerente con lo spazio che l’accoglie, dove contenuto e contenitore dialogano correttamente, a volte anche in modo sorprendente e inaspettato. Il riuso è un elemento imprescindibile del progetto, ne determina il valore, la qualità dell’esperienza di abitare quegli spazi.
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Il riuso è l’invenzione del progetto
Ecco, l’invenzione (dal latino inventio -onis “atto del trovare”) è proprio quella capacità di trovare qualcosa che ancora non c’è, non esiste, o comunque non esiste in quella condizione. Per me, che ho la fortuna di frequentarlo da quasi trent’anni, Tobia Scarpa riesce a tenere assieme due elementi fondamentali: la maestria nella pratica del restauro e l’innata capacità d’invenzione. La sua maestria è anche conoscenza consapevole dei processi (produttivi e artigianali), infinita sensibilità storica e visione poetica, una sapienza antica dettata da studio e pratica. Mi è capitato spesso di frequentare, discutere e collaborare con “archistar” (termine osceno, utilizzato volgarmente per indicare architetti socialmente riconosciuti, indipendentemente dalla qualità delle opere da loro realizzate): mai ho incontrato un progettista così profondamente contemporaneo come Tobia. Certo, come suo padre Carlo è “un greco arrivato a Venezia passando per Bisanzio”, ma quel viaggio, per Tobia, non è mai giunto a destinazione, è sempre in divenire. Si autoalimenta continuamente di esperienze e d’intuizioni, è un viaggio magico.
L’altro aspetto ricorrente dei progetti di Tobia è appunto l’invenzione, l’atto del trovare. L’occhio attento può trovare l’invenzione disseminata in ogni opera: i suoi progetti nascondono una serie d’invenzioni stupefacenti. Ogni “nodo” è potenzialmente il luogo prediletto della sua capacità d’invenzione: il passaggio da un materiale all’altro, da una forma all’altra, da una sollecitazione all’altra, è sempre l’occasione per innovare il vocabolario del suo fare architettura.
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L’opera di Tobia Scarpa non è facilmente definibile: non solo perché nella sua lunga carriera si è occupato di design come di architettura e di restauro, ma anche perché tutta la sua opera è allo stesso momento anticipatoria – contemporanea – classica. Questa definizione può essere letta sia come linea consequenziale, ovvero nel senso che tutti i suoi progetti, nati in anticipo rispetto al proprio tempo, sono stati assorbiti nella contemporaneità fino a diventare “classici”, sia, come viene proposto in questa mostra, quale opera-progetto che vive un “tempo proprio”, che trascende questioni meramente “linguistiche”. I progetti di Tobia Scarpa non hanno alcuna necessità di essere ascritti a correnti architettoniche, non rispondono a correnti codificate e rigide perché, come dice lui stesso, “il mio mestiere, quello dell’architetto, ha come matrice e linea di condotta la logica determinata dalle mie scelte arbitrarie del bello. Saper costruire è un debito nei confronti della tecnica. Saper dare un significato alle cose che costruisco è un debito nei confronti della logica richiesta dalle forme. Questa è forma del pensiero e deve essere cristallina”.
Questa sua affermazione è di fatto un manifesto: la ricerca della forma è una conseguenza della conoscenza tecnica e del corretto significato delle cose che il progetto indaga; questa ricerca non può che essere autoriale, soggettiva. L’atto poetico è una visione che, per natura, non può appartenere a una scuola o ad una corrente linguistica.
Tutta l’architettura di Tobia Scarpa, tutta la sua opera, perché anche i suoi “oggetti” sono sempre opere architettoniche, può essere considerata come “architettura artigianale”, dove la testa e la mano sono sempre legate in un’unica azione. È un’architettura fatta di sapere, di maestria, di consapevolezza, di sfida. D’invenzione e di magia.
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L’opera di Tobia Scarpa, nelle sue forme e nelle sue scale, mette sempre al centro il rispetto per il luogo che l’accoglie: si “accorda” con ciò che già è e fa in modo che la nuova vibrazione si porti dentro anche la vicenda dello spazio preesistente. Il progetto accetta tutto, il passato glorioso come le storie minori, apparentemente insignificanti o addirittura volgari. La ricchezza è nel saper vedere, e quindi manipolare, il lascito con il quale le vicende passate hanno conformato lo spazio del progetto, proprio perché “il mio mestiere, quello dell’architetto, ha come matrice e linea di condotta la logica determinata dalle mie scelte arbitrarie del bello”.
In questa mostra allestita a Ca’ Scarpa sono esposti alcuni progetti recenti non ancora sufficientemente indagati: Le Gallerie dell’Accademia, San Teonisto, Galleria delle Prigioni, Ca’ Scarpa, Centro Culturale di Treviglio. Spazi museali-espositivi, o comunque spazi da restituire alla collettività, dove il progetto s’innesta su una preesistenza molto forte e riconoscibile. Progetti apparentemente simili o comunque vicini, dove l’azione di Tobia Scarpa è sempre rivelatrice di unicità: ogni progetto è sorprendente, come lo è una cosa giusta, educata, per usare un termine caro a Tobia, che si svela nel suo dare significato a un luogo.
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Sono esposti anche molti disegni di Tobia, gli schizzi e gli appunti dove il suo pensiero si materializza. Per usare le parole di Louis Kahn, l’importanza del disegno sta nell’intenzione: se rivela un’intenzione ha valore, e più ne comprendiamo l’intenzione, più sarà prezioso. Nei disegni di Tobia c’è tutto: il dettaglio e lo spazio d’insieme. Nei suoi disegni c’è l’architettura, lo spazio già si legge. Come un musicista che scrive musica e poi non legge lo spartito ma sente la musica, così nei disegni di Tobia c’è già l’architettura: i suoi disegni non si guardano, si percorrono.
In questi bellissimi schizzi c’è la magia dell’invenzione certo, ma c’è anche l’indicazione precisa per l’artigiano che dovrà realizzare quell’elemento del progetto. Tutto ha già una sua misura, una sua collocazione all’interno del tutto.
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Come curatori abbiamo ritenuto necessario realizzare per questa mostra un’apposita indagine fotografica. Abbiamo chiesto a Michele Nastasi, fotografo di architettura con cui da anni collaboro, di abitare questi luoghi progettati da Tobia e di provare a restituirci una nuova lettura di questi spazi. Ad eccezione delle Gallerie dell’Accademia, Michele non aveva mai visitato queste opere; il suo è stato una sorta di “viaggio primigenio”. Sorprendente è stata quindi questa relazione tra noi tre curatori, che da anni abitiamo nel mondo di Tobia, e Michele che entrava per la prima volta. La selezione delle fotografie da mettere in mostra è stata complicata proprio perché quelle immagini parlavano a ognuno di noi in modo diverso, che poi è la reazione che proviamo di fronte, o meglio dentro, le opere di Tobia.
Quella allestita a Ca’ Scarpa è una vera mostra di Architettura: schizzi, disegni, fotografie e un video con stralci di sue interviste ci accompagnano all’interno della pratica di Tobia Scarpa, del suo fare architettura. Lui è di certo un maestro, senza volerlo e senza la necessità, e neppure la voglia, di avere una scuola.
Grazie Tobia.
Mauro Piantelli, architetto
Immagine di copertina
San Teonisto, Treviso. Auditorium e sala espositiva. 2014-2017
Crediti fotografici
Michele Nastasi, Render De8_Architetti
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