DELILAH “Un buon compositore non imita: ruba!” Le parole di Stravinsky evocano in modo provocatorio il tracciato che, a partire dall’imitazione di un’idea o di una tecnica compositiva un compositore intraprende per abitare nella scrittura un percorso autentico.
Di Enrico Francioni non possiamo certamente affermare che abbia rubato, ma neppure imitato: il suo cammino compositivo – da autodidatta, sebbene qualche lezione impartita dall’allora Maestro di teoria e solfeggio, Gilberto Cima – è stato segnato dal costante pensiero e dalla trasmissione dell’opera di Fernando Grillo, compositore e uno dei maggiori interpreti italiani al contrabbasso.
Ho conosciuto Enrico un anno fa, in occasione della tavola rotonda organizzata al Conservatorio G.Rossini di Pesaro per l’evento “C’è del nuovo”. In quell’occasione presentò la pubblicazione edita nel 2023 da Auditorium, “Fernando Grillo. Il Buddha del contrabbasso” e restai incantata dal suono “orchestrale” del suo contrabbasso, interpretò “Soror mystica” di Fernando Grillo, che compare nel CD pubblicato insieme al libro.
In che modo Fernando Grillo ha segnato il tuo percorso musicale?
ENRICO “Musa ispiratrice”, o, tacito, mentore, Fernando permetteva durante, prima e dopo lunghissime lezioni (a Pesaro, Perugia, Pescara…), che potevano avere la durata anche di molte ore, di esplorare nelle escursioni tecnico-interpretative osservazioni e suggerimenti che sconfinavano sovente nell’analisi, alla scoperta dei criteri e delle strategie compositive in mezzo alle trame dell’opera che si stava trattando.
DELILAH Quando iniziò questo percorso di approfondimento dello spartito e della partitura?
ENRICO Fin dai primi anni di studio, al Conservatorio “G. Rossini” di Pesaro. Più tardi, nell’ambito di corsi estivi a Perugia, a Città di Castello, e ancora all’Accademia Pescarese e al GAMO di Firenze.
E ciò avveniva anche intorno a materiali didattici in apparenza aridi di spunti analitici e musicalmente scontati, come ad esempio il metodo del Billé! Ogni prospettiva in questa costante pratica di discente era gravida di conseguenze per ciò che sarebbe stato il mio percorso musicale.
DELILAH L’apprendimento compositivo non si limitava “solo” a questo, però. In che modo la curiosità è diventata strumento di conoscenza?
ENRICO La curiosità mi assillava e frequentavo quasi in maniera spasmodica biblioteche, librerie, negozi di musica e di dischi, ovviamente con i limiti di allora: siamo negli anni ’70, quindi in un mondo dove non c’era Internet, ma solo dischi in vinile, musicassette stereo. Oltre all’opportunità, di poter ascoltare tanta musica su RAI Radio Tre!
DELILAH Da quale album ricordi esser rimasto particolarmente colpito?
ENRICO La scoperta di “Fluvine”, un album di Grillo pubblicato da Cramps nel 1976: avvenne per caso alla fine degli anni Settanta in un negozio di dischi al centro di Pescara, il vinile era collocato nello stesso scaffale di un LP di Frances-Marie Uitti, “The second bow” sempre edito da Cramps. Tra l’altro, solo recentemente ho scoperto che per un periodo i due interpreti si esibivano insieme in concerto e che, sempre tra i due, ci fosse un certo feeling sentimentale.
DELILAH E quali partiture furono occasione di riflessione per nuovi orizzonti?
ENRICO “Etolie” per violoncello, “Ambre” e “Paperoles” per contrabbasso, tutti lavori editi dalla Suvini Zerboni. Alcune le trovai miracolosamente in un negozio di musica vicinissimo al Conservatorio “G.Rossini” di Pesaro!
Oltre a quelle furono pubblicate poche altre partiture: “Soror mystica” e la gigantesca “Suite I” per le edizioni Schott, ma anche “Klingen”, per EdiPan, oltre ad una versione per contrabbasso del brano “Ein Hauch von Unzeit” (Plainte sur la perte de la réflexion musicale) di Klaus Huber per le edizioni Breitkopf & Härtel, che tanto entusiasmava l’autore per la bella trascrizione realizzata da Grillo.
Sempre di Huber, un’altra partitura mi ha segnato in quel percorso strumental-compositivo da cui non potevo più sottrarmi, “Erinnere dich an G.” per contrabbasso e ensemble di 18 strumenti, scritto tra il 1976 e il 1977. Per questo pezzo in particolare, Klaus Huber, addirittura, aveva appositamente acquistato un contrabbasso per riuscire a comporre in maniera “laboratoriale”, più motivata e oculata possibile. Qui lo scambio tra autore ed interprete della prima esecuzione/registrazione era stato davvero serrato.
DELILAH Avevi la possibilità di visionare musiche inedite?
ENRICO Sì e ne posseggo diversi, come ad esempio “Lideison”, originale per flauto dolce in sol, del quale Fernando ne trascrisse una versione per flauto traverso in sol e contrabbasso. Quest’ultima era stata dedicata dallo stesso Grillo al Duo Sonitanis, con Andrea Bartelucci al flauto e il sottoscritto al contrabbasso, eravamo attivi soprattutto agli inizi degli anni Ottanta.
Oppure come lo storico “Itesi” per contrabbasso, “To ark” per un contrabbasso e tre contrabbassi registrati, oppure “Oeuvre X” per contrabbasso concertante e nove archi: sono brani che troviamo disponibili per lo studio e la consultazione anche presso note fondazioni, o a noleggio da editori per la performance.
E ancora, alcuni fogli sparsi relativi ad “Arc-en-ciel” scritto per ensemble di contrabbassi, bassi elettrici, tabla… e poche altre cose. Tra queste, una la ritengo importantissima e la conservo gelosamente: si tratta delle versioni precedenti, che sono almeno tre, della “Suite I”, quella ufficiale edita del 2005 (inizialmente titolata “Suite in re minore”), insieme a molte pagine di commento da me stilate su richiesta di Fernando, nelle quali gli do consigli o propongo soluzioni di ogni genere sul lavoro, come diteggiature e intavolature.
Sono stato il primo esecutore della “Suite” nella versione aggiornata, con tanto di World Premiere Recording in audio/video presso la Sala Brunelleschi di Firenze il 30 ottobre 1988.
DELILAH Una prima assoluta storica! E cosa puoi narrarci delle tue composizioni?
A parte i due primissimi lavori che sono la “Suite” (1980) per clavicembalo e “Flabrum” (1980) per flauto (li dedicai rispettivamente alla mia insegnante di teoria, solfeggio e dettato musicale Gabriella Scrocco e al flautista Andrea Bartelucci figlio della prima), “Impulsi” (1980) è il primo brano per contrabbasso, nel quale ricercavo lo spirito che anima “Ambre” di Fernando, come la lentezza, i suoni lunghi, l’uso degli armonici e dei pizzicati in una dimensione sospesa di completa staticità.
Il fortunato “Record’en flans” (1982) per flauto e contrabbasso, ripercorre la serie degli armonici della seconda corda del contrabbasso, ambito tanto caro a Grillo, che apprezzò questo mio lavoro tanto da consegnarmi una dedica autografa e consentirne numerose esecuzioni durante il Festival delle Nazioni di Città di Castello-PG nell’estate del lontano 1982.
DELILAH Seguono i “Cinque piccoli pezzi per giovani pianisti” (1982/2001), che hai dedicato a tuo figlio Emanuele e a tua moglie Carmen, e proprio in quei giorni lo metteva alla luce. E il pezzo “Contr’tast” per violino (1983) ispirato a “Widmung” di Bruno Maderna. Ma, è con la prima versione di “Cluster” (1983), o versione numero zero, per flauto e contrabbasso, che darai vita, Enrico, a successive stesure per altri strumenti, con e senza l’intervento dell’elettronica.
Con quale composizione senti emanciparsi dall’eredità di Grillo la tua immaginazione compositiva?
ENRICO “Ricercare” (1986, poi pubblicato da Edipan), eseguito alla Sala A della RAI di Roma e proprio dallo stesso Grillo, è caratterizzato da una scrittura frammentata ed episodica, che non sembra seguire un filo logico e consequenziale, ma che vuol fare il verso ancora una volta a “Paperoles”.
Ma, è con i tre pezzi “Trio” per viola, violoncello e contrabbasso (1988), “I segni del tempo” per contrabbasso e arpa (1990) premiato da Azio Corghi al Concorso Internazionale di Composizione “E. Carella, e i “Cinque piccoli pezzi” per chitarra (1991) che la ricerca sonora diventa propria.
DELILAH “Zauberspiegel” (1992) per contrabbasso solo, è ancora una volta ispirato dalle tecniche di Grillo, quali in particolare?
ENRICO Il brano contiene un certo controllo dell’aleatorietà, in cui esploro metto in pratica alcuni “assi nella manica” di Grillo, come l’oscillazione dell’arco sotto le corde all’altezza della tastiera, il rumore bianco ottenuto strisciando il crine su varie parti dello strumento ed altre tecniche, unitamente alla filosofia che domina ed anima il brano in cui alla base troviamo concetti come il pitagorismo, l’alchimia musicale, lo specchio degli armonici.
DELILAH Dal 1992 le cose cambiano. In che modo?
ENRICO La poetica che esploro è chiara e si sviluppa nell’ambito di tre filoni distinti tra le composizioni di musica da camera, orchestrale, musica elettronica, teatro musicale, il live electronics e l’elettronica con video: quello marcatamente “grilliano”; quello caratterizzato da un linguaggio ormai personale; infine, quello in cui continuo a “sfornare” versioni di “Cluster” che attualmente arrivano alla numero VI.
Al primo filone, ad esempio, appartiene “The answer to Guido”, cinque sketchs per clarinetto basso (2010) – lavoro dedicato a un fantastico interprete qual è Guido Arbonelli, e “For bi bi” per voce femminile sola (2013), un pezzo divertito e spassoso con una notevole carica di ironia, dedicato a Bruno Bettinelli, alla cui prima esecuzione milanese era presente la moglie, Silvia Bianchera Bettinelli! Anche Fernando amava, ogni tanto, produrre un pezzo plasmato e impregnato dello spirito della commedia dell’arte.
DELILAH E le tue composizioni si strutturano trattando lo strumento come voce e corpo di una drammaturgia teatrale, elemento che talvolta tu hai definito come traccia di “grillismo”, come traccia di un corredo “cromosomico”, testimone nella trasmissione orale che il Maestro passa: che cosa intendi?
ENRICO Fernando amava, ogni tanto, produrre un pezzo plasmato e impregnato dello spirito della commedia teatrale. Nel mio “Avant la renaissance” per contrabbasso (2020) ritrovo tracce di “grillismo”, un certo minimalismo strumentale che si sposa alla perfezione con le nuove tecniche e che ritroviamo filtrato anche per altre vie, come nel linguaggio strumentale di Stefano Scodanibbio, seguita da quella di Daniele Roccato.
Ancora, trovo altre tracce di “grillismo” in alcuni episodi del pezzo “After Mario’s Nocturne”, dieci brevi episodi per clarinetto, contrabbasso e pianoforte (2021), lavoro dedicato a Mario Perrucci, ma anche in tutta la prima parte di “Con la tazza un mezzo pazzo vuota il pozzo del palazzo” per chitarra (2023), composto in occasione del centenario della SIMC ed eseguito dal NED Ensemble alla Giornata della Musica Contemporanea Verona-Italia.
Anche lo spirito basato sull’alternativa e l’originalità ricercata “a tutti i costi” in “Cinque pezzi caotici per orchestra” (2011) per orchestra rientra nella sfera estetica di Fernando, per cui la nuova musica dovrebbe essere sempre innovativa, sempre originale.
DELILAH Niccolò Castiglioni, che ebbi modo di conoscere bene per aver studiato con lui negli ultimi anni della sua vita, suggeriva, al contrario, di non ricercare l’originalità, ma di lasciare che questa fosse una conseguenza di un’attitudine autentica del compositore verso il processo creativo e di scrittura. C’è un’analogia?
ENRICO Forse, nella denuncia di immobilismo e di una sorta di stanchezza creativa, nella routine compositiva delle (allora) nuove generazioni di compositori, producevano ciò che Grillo definiva “paccottaglia”. Egli sosteneva che, addirittura, prima di accingersi a scrivere un nuovo pezzo l’autore avrebbe dovuto dimenticare ciò che egli stesso aveva già composto…
DELILAH In quali lavori di teatro musicale ritroviamo, invece, rimandi alla strumentalità, alla tecnica e allo spirito di Grillo?
ENRICO Beh, senza dubbio nel cageiano “Ce que je ne sais pas” per contrabbasso, voce recitante e 19 e più strumentisti (1993), come in “Meditazioni” per un mandolinista attore (1994) ispirato all’inno di San Giovanni che Guido D’Arezzo utilizza per nominare le note della scala musicale (Ut, Re, Mi, Fa, Sol, La, SJ).
DELILAH E nella tua produzione elettroacustica?
ENRICO Nel brano acusmatico in quadrifonia con contrabbasso registrato “…Ed io sto al centro” (2007), ma anche nell’acusmatico “All in bass” (2017), in cui vengono impiegati solamente suoni di contrabbasso, e/o suoni ricavati in maniera insolita dagli accessori dello strumento.
Mentre in “Der letzte Flug” per contrabbasso e suoni di supporto (2018) la dedica a Grillo è esplicita e dichiarata in partitura, quindi conseguentemente le tecniche impiegate sono altamente declinate al suo modo di interpretare e concepire il suono.
Infine anche nel recente “Head in the clouds” (2023) per soprano, contrabbasso ed elettronica, l’idea della cloud come recipiente di suoni ricavati dalla serie armonica delle cinque corde del mio contrabbasso, ci congiunge al mondo della serialità, dello spettralismo e alla sfera del mondo naturale.
DELILAH Fernando Grillo ha mai condiviso con te un pensiero chiaro riguardo alla musica elettronica?
ENRICO Fin dagli anni dell’apprendimento iniziale del contrabbasso Fernando ha incoraggiato i propri allievi a frequentare il corso di Musica Elettronica dell’istituto – specifico che eravamo negli anni ’70 e Walter Branchi era allora titolare della cattedra di Musica Elettronica al Conservatorio “G.Rossini” di Pesaro. Ricordo bene che una volta fui chiamato insieme ad un altro allievo della classe di contrabbasso a collaborare per la registrazione su nastro della nota Fa, quarta corda, prima mezza posizione, che fosse la più lunga ed omogenea possibile: tra gli allievi di Musica Elettronica del dipartimento poi diventato lo spazio del LEMS, c’era anche Eugenio Giordani, che anni dopo avrebbe ricoperto la stessa cattedra, diventando il mio insegnante di Musica Elettronica – mi diplomai con la sua guida nel 2007.
Poi, durante un’estate della fine degli anni ’80 mi ritrovai al Teatro “Morlacchi” di Perugia insieme allo stesso Fernando ed al gruppo di allievi presenti ad un suo seminario, ad ascoltare l’ElectroVox ensemble che, con Marcello Federici al contrabbasso, eseguivano “Solo” [Nr.19] per uno strumento melodico e feedback di Karlheinz Stockhausen. Allestimento tutto rigorosamente analogico che si serviva di metri e metri di nastro, registratori, spie, sliders, e molto altro, con la collaborazione degli Assistenti, come previsto in partitura (al concerto assistenti d’eccezione come: Guido Baggiani, Walter Branchi, Luigi Ceccarelli, Eugenio Giordani e Michela Mollia).
Alla fine del concerto Fernando non si era dimostrato particolarmente entusiasta dell’esecuzione, per giunta metteva in guardia noi allievi dalle tentazioni elettroacustiche: fuochi di paglia, un inganno, così si espresse, ma non comprendevo il motivo di tali affermazioni, reduce invece dalle precedenti esperienze positive.
Malgrado ciò, in quegli anni Fernando era solito inserire nei suoi programmi da concerto almeno un brano per contrabbasso e, ad esempio, suoni di supporto (quindi elettronica); penso a lavori come “Chanson de geste”, per strumento musicale ed elettronica a 4 canali del 1973 di Harrison Birtwistle, brano tra l’altro proprio dedicato a Grillo.
DELILAH Dal 2005 seguiranno otto anni di silenzio tra te e lui. Perché?
ENRICO Il 2005 vide la pubblicazione della Suite I per contrabbasso (Schott Edition): per me questo risultato era stato come un punto fermo, un traguardo, dopo anni di duro lavoro intorno a questa gigantesca composizione. Parallelamente concludevo il corso di Musica Elettronica che mi stava aprendo altre prospettive; intravedevo in ciò come un’integrazione e un completamento del mio percorso strumentale e compositivo. E così nel mio DNA musicale nel quale stava avvenendo come una mutazione, un cambiamento, sullo sfondo vi si poteva comunque scorgere anche il lascito, il testamento culturale di Fernando che, a prescindere dalle vicende umane, o personali, costituiva per me una sorta di missione. Beh, questo compito direi che oggi come mai prima si stia concretizzando, e penso che mi accompagnerà ancora nel tempo.
DELILAH Dipingere il tuo pensiero creativo e interpretativo alla luce delle tracce “indelebili” del “Buddha del contrabbasso” è una restituzione alla memoria di Fernando Grillo che ritrae l’onestà intellettuale verso il Maestro e le arti nell’aver accolto di essere testimone di un’eredità poetica che dalla natura del suono stesso trae la forma e le strutture del linguaggio musicale.
“Dove le parole non arrivano… la musica parla” commenterebbe Beethoven il tuo omaggio alle radici che nel grillismo affondano forti e stabili come quelle di una quercia, dalle fronde rivolte a nuovi cieli.
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