Una delle più profonde spaccature in Filosofia riguarda la questione estetica del bello, che divide coloro che tentano di trovare una definizione univoca da coloro i quali sostengono l’impossibilità di una concettualizzazione della bellezza. Il punto rilevante del problema non verte tanto sulla disputa filosofica appena descritta, quanto su come inserire la questione della bellezza nel più ampio contesto della realtà concreta e dell’attualità.
Il fondatore della Comunità di Bose Enzo Bianchi ha presentato una relazione sulla bellezza la sera del 9 luglio 2025 a Misano Adriatico in Piazza della Repubblica, in occasione della rassegna Filosofi Sotto le Stelle curata da Gustavo Cecchini, ex direttore della Biblioteca Comunale di Misano Adriatico. All’evento avrebbe dovuto presenziare l’8 luglio anche il noto filosofo e Professore Emerito dell’Università Ca’ Foscari di Venezia Umberto Galimberti, assente a causa di una improvvisa indisposizione. Bianchi poco prima dell’inizio della conferenza ha risposto ad alcune domande relative al tema della bellezza in un’intervista, sulla base dei suoi studi e delle sue esperienze.

SUMA Attraverso la lettura di alcuni suoi saggi e l’ascolto di suoi vecchi interventi, si nota spesso la citazione della concezione greca di καλὸς καὶ ἀγαθός, del bello come legato al buono e dell’estetica legata all’etica: questa visione funziona ancora per descrivere la bellezza o sfugge alla sua complessità?
«Credo che la questione sia sicuramente complessa, perché non è semplice mettere assieme bellezza e bontà. Poiché la bellezza è una forza creatrice che si impone, ormai questo criterio non vale più per l’arte, ma è soprattutto nella vita quotidiana degli individui che la bellezza è separata dalla bontà. Non sempre nel bello, dopo aver scavato a fondo, si riesce a trovare una profondità etica e questo vale sia per le relazioni umane, in cui questa separazione ha preso le sembianze di una malattia, sia per il rapporto fra noi e la natura. Mentre l’imperatore Adriano diceva in una sua celebre massima che si sentiva responsabile della bellezza del mondo, la gente al giorno d’oggi non lo è più neanche della propria».
Rimanendo sul rapporto uomo natura, l’ex Papa Francesco, che lei ha incontrato più volte, insisteva moltissimo sulla risoluzione del problema ecologico nel contesto del cambiamento climatico: secondo lei, se la bellezza ci chiama alla responsabilità, questo vale anche per il nostro ambiente?
«Assolutamente. Io prescrivo sempre un comandamento che mi è stato tramandato come un habitus fin da bambino, ovvero di lasciare la terra più bella rispetto a quando l’ho incontrata. Nelle mie esperienze passate, specialmente quando ero a Bose, ho sempre cercato di rendere migliore il luogo che mi era affidato e anche ora, quando coltivo il mio orticello, svolgo questa attività per trasformarlo in un ornamento e non soltanto per uno scopo produttivo. Oggi invece avanza sempre di più la bruttezza, il deserto, che coincide per giunta con la crudeltà e la violenza degli umani sui paesaggi naturali».
Lei in una conferenza del 2013 in Val d’Aosta, a cui aveva partecipato anche il Professor Stefano Zecchi, aveva parlato di educazione alla bellezza: esistono dei punti di partenza per poterla raggiungere?
«Secondo me sì. A guardare sono bravi tutti, ma saper vedere è la vera arte e vale sia per la natura, sia per i corpi umani. Anche qui si tratta di saper fare un discernimento fra due derive della bellezza: la prima porta ad accogliere il bello fino alla sua contemplazione, mentre la seconda ad una situazione di abuso e di possesso come accaduto a Sodoma, in cui i tre ragazzi ospitati da Lot sono così belli da portare gli abitanti della città a violarli e a consumarli, trasgredendo le leggi dell’ospitalità. La bellezza può essere in sintesi o quella che porta a Sodoma o quella diretta alla contemplazione e alla bontà».

Il Progresso industriale e tecnologico può aver in parte contribuito a danneggiare la bellezza?
«Il Progresso di per sé non è responsabile della situazione di degrado che in parte viviamo ancora oggi, ma siamo noi che dobbiamo assumerci le nostre responsabilità. Dobbiamo certamente essere in grado di affrontare i complessi cambiamenti storici, ma il Progresso come fenomeno dinamico non è negativo».
Molto spesso nel dibattito filosofico italiano si afferma che la Bellezza non abbia un fine o uno scopo: si trova d’accordo con questa visione o crede che il bello sia finalizzato a qualcosa?
«Io ritengo che la bellezza abbia uno scopo, quello della nostra vita. Cosa sarebbe senza la bellezza un dialogo fra amanti? Cosa sarebbero le pitture del Botticelli e il Cantico dei Cantici senza bellezza? Il bello è un evento gratuito, non nasce necessariamente da un progetto, è sia enigma che seduzione, ma anche una forza basata sul principio del tremendo, come Rilke diceva nelle Elegie Duinesi. Mi sono reso conto che la bellezza ha lo stesso scopo del vino, poiché non ti serve a sopravvivere, come il pane, ma cosa sarebbe una cena senza il vino?».
Durante l’incontro Enzo Bianchi ha individuato nella natura, nel corpo umano e nell’arte le tre fonti principali della bellezza, oltre ad aver in parte ripreso gli argomenti già trattati nell’intervista. Per Bianchi la Natura e i suoi fenomeni impressionano i nostri sensi sia nei momenti di quiete, sia in quelli in cui emergono i lati più distruttivi e devastanti, come terremoti e temporali, idea che sembra ricordare i dipinti dei pittori come Caspar David Friedrich rappresentanti il sublime.
L’essere umano tende, inoltre, a individuare la bellezza nella luce, come quando i monaci nel buio della sera accendono una fiamma per sentire una comunione universale nel tempo. Parlando dei corpi, Bianchi ha fatto cenno nuovamente all’episodio biblico di Sodoma, aggiungendo che l’attrazione corporea è ancora più seduttiva e distruttiva della bellezza della Natura.
Parlando di Arte l’analisi ha riguardato sia la funzione dei musei, unici luoghi destinati a preservare le opere, sia la perdita del senso del bello da parte della Chiesa, secondo Bianchi riscontrabile nelle nuove liturgie, nei nuovi canti, nelle nuove architetture e nei pellegrinaggi, che hanno perso il ruolo di cammino verso la custodia del creato. Rimanere ammaliati dal bello è una ferita in grado di distruggere la razionalità umana, ma al tempo stesso una perla preziosa di salvezza. La conferenza è terminata con un appello al pubblico, lo stesso pilastro che Enzo Bianchi aveva prescritto nell’intervista, ovvero di rendere questo mondo migliore rispetto a quando lo abbiamo conosciuto e di esserne responsabili.
Michelangelo Suma, studente del corso di Filosofia e Storia all’Università Ca’ Foscari di Venezia
Immagine di copertina: Festival Filosofi sotto le stelle. Enzo Bianchi e Gustavo Cecchini
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