Una nuova mostra viene ospitata nel periodo estivo presso la Collezione Peggy Guggenheim di Venezia. Una mostra dedicata, come spiega il curatore Luca Massimo Barbero, alla ricomposizione e il riemergere dell’immagine, dopo il superamento delle avanguardie e del monocromo. Il termine “imagine” dall’inglese “to imagine”, indica l’azione del formarsi dell’immagine mentale. Il ritorno all’immagine è infatti il fil rouge che tiene insieme la mostra, indagando un momento meno conosciuto dell’arte italiana, attraverso un’inedita lettura.
In quegli anni le sperimentazioni artistiche si susseguono e si contaminano tra loro con una velocità impressionante. In parallelo a quanto stava accadendo negli stessi anni a Milano, dove il movimento culturale era caratterizzato dalla presenza di Lucio Fontana e dagli artisti di Azimuth; a Roma si assiste alla nascita di una nuova immagine, identificata dallo schermo e dalla velatura.
La mostra si apre con una margherita infuocata di Kounellis, la scultura in ferro di una margherita il cui pistillo sputa vero fuoco.
La prima sala è dedicata alla ricerca nella schermatura della realtà, derivante dal clima artistico romano degli anni ’60, dove è inserito il quadro di Franco Angeli She-Wolf (La Lupa) del 1964, olio su tela velato da un sottile strato di voile, della collezione Daniela Solari Severi.
Pensando al ritorno all’immagine, sorge spontaneo il parallelismo con la Pop Art americana, ma a differenza di questa, che utilizza oggetti di consumazione di massa come la famosa scatola della Campbell’s soup di Andy Warhol, nel ritorno all’immagine italiano, troviamo riferimenti alla storia mitologica e alla storia dell’arte, come la grande odalisca di Ingres, riprodotta e rielaborata da Tano Festa, come fosse un prodotto culturale.
La tipologia di immagine che si sviluppa in quegli anni in Italia a differenza della Pop Art inglese o americana, parte dalla storia delle immagini, dando vita a una mitologia iconica. Qui La grande Odalisca di Tano Festa, tratto dal quadro di Ingres, sospesa nella sua atemporalità, diventa oggetto e residuo culturale. Schifano è una figura centrale di questo periodo e significativa è l’opera Corpo in moto e in equilibrio alla stregua delle sperimentazioni futuristiche di Giacomo Balla. La fotografia entra in quegli anni nella pittura creando un cortocircuito nel linguaggio. Lo vediamo nell’omaggio di Schifano al cinema in Un paesaggio dedicato a Jean Luc Godard, dimostrando come la creatività può trascendere qualsiasi mezzo mediatico. L’immagine, utilizzata come metafora concettuale, è un altro dei temi ricorrenti nella ricerca di questi anni.
Lo vediamo nei Plexiglas di Michelangelo Pistoletto su cui sono riprodotti elementi reali come una scatola o una spina della corrente elettrica, con un effetto di straniamento nella percezione dello spettatore.
La mostra si conclude ancora con un fiore, questa volta di Pistoletto, una rosa bruciata, portata a una dimensione mitica.
“IMAGINE. Nuove immagini nell’arte italiana 1960-1969”
Collezione Peggy Guggenheim
23 aprile – 19 settembre 2016
curata da Luca Massimo Barbero
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