Aura / Cronache dall’interno
di Silvia Regazzo
Ogni cosa che ci appartiene o ci è appartenuta ha una sua propria voce: solo noi ne conosciamo il colore, l’inflessione, l’intensità. Se ripensiamo agli oggetti che popolavano la nostra stanza quando eravamo ragazzi, potremmo risentirne il parlare: quelle parole suscitano in noi ricordi, rievocano sensazioni. La prima volta in cui ho varcato la soglia dell’appartamento di Sigmund Freud a Vienna, ho cominciato a sentire parlare gli oggetti che il mio sguardo incontrava. Nel suo studio sono stata investita da una vera e propria sinfonia di voci perché tutte le piccole e grandi statuine che popolavano la stanza hanno cominciato a raccontarmi la loro storia: quella che avevano condiviso con il padre della psicanalisi e quella precedente (quella di chi le aveva create, ritrovate o possedute prima di Freud stesso).
Il progetto Aura | Sul toccare le cose è parte di un programma più ampio intitolato Territori del Gesto, un’iniziativa ideata dallo stesso Sieni e che si estende lungo tutto il territorio nazionale per dare vita a una serie di interventi partecipativi profondamente connessi ai linguaggi del corpo e della danza. Aura è presentato così da Sieni: “Attraverso la manipolazione di ventitré oggetti d’affezione di Luigi Nono si costruiscono azioni coreografiche fondate sul gioco di risonanza tra corpo e aura, vicinanza e assenza. Partecipano cittadini e performer nella creazione di danze che nascono dal ricordo e dalla volontà di restituire il gesto alle cose del passato, pensando al corpo come un infinito, fonte inesauribile di memorie, spostamenti e dettagli figurali”.
Non appena ho letto la presentazione di questo progetto ho sentito forte il desiderio di partecipare e di ascoltare da vicino la voce degli oggetti del compositore veneziano: la voce di un piccolo rinoceronte, di una statuina colorata, di una maschera di legno, di un quadro, del suo bastone, della sua borsa degli spartiti, della sua riga, delle campane tibetane e di una dozzina di dischi.
Sono state sviluppate otto azioni coreografiche sulle note di Luigi Nono e Claudio Monteverdi in cui il gesto del toccare (inteso come azione capace di unire passato e presente) ha connesso gli oggetti agli spazi del secondo piano nobile del palazzo di Ca’ Corner della Regina, ma soprattutto ai corpi. È tocco, infatti, anche l’ascolto, che Sieni ha declinato in quattro modi: l’ascolto della musica di Nono nelle stanze e nel portico, l’ascolto dell’altro che in coppia con noi si muoveva nello spazio, l’ascolto del vuoto spazio in cui ci trovavamo e l’ascolto dell’oggetto che apparteneva al Maestro. Il nostro muoverci o il nostro sostare erano quindi il risultato dell’assorbimento nell’azione di quattro livelli di ascolto. È stata un’esperienza che mi ha riempita di presenza (nel tocco) e di assenza di me (percezione dell’aura dei miei compagni e delle cose). Per tornare a Freud, è stata un’esperienza che mi ha permesso di sentirmi presente e assente nello stesso tempo, immersa in un’attenzione fluttuante. Da un lato toccavo gli oggetti che erano appartenuti a Luigi Nono, dall’altra ero toccata da essi; da un lato ascoltavo il corpo di chi si muoveva con me, dall’altro era la musica di Nono, che mi apriva ad una più profonda dimensione d’ascolto, ad una più profonda percezione di me stessa.
La musica di Luigi Nono mi è sempre stata familiare: i suoni che da trent’anni sento quando passo per le Zattere, dove si affaccia la casa del compositore risuonano tacitamente nella sua musica, come i tonfi delle imbarcazioni, che si indovinano passare nelle mattine di nebbia lungo il canale della Giudecca. Nella musica di Nono l’ascolto è parte integrante della partitura: non c’è partitura senza ascolto. Per questo motivo nella Chiesa di San Lorenzo, per la prima del Prometeo, Renzo Piano aveva posto il pubblico in una struttura di legno: la musica risuonava nell’arca e di qui si trasmetteva ai corpi degli ascoltatori in un gioco di mutuo assorbimento. A sua volta il live electronics si fa partitura e la partitura si fa live electronics, dando voce ad una musica assolutamente nuova. La portata innovativa stava proprio nel fatto di richiedere un ascolto ‘attivo’, non più un assistere passivo. Sieni, dal canto suo, invita il pubblico a camminare da una stanza all’altra di Ca’ Corner e a muoversi dalle stanze al portico, facendo esperienza dello spazio musicale e di quello tattile.
Insieme a Nono, Sieni chiede al pubblico di entrare nella performance e chiede ai performers di non essere tali, di svuotarsi della responsabilità del gesto giusto e di cercare un gesto comune. La cittadinanza, l’ascoltatore si fanno parte attiva, si fanno attori: è l’ascolto a diventare arte, musica.
Insieme ai ballerini e ai compagni cittadini, da sabato 13 a venerdì 19 novembre, abbiamo provato a realizzare il ‘futuro’: un futuro che è apertura al presente e dunque non attaccamento, ma cambiamento. Nel gesto corporeo, così come viene inteso da Sieni, come nella musica di Nono, quello che si realizza è il frutto di un’operazione collettiva. Ho avuto la fortuna di partecipare alla realizzazione del Prometeo di Nono a Parma nel 2017: la moltiplicazione del suono generato dal coro, dai solisti vocali, dai gruppi orchestrali, dai solisti strumentali e amplificato dal live electronics di Alvise Vidolin (protagonista anche in questa occasione) ci immergeva in una dimensione infinita, che sembrava deformare, fino a farle scomparire, le pareti lignee del Teatro Farnese di Parma: più di una volta ho avuto l’impressione di trovarmi in un non luogo, dove Ouranos, Gaia, Okeanos non erano evocati dalla lettura dei passi esiodei, ma presenti. Così durante le azioni coreografiche a Ca’ Corner ho sperimentato nuovamente la sensazione di appartenenza ad una dimensione più grande di quella individuale: la voce di Nono rientrava in quella di Monteverdi, svelando le origini di uno sguardo, che ha trovato nel passato lo slancio per affrontare un nuovo modo di vivere il presente e disegnare il futuro.
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LO SPAZIO TATTILE DELL’ASCOLTO, IL “TEMPO
DELLA GENTILEZZA”
di Arianna Niero
Venerdì 19 novembre in occasione della quarta edizione del Festival Luigi Nono alla Giudecca presso gli spazi di Ca’ Corner della Regina, sede veneziana di Fondazione Prada, Virgilio Sieni ha presentato Aura | Sul toccare le cose, un ciclo di otto azioni coreografiche che si colloca all’interno di una progettualità più ampia, attualmente in corso, “Territori del Gesto”, una serie di interventi artistici partecipativi legata ai linguaggi del corpo e della danza, che coinvolge luoghi e persone sul territorio nazionale e che utilizza il gesto ispirato da oggetti o opere d’arte come strumento rivoluzionario di ascolto volto a ri-stabilire connessioni con e verso l’Altro.
«Praticare il gesto senza uno scopo produttivo ci permette di conoscere l’altro in una diversa completezza, facendo emergere emozioni e sensazioni nascoste, scoprendo le novità della vicinanza e aprendo varchi di conoscenza».
Manifesto 111, Manifesto politico poetico dei cittadini, L’arte del gesto | Costruire la città
Virgilio Sieni, danzatore, coreografo e artista italiano attivo in ambito internazionale per le massime istituzioni teatrali, musicali, fondazioni d’arte e musei, basa la propria poetica sullo spazio del corpo inteso come luogo di accoglienza del diverso, sviluppando un linguaggio gestuale di ascolto tattile, un viaggio di esplorazione multisensoriale verso nuovi spazi d’ascolto.
«Hearing is a way of touching at a distance» scriveva il celebre autore de Il Paesaggio Sonoro, Raymond Murray Schafer, l’ascolto coinvolge l’intera struttura del corpo umano, in fin dei conti già «nel buio primordiale dell’architettura intrauterina, prima di tutto ascoltiamo e, prima che con le orecchie, con il corpo, con le ossa, con la pelle» (Roberto Favaro), l’ascolto è fisiologicamente “multisensoriale” e limitarlo al solo apparato uditivo significa privarsi di una condizione di ricchezza naturale.
Aura | Sul toccare le cose, realizzato in collaborazione con la Fondazione Archivio Luigi Nono Onlus, utilizza proprio quella dimensione tattile dell’ascolto che si materializza nello spazio attraverso il gesto, l’aura è immateriale, ma si rende palpabile attraverso l’ascolto.
Le azioni coreografiche sono costruite su musiche di Luigi Nono e Claudio Monteverdi e sviluppano un dialogo gestuale con 23 oggetti d’affezione appartenenti a Luigi Nono, alcuni estremamente significativi come la riga che il compositore utilizzava per tracciare gli spartiti, la cui forma a croce latina è un inevitabile rimando a qualcosa di sacro; la maschera peruviana che racchiude il legame con il diverso, l’Altro da sé e il disco a contenere le affezioni musicali del maestro veneziano, da Stockhausen a Bussotti, da Mahler a Monteverdi.
L’azione coreografica inizia con i danzatori, professionisti e non professionisti, selezionati attraverso una call pubblica, che lentamente inondano le stanze del secondo piano nobile del palazzo settecentesco di Ca’ Corner della Regina, un corpo vibrante, un’architettura viva, dotata di un suo movimento antropologico, archeologico e fisiologico, simile alla struttura del corpo umano, il cui “respiro” rende percepibili le tracce del tempo.
Procedendo per stasimi lungo le ripide scale del palazzo, si accede all’ampio portego centrale, una maestosa colonna vertebrale che muove e unisce l’intera architettura, che funge da soglia-passaggio verso le altre stanze e allo stesso tempo è spazio sospeso, sosta, tempo per favorire l’incontro.
Nel silenzio delle sue pareti due coppie di danzatori attraversano longitudinalmente lo spazio, mentre gli altri performer osservano la danza sommessa alla stregua degli spettatori.
Il Lamento di Arianna fa vibrare il silenzio della stanza, frammenti musicali dirigono i danzatori a riunirsi nello spazio centrale secondo due file contrapposte, dove inizia un flusso di movimenti che si fanno riflesso dell’altro, isole sonore che salgono e ridiscendono tendendo l’una verso l’altra, sfiorando le proprie rive, cullate dal “respiro” del mare fino a inabissarsi nuovamente nel silenzio.
Su frammenti scelti dalle musiche di Luigi Nono alcuni degli interpreti si avviano ad abitare le sette stanze adiacenti al portego centrale, due per ogni spazio a modellare una danza con l’oggetto nella sua presenza fisica e la sua aura immateriale, mentre nella grande stanza del riposo centrale i restanti danzatori danno vita a gesti di reciproco ascolto nel, del e con lo spazio.
Gesti semplici, essenziali, di attesa, di stasi, immobilità non come sinonimo di vuoto, bensì come sinonimo di tempo del ri-ascolto interiore che permette il continuo rinnovamento del movimento.
I silenzi sono spazi d’ascolto carichi di suono, paradossalmente estremamente mobili, così come il punto è un tratto sospeso, un centro germinativo aperto all’infinita gamma di nuovi alfabeti possibili. Così lo spazio tattile risuona in tutta la sua potenza proprio nel silenzio, nel tempo sospeso, un tempo che è elastico, fluido, nel quale si creano relazioni non lineari, ma che risuonano anche a distanza di molto tempo tra di loro.
Virgilio Sieni è un maestro, illumina attraverso il gesto, il movimento, lo sguardo e le parole, ma poche, quasi non servono tanto è eloquente la sua aura. La sua pratica è inclusiva, di estrema cura e attenzione verso l’ascolto dell’Altro, del diverso da sé, una pratica che lo avvicina molto all’orbita di Luigi Nono.
L’esperienza come performer non professionista partecipante all’azione coreografica presso gli spazi veneziani di Fondazione Prada da parte di colei che scrive è stata un vero privilegio, un’immersione in una dimensione di ascolto nuova, tattile e gestuale.
Aura | Sul toccare le cose è stata l’occasione per riscoprire il “tempo della gentilezza”, un tempo per l’incontro con persone e luoghi luminosi, un tempo dell’azione collettiva nel pieno rispetto dell’ascolto dell’altro e di sé. Un modo di operare assolutamente emergente, dettato dall’ascolto che si fa spazio-luogo in una dimensione di collaborazione corale, sinergica, che era la stessa del grande maestro veneziano Luigi Nono.
«È rivoluzionario il gesto elaborato dall’ascolto rivolto all’altro»
Manifesto 111, Manifesto politico poetico dei cittadini, L’arte del gesto | Costruire la città
Crediti fotografici
L’immagine di copertina e tutte quelle relative alle performances sono di © Marco Cappelletti.
Finnegans ringrazia la Fondazione Prada e la Fondazione Archivio Luigi Nono ONLUS per la gentile concessione.
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Silvia Regazzo si è laureata in filosofia presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia nel 1999, approfondendo la conoscenza della letteratura e della filologia greca, nonché del sanscrito, presso lo stesso ateneo, che promuoverà la pubblicazione della sua tesi di laurea come libro: “Il Canto della Terra: la nozione di verità dalla Grecia arcaica al pensiero moderno”. Nel 2000 si diploma in Canto presso il Conservatorio “Benedetto Marcello” di Venezia e l’anno seguente vince il Concorso Internazionale di Canto “Toti Dal Monte”, intraprendendo la carriera artistica come mezzosoprano. Da allora è presente nei cartelloni delle più note istituzioni musicali italiane ed estere, spaziando fra i maggiori titoli del repertorio barocco, classico e contemporaneo. Nel repertorio di musica da camera collabora con Alberto Miodini, Chiara Opalio e Orazio Sciortino.
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Arianna Niero, diplomata in Arti Visive e Discipline dello Spettacolo presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia. Svolge attività di ricerca nel campo artistico, unendo la passione per la musica e la scienza, indagando le relazioni tra la dimensione visiva e acustica dell’esperienza, con particolare riferimento agli studi sul Paesaggio Sonoro realizzati da R. M. Schafer.
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