Sia come per te il coltello / Gerusalemme
di Alessandro de Lisi
“E se tu fossi qui, adesso, ti abbraccerei con tutte le mie forze fino a spezzarci entrambi
nell’impeto di quel che provo per te”...
Chi non sogna di leggere una volta nella vita una frase così?
E scriverla poi, un’ispirazione di eternità.
David Grossman la infila nel tessuto del capolavoro “Che tu sia per me il coltello”, romanzo di un popolo, ormai di una ventina di anni fa seppure eterno.
Questo è il sestante per navigare nella città di Gerusalemme, per me che ogni volta che torno a casa, sento tutte le contraddizioni che solo Jerushaleim non può risolvere e te le ributta addosso: città di spirito, un terzo, d’amore, un terzo, di vite contromano, un terzo.
Tutto qui, in Israele, è una sfida, col mento all’insù, mani sui fianchi, scarpe nella sabbia e sguardo verso il futuro. Tutto è sfida e contraddizioni, errori, contorsioni politiche indispensabili per un Paese che serve a tutelare un Popolo, che indica nel romanzo della Nazione, scritto nella sabbia, una soluzione semplice ma così dolorosa, per interessi e pigrizia culturale: due popoli e due Stati.
La pace è il sogno più forte che abbiamo il dovere di sognare tutti insieme, un sogno ad occhi aperti.
E in questo sogno vegliato, ho voluto tornare al mio muro, quel Muro del Pianto, il Kotel, ultima millenaria parete del secondo tempio di Gerusalemme.
Questo è un Superluogo perché se appoggi la fronte alla pietra, senza mai dare le spalle, trovi D-o più vicino, e il dubbio imperioso, come agire contro tutti gli altri muri che separano ancora popoli e Paesi in Europa.
E scrivo a te, solo a te che sai come gli accadimenti ci uniscono, che tutto ci indica di ritrovarci, di andare insieme laddove ancora non siamo potuti stare, sia l’amore per te un coltello, capace di tagliare con un solo colpo, le erbacce della paura dalle tue radici. Serve lo spirito intelligente per trovare il futuro, serve Fede per andarci a piedi.
Fotoreportage a cura di Alessandro de Lisi
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