In memoriam
delle numerose, appassionate discussioni
realizzate tra Bruxelles, Parigi, Zurigo…
Di nazionalità belga, Harry Halbreich (Berlino, 1931 – Bruxelles, 2016) è stato un’effige insolita e indipendente della musicologia europea del XX° secolo. Nato in Germania, è sempre stato attratto dalla sincerità, dalla singolarità e dall’eccezione artistica. Europeo ante litteram ha seguito, dopo l’esilio della seconda Guerra mondiale, i suoi primi corsi di musica a Ginevra con il compositore e direttore d’orchestra Joseph Lauber, per perfezionare poi una formazione musicale completa a Parigi, studiando tra l’altro nella classe di Arthur Honegger (1) presso l’École Normale de Musique e quella di Olivier Messiaen (2) presso il Conservatoire National Superieur de Musique et de Danse. Completata la formazione accademica, iniziò a scrivere su varie riviste come critico musicale, per essere nominato conseguentemente professore di Analisi presso il Conservatoire royale di Mons in Belgio, ruolo che ha occupato dal 1971 al 1996.
Un pozzo di scienza cosmopolita
Curioso di tutto ed erudito, Harry Halbreich, si è fatto conoscere con degli scritti attenti (libri, articoli, libretti, incontri, programmi radiofonici) concernenti principalmente gli stati e i molteplici incroci della musica moderna e contemporanea. Ma, allargando lo sguardo sulla sua vasta ricerca musicologica, ci si rende conto che è stato l’autore che ha pubbicato testi fondamentali su Charles-Valentin Alkan, Albéric Magnard, Albert Roussel, Claude Debussy, Bohuslav Martinù, Edgard Varèse, Olivier Messiaen e Arthur Honegger. A seguito dell’opera di quest’ultimo, divenne assistente del compositore Nicolas Bacri per completare l’orchestrazione dell’opera La Mort de Sainte Alméenne composta da Honegger per voce e piano durante la prima Guerra mondiale (1918) e la cui prima esecuzione avvenne soltanto il 26 novembre 2005 a Utrecht, in occasione del cinquantesimo anno dalla morte del compositore svizzero.
Le emissioni radiofoniche, molto regolari presso la radio svizzera e belga (RTBF), lo hanno reso un prolifico autore di programmi e di puntate come Mille ans de musique Tchèque , Le Sece di Paul Sacher o Le Tour d’Europe des gens de voyage ma certamente le numerose tournée internazionali per conferenze e convegni tra l’Europa, gli Stati Uniti, il Canada e Giappone hanno contribuito a far conoscere il suo pensiero musicale originale, vivo, a volte polemico, spesso controcorrente, delle versioni più accademiche o delle varie tendenze alla moda. A questo titolo, Harry Halbreich ha spesso difeso con determinazione e convinzione l’arte di Iannis Xenakis contro quella del suo rivale Pierre Boulez. Su questa scia si è, per esempio, fermamente schierato contro l’istituzione dell’IRCAM situato sul sagrato Beaubourg a Parigi. (3)
Esperto Direttore di festival
È anche vero che Harry Halbreich si è interessato con grande passione alla musica di Johann Sebastian Bach, Francisco Guerrero, Anton Bruckner, Jean Sibelius o Jan Dismas Zelenka…, tuttavia è stato soprattutto riconosciuto per il suo immenso lavoro di conoscenza e indagine sulla musica del nostro tempo. A questo riguardo ha dedicato un gran numero di saggi specifici sull’opera di Maurice Ohana, Giacinto Scelsi, Luigi Nono e György Ligeti. Ricco di idee e progetti, è stato il direttore artistico (molto apprezzato e riconosciuto) del Festival d’art conteporain de Royan dal 1973 al 1976, anni nei quali alcuni commentatori iniziarono a decretare che il decennio degli anni settanta inaugurava una sorta di ‘rinnovamento tonale’ (4) in seno ad una postmodernità nascente che si andava affermando.
Grazie a questo festival francese di ‘musica contemporanea’, Harry Halbreich ha fatto scoprire al fianco delle opere di Bernd Alois Zimmermann, Karlheinz Stockhausen, Bruno Maderna, Krzysztof Penderecki, György Ligeti, Franco Donatoni, Isang Yun o Sylvano Bussotti… tutta una pleiade di ‘giovani’ compositori che si sono poi imposti sulla scena internazionale come testimoniano le partiture eseguite in prima esecuzione assoluta di Wolfgang Rihm, Emmanuel Nunes, Hugues Dufourt, Tristan Murail, Horatiu Radulescu, Giuseppe Sinopoli, Philippe Manoury. Per la sua programmazione musicale inusuale e diversità sonora di carattere sperimentale, il Festival di Royan si caratterizzò per una sua specifica vitalità e in pochi anni acquisì una fama paragonabile ai festival di Donaueschingen e Venezia.
Una personalità fuori dal comune
Al di là della precisa descrizione dell’opera e del pensiero del ‘musicista teologico’, l’origine del suo libro su Olivier Messiaen (5) (pubblicato quando il compositore era ancora in vita, ricordiamolo), è fondata innanzitutto sulla difesa ‘dell’uomo’, poiché, secondo Halbreich, alla fine degli anni settanta, il maestro era ancora oggetto a volte «di valutazioni scorrette». Cosciente della mancanza di oggettività storiografica dovuta in parte alla particolare fenomenologia di tutta la storia recente, per Halbreich non era inutile, nonostante tutto, «puntualizzare certe cose in questo ambito (6)» come raccontava con la sua loquacità del tutto personale. Facendo un bilancio del proprio percorso professionale riconosceva comunque che: « L’insegnamento di Messiaen mi ha permesso fondamentalmente di divenire il musicologo e l’insegnante che sono diventato, e in questo non mi differenzio senza dubbio da tutti quei suoi allievi ai quali ha permesso di divenire pienamente loro stessi (7)».
Anche se con la penna – certamente un po’ astrusa – di Philippe-Jean Catinchi, il giornale parigino Le Monde così commentava il primo luglio 2016 la morte di Harry Halbreich avvenuta il 27 giugno: «Per tutto ciò che è contro e contro tutto ciò che è per », Harry Halbreich si definiva come un pessimista a breve termine, ma fondamentalmente ottimista più a lungo termine, forte della conoscenza e frequentazione diretta di centinaia di giovani compositori maturati troppo precocemente a suo dire, presto consumati e allineati al sistema, senza aver dato ancora i frutti, salvo eccezioni, che ci si poteva attendere da essi, e da ciò la certezza che la nostra epoca, pur così ricca di possibilità, è ancora più in pericolo per una dominante omologazione».
Così come sul suo blog Jean-Pierre Rousseau – direttore del festival di RadioFrance e Montpellier Occitanie –, ha voluto rendere omaggio a un personaggio «spesso brontolone, mai soddisfatto, ma sempre attento e soprattutto curioso, di una scoperta come di una riscoperta, con degli entusiasmi di un giovane per una tale partitura come per un compositore dimenticato ». (8)
Un discorso offensivo e visionario
Collocandosi con coraggio e senza ambiguità di fronte alla storia, Harry Halbreich ha scritto, nel 1979, che Olivier Messiaen «non è soltanto uno dei maggiori compositori di questo secolo, ma è anche il più grande professore di analisi e composizione che la musica ha conosciuto dopo Arnold Schoenberg(9)» e qualche anno più tardi, definì Iannis Xenakis «un lupo tra cani»: «Del lupo egli ha la nobiltà e l’orgoglio […], ma anche il carattere irrimediabilmente scontroso, risultato di una feroce sete di indipendenza, lasciando portare ai cani che lo hanno circondato per tutta la vita, il marchio infamante del collare (10) ». Il suo articolo si conclude dicendo che questo «genio prometeico e demiurgico» è stato «il più grande compositore vivente dopo la scomparsa di Olivier Messiaen, e uno dei più grandi del secolo che andava a chiudersi, uno di quelli che si contano sulle dita di una sola mano. Non conosco attualmente un titano pari alla sua misura (11)» concludeva con magniloquenza. Quanto ai suoi studi accorti sull’opera di Giacinto Scelsi – musicista e poeta che subì tra gli altri (12) gli attacchi di una corrosiva polemica ad opera di Vieri Tosatti (13) dopo la sua morte avvenuta nel 1988 – Harry Halbreich non ha mai esitato a dichiarare pubblicamente, quasi un annuncio di un nuovo paradigma musicale, che «un intero capitolo della storia della musica recente deve essere riscritta: la seconda metà di questo secolo non è più pensabile senza Scelsi (14)». Tanto impegnato e schierato, quanto filosofico, sempre metaforico e colorato, il suo discorso tecnico e poetico puntava dritto alla sua piena dimostrazione con un lavoro analitico, tecnicamente minuzioso, sulle partiture.
Che dire al presente degli artisti ancora viventi? Cercando di definire la musica e l’energia prodigiosa di Pascal Dusapin, Halbreich ha orientato la sua lettura carica di sensazioni verso quella potenza elementare e primordiale della manifestazione sonora innescata da Varèse , poi da Xenakis e infine, in relazione al jazz. In questo senso ha evocato «un’incredibile tensione dialettica molto stretta» nascente tra «la potenza molto fisica e sensuale dello sviluppo sonoro e la sua organizzazione formale e strutturale che ne doma la potenza e la rende utilizzabile (15)».
Inoltre, nel corso della presentazione di alcuni aspetti particolari della giovane musica europea dichiarò nel 2009: «Mi piace intuitivamente associare Mark André all’austerità bruciante dei grandi mistici castigliani, alla sensualità completamente sublimata, fino alla calcinazione. Ciò che ci offre di più prezioso e al tempo stesso di più segreto nel suo profondo mistero, è una musica dell’anima, ed è questo che, prima di tutto, mi tocca profondamente (16)».
All’inizio del XXI secolo, Harry Halbreich si è infine interessato agli interstizi porosi esistenti tra le cosiddette musiche ‘sapienti’ e le espressioni dette ‘volgari’. Egli ha anche trattato degli effetti della nuova ondata di saturazione sonora incarnati dalle composizioni di François Sahran, Raphael Cendo, Franck Bedrossian, Yann Robin Cédric Dambrain … da lui definita «brutalista»(18) (senza dubbio in riferimento alle composizioni rumoriste legate per certi aspetti a quelle di Helmut Lachenmann, Michael Levinas o Fausto Romitelli). Al centro di questa frangia furiosamente e curiosamente avanguardista, distinguendo la differenza tra musica ‘sentita’ e gesto ‘spontaneo’, in bilico tra la ‘rumorosità’ e il ‘musicale’, valorizzando ad esempio più la nozione di ‘violenza’ sonora che il concetto di ‘brutalità’ dovuta ai decibel, aveva la capacità di sollecitare comunque un criterio di apprezzamento e di giudizio convincente che sapeva sempre rendere condivisibile per ognuno di noi.
A mo’ di conclusione
Dagli interstizi della musica barocca a quelli dell’arte sonora d’avanguardia, Harry Halbreich ha dunque svolto un ruolo di decifratore e di rivelatore di talenti insospettabili, ignorando i piaceri e le certezze delle programmazioni istituzionali e delle convenzioni consolidate per meglio avvicinare – a volte in forma solitaria – i tormenti incerti della modernità in progress (cioè a dire ‘in divenire’, nel tempo reale, sotto le proprie orecchie). In queste circostanze del tutto palpitanti, egli abbandonò volentieri le certezze dogmatiche delle letture musicologiche dominati denigrando gli automatismi accademici come propositi intolleranti per privilegiare, quasi in una gara, le menti a volte istintive e dare risalto alle vere energie creative presenti nella musica del nostro tempo. Credendo fermamente nel celebre «salto coraggioso verso l’ignoto» (19), egli ha sempre sostenuto quegli autori che hanno osato sfidare e sconvolgere – ognuno con modalità uniche e proprie – i sicuri e consolidati lidi del paesaggio acustico accademico del proprio tempo.
Pierre Albert Castanet – Università di Rouen – Conservatoire National Supérieur de Musique et de Danse di Parigi
Traduzione di Nicola Cisternino
- Espressione di Harry Halbreich rilasciata al festival di Donaueschingen nel 2008.
- Harry Halbreich, Mark André : Une austérité brûlante, Estratti e Documenti, Bruxelles, festival Ars musica, 2009, p. 13.
- Harry Halbreich, Giacinto Scelsi : Aion, Pfhat, Konx-Om-Pax, libretto CD Accord 200402, 1988, p. 1.
- Vieri Tosatti, Giacinto Scelsi, c’est moi, Il Giornale della Musica, gennaio 1989. Da notare che cinque mesi dopo le dichiarazioni tosattiane nelle quali si afferma che Scelsi non sarebbe stato il compositore delle sue opere, Harry Halbreich scrisse una risposta indignata nelle stesse pagine dello stesso giornale specializzato (cf., Caso Scelsi : intervengono Halbreich e Clementi, Il Giornale della Musica, maggio 1989, p. 30).
- Harry Halbreich, « Iannis Xenakis : un loup parmi les chiens », op. cit., p. 131.
- Harry Halbreich, Olivier Messiaen, op. cit., p. 475.
- Harry Halbreich, Olivier Messiaen, op. cit., p. 11.
- Musicista e pedagogo che ha conosciuto e frequentato da studente tra il 1956 e 1958.
- Inaugurato nel 1978, l’IRCAM – Institut de Recherche Coordination Acoustique /Musique è stato diretto dalla sua creazione fino al 1992 da Pierre Boulez.
- Arthur Honegger che aveva fatto parte del celebre « Groupe des Six » assieme a Georges Auric, Louis Durey, Darius Milhaud, Francis Poulenc e Germaine Tailleferre.
- Olivier Messiaen che era stato membro del « Groupe Jeune France » in compagnia di Yves Baudrier, Jean-Yves Daniel Lesur e André Jolivet.
- Benoît Duteurtre, Requiem pour une avant-garde, Paris, Pocket, 2000, p. 101.
- Harry Halbreich, Olivier Messiaen, Paris, Fayard, 1980, p. 10.
- Passo riportato dal sito: http://www.francemusique.fr/actu-musicale/deces-du-musicologue-belge-harry-halbreich-passionne-de-musique-contemporaine-135401
- Harry Halbreich, « Iannis Xenakis : un loup parmi les chiens », Portrait(s) de Iannis Xenakis (a cura di F.-B. Mâche), Paris, Bibliothèque nationale de France, 2002, p. 123.
- A proposito del riconoscimento tardivo della musica di Scelsi dal mondo della musica contemporanea, Halbreich commentò: «L’ostilità di Boulez, per esempio, resta irriducibile. Conflitto generazionale su scelte estetiche fondamentali. Questa attitudine è in fondo del tutto normale perché si tratta (e questo, gli stessi suoi avversari non possono negarlo) di un innovatore, di un creatore totalmente originale che rimette in discussione i fondamenti stessi della composizione musicale»(Harry Halbreich, Giacinto SCELSI 1905-1988, Cd Universalis 8.0).
- Espressione di Halbreich citata in: Jean-Noël von der Weid, La Musique du XXème siècle, Paris, Hachette, 2005, p. 628.
- « Lo ammetto, soprattutto per quanto riguarda le prime due opere eseguite, trovando poca musica, anche nel senso più ampio e il più tollerante » riconobbe Harry Halbreich (Harry Halbreich, Cédric Dambrain : Une violence euphorique, Estratti e documenti, Bruxelles, festival Ars musica, 2009, p. 10).
- Espressione di Harry Halbreich riportata in: Harry Halbreich, Iannis Xenakis : musique de chambre pour cordes, piano, cordes et piano, libretto nel cofanetto discografico: Iannis Xenakis – Chamber Music (1955-1990), 2 dischi Montaigne n°782005, 1992, p. 9).
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