RIVISTA DI CULTURA MEDITERRANEA

La maschera della seduzione: “Don Giovanni”, regia di Arturo Cirillo, recensione a cura di Michelangelo Suma

“Meglio la conquista che l’amore”. È il motto che riassume il carattere di Don Juan Tenorio, nato dalla penna di Tirso De Molina e divenuto uno dei soggetti più trattati dalla letteratura mondiale. Dal 24 al 26 gennaio 2025 al Teatro Goldoni di Venezia è stato rappresentato lo spettacolo Don Giovanni di Arturo Cirillo, il quale ha lavorato sul dramma omonimo di Molière e sul libretto d’opera per Mozart di Lorenzo Da Ponte, creando una drammaturgia che prendesse elementi e caratteri da ambo i testi.

Don Giovanni, impersonato dallo stesso Cirillo, sul palco si dimostra fin da subito orgoglioso del numero di donne che è riuscito a far innamorare, vantandosi di essere un grande conquistatore alla pari di Alessandro Magno. Il numero non è un semplice dettaglio, poiché in un dialogo con il suo servo Sganarello il protagonista afferma di non temere Dio e di credere soltanto che 2+2 faccia 4, ritenendo implicitamente l’aritmetica l’unica vera religione da professare. Egli inganna le donne che incontra, che siano ricche o povere, proponendo loro il matrimonio, salvo poi abbandonarle in cerca di altri cuori da spezzare, come nel caso di Zerlina, promessa sposa di Masetto (Francesco Petruzzelli). Anche Donna Elvira (Giulia Trippetta) e Donna Anna (Irene Ciani) rimangono deluse dall’uomo: la prima a causa del suo abbandono improvviso, mentre la seconda per via dell’uccisione del padre ad opera di Tenorio.

Don Giovanni, da sinistra , Giulia Trippetta (Donna Elvira), Arturo Cirillo (Don Giovanni), Francesco Petruzzelli (Don Ottavio / Masetto). Teatro Goldoni di Venezia, foto di Tommaso Le Ponte

Don Giovanni continua per tutto lo spettacolo ad ignorare il Cielo e a mettere in dubbio l’esistenza di una provvidenza avversa a lui, respingendo ogni critica di immoralità da parte di Donna Elvira, di Sganarello (Giacomo Vigentini) e del suo stesso padre, figura presente solo in Molière, il quale ricorda al figlio che non si può essere gentiluomini soltanto per nome e per stirpe. Nemmeno le richieste di pentimento da parte della statua del Commendatore della città (Rosario Gigli), ucciso in duello dallo stesso Don Giovanni, sembrano far cambiare idea al libertino, il quale muore lacerato dagli spiriti infernali. 

Le musiche tratte dall’opera di Wolfgang Amadeus Mozart hanno reso più dinamica la presenza scenica e i movimenti degli attori, sia in momenti più seri, sia in quelli più comici, come nella danza di Sganarello. La scenografia neoclassica, composta da due statue, un balcone e una grossa scalinata, rende lo spettacolo più piacevole e stimolante per lo spettatore da un punto di vista sia visivo che estetico. La scelta di utilizzare come costumi vestiario del 17esimo secolo, come le gorgiere, e del 18esimo, come le parrucche e i tricorni, rimarca la scelta del regista di unire le due opere originali e le epoche dei due autori. L’abito del Don Giovanni, con mantello rosso, stivali neri, cappello e fioretto, è in linea con le rappresentazioni più tradizionali. 

Riguardo al testo, Cirillo ha raccontato in un’intervista il 25 gennaio scorso al Fondaco dei Tedeschi di Venezia: “Ho deciso di prendere parti drammaturgiche da Molière, sia perché il suo Don Giovanni viene proposto poco spesso a teatro, sia perché il testo francese in prosa, abbastanza faticoso da leggere, poteva completarsi meglio con i versi di Da Ponte, il cui libretto ha un valore letterario straordinario a prescindere dalla musica. Iniziai ad appassionarmi al Don Giovanni di Mozart da quando andai a vederlo per la prima volta al Teatro San Carlo di Napoli e ancora oggi continuo a studiarlo per cercare nuovi tratti”.

Don Giovanni, Teatro Goldoni di Venezia, foto di Tommaso Le Pera

Alla domanda riguardante il rapporto fra la sensualità del Don Giovanni e la musica di Mozart Cirillo risponde: “Non sono in realtà molto colpito da questo aspetto, poiché la seduzione è più una forma di egocentrismo, una malattia, un modo per riempire un senso di noia che accompagna la vita del Don Giovanni. La causa della ricerca di nuove donne da corteggiare è dovuta ad una mancanza di senso di vivere e ad un sostanziale nichilismo”.

Il significato è lampante: il fascino che il protagonista esercita sulle sue vittime è solo una maschera per riempire il suo vuoto interiore e la musica rappresenta questo velo momentaneo e ingannatore, che simboleggia la corsa immediata e sfrenata verso qualcosa che potrà ripetersi varie volte, ma che durerà sempre troppo poco. Le parole del regista hanno reso ancora più ricco il dibattito attorno alla figura di Don Juan Tenorio, il quale, per la sua complessità, sfuggirà sempre alle interpretazioni degli autori e degli studiosi.

Michelangelo Suma, studente del corso di Filosofia e Storia all’Università Ca’ Foascari di Veneza


Immagine di copertina
Don Giovanni, teatro Goldoni di Venezia, foto di Tommasi Le Pera

Autore