Casanova, non solo seduttore. Una mostra a Palazzo Mocenigo di Venezia. Commento e intervista al curatore Gianni De Luigi, a cura di Cecilia Fortuna.

A Palazzo Mocenigo, sede del Museo e del Centro Studi di Storia del Tessuto, del Costume e del Profumo, si inaugura una mostra che sfida il mito per riscoprire l’uomo dietro la leggenda di Giacomo Casanova. Finalmente, l’avventuriero veneziano non è più confinato nella stereotipia del seduttore, ma emerge come figura poliedrica, intellettuale cosmopolita, scrittore, diplomatico e interprete del suo tempo.

Curata da Gianni De Luigi con Monica Viero e Luigi Zanini, l’esposizione “Casanova 1725-2025: l’eredità di un mito tra storia, arte e cinema” (Museo di Palazzo Mocenigo, 29 agosto – 2 novembre 2025) invita a un viaggio critico nel tempo e nell’immaginario. Un percorso che si snoda tra documenti, arte e costume cinematografico, e che restituisce al visitatore la complessità di un personaggio divenuto icona universale di modernità e desiderio.

Il percorso espositivo

Il percorso si apre con un confronto incisivo: il presunto ritratto settecentesco di Casanova attribuito a Pietro Longhi viene accostato alla celebre locandina del film “Casanova” (1976) di Federico Fellini, trasformato dal regista in simbolo del vuoto esistenziale.

Segue una sezione dedicata al genio visionario di Fellini: tra sogno e cinepresa racconta la sua biografia immaginifica, sospesa tra memoria, satira e onirismo, introducendo l’allestimento dei sontuosi costumi di scena creati da Danilo Donati per il film “Casanova” (premio Oscar per i migliori costumi nel 1977), realizzati dalla Sartoria Teatrale Farani. I bozzetti preparatori illustrano il laboratorio creativo che ha dato forma a queste visioni cinematografiche.

Il viaggio storico attraversa il Settecento veneziano con un camerino del Settecento, dove le tele mitologiche attribuite a Giambattista Pittoni – raffiguranti Apollo, Venere e Diana – immergono il visitatore nell’atmosfera erotico-sensuale che fu anche lo sfondo di Casanova. Qui durante l’inaugurazione è stato interpretato un monologo, scritto e diretto da Gianni De Luigi, recitato dall’attore Lele Piovene che, vestendo i panni del famoso seduttore, ha trasportato gli ospiti attraverso il tempo, ripercorrendo le sale di Palazzo Mocenigo.

La sezione biografica dedicata a Giacomo Casanova, ripercorre le tappe salienti della sua esistenza: la nascita a Venezia nel 1725, la fuga dai Piombi, l’esilio europeo, le vicende come scrittore, impresario teatrale e bibliotecario a Dux, dove compose le sue celebri Mémoires.

Foto di Martina Zanazzi

A chiudere il percorso, un omaggio al collezionista e studioso Aldo Ravà che espone rare prime edizioni delle sue opere (come Icosameron del 1787 e Histoire de ma fuite del 1788), tratte dal fondo conservato alla Biblioteca del Museo Correr, confermando l’eredità culturale e la fortuna editoriale del mito Casanova.

Nell’ultima sala, un altro omaggio, questa volta al pittore “svedutista” Ludovico De Luigi, che incontrò il regista Federico Fellini nel 1965 nel corso di una sua mostra a Roma, durante la quale il regista ebbe l’occasione di vedere le opere surrealiste e oniriche di De Luigi, tra le quali “Liberty”, qui in esposizione, dove la testa della Statua della libertà emerge dalle acque del canale della Giudecca. L’ispirazione fu tale che il regista utilizzò questa suggestione proprio all’inizio del suo film “Casanova”.

Gianni De Luigi

Abbiamo incontrato il curatore della mostra Gianni De Luigi per comprendere le scelte che hanno guidato la mostra e il significato che la figura di Casanova continua ad avere ancora oggi, tra mito, storia e attualità culturale.

Qual è stata, per Lei, la sfida principale nell’allestire una mostra dedicata a un personaggio tanto complesso e controverso come Casanova?

«La sfida è stata prima di tutto nel cercare di farla, dal punto di vista del sostegno economico, e anche nel cercare di fare una mostra diversa dalle altre. E di spostare l’idea dei casanovisti che pensano di conoscere Casanova, sul fatto che in realtà sia una figura ingestibile. Lui scrive le sue memorie a partire dall’infanzia. Ma come dice Freud, scrivere i ricordi d’infanzia è come scrivere ricordi di copertura che nascondono tutto quello che in realtà si è e quello che è il restare bambini, restare infantili. C’è tutto perché tutto potrebbe essere reale e potrebbe anche non essere vero. Tante delle sue avventure sono, se non inventate, ampliate. Molti studiosi hanno raccontato attraverso i documenti la sua storia e hanno cercato di interpretarla, cambiando la sua biografia, aggiungendo altre storie»

L’immaginario comune riduce spesso Casanova al ruolo di seduttore: in che modo ha lavorato per restituire un’immagine più completa e fedele? 

«Nel monologo interpretato da Lele Piovene, ho cercato di dare un taglio imbeccato di come uno spettatore del Settecento preparato come Casanova interpretava lo sguardo dei quadri del Pittoni che rappresentano Apollo, Diana e Venere. Nel monologo, che si può rivedere online, c’è lo sguardo dello spettatore del Settecento su queste opere».

Quali aspetti della sua vita e della sua personalità ritiene emergano con più forza dal percorso espositivo? 

«Emerge una grande identità d’epoca, dove possiamo vedere un ritratto di Casanova attribuito a Pietro Longhi. Si possono vedere gli abiti utilizzati per il film di Fellini su Casanova realizzati dalla sartoria Farani. Inoltre è stato creato dal maestro vetraio Micheluzzi il prototipo del famoso “uccello meccanico”, simbolo utilizzato da Fellini nel suo film e al quale Casanova è legato, che rende l’idea delle pulsioni e degli incontri raccontati nelle sue mémoires “Histoire de ma vie”, che si collocano all’interno di un panorama storico caratterizzato da grandi rivoluzioni. Monica Viero, direttrice della Biblioteca del Museo Correr, è riuscita a portare il fondo Ravà, il casanovista che ha raccolto le prime edizioni delle sue opere e le sue lettere d’amore».

La mostra intreccia documenti storici, abiti e materiali multimediali: quale criterio ha guidato la scelta dei reperti e dei linguaggi espositivi? 

«Per quanto riguarda i materiali relativi al cinema ci sono i bozzetti preparatori per le scenografie del “Casanova” di Fellini, per far capire la collaborazione tra lo scenografo Donati e il regista. Il più bello è quello della scena della fuga di Casanova sopra i tetti di Venezia, con lo sfondo delle cupole della basilica, che ho scelto io dalla collezione della Fondazione Cerulli. Anche i costumi, realizzati dalla Sartoria Farani, sono stati supervisionati da Donati, sono gli originali del film, fatti arrivare da Roma».

In che modo il contesto di Palazzo Mocenigo – con la sua storia e i suoi spazi – dialoga con la figura di Casanova? 

«Palazzo Mocenigo è il luogo ideale per la mostra, anche se non lo attraversa tutto, ha proprio le caratteristiche settecentesche, ed insieme al monologo rimanda allo spirito del tempo».

Che cosa ci dice oggi Casanova, al di là del mito, sul Settecento veneziano e sull’Europa dell’Illuminismo? 

«Nella mostra si riscopre il Casanova intellettuale, scrittore, viaggiatore, arrivando negli ultimi anni ad essere bibliotecario del conte Waldstein a Dux in Boemia, dove emerge anche il periodo della sua vecchiaia».

Pensa che qualche autore contemporaneo possa riconoscersi in alcuni tratti della sua esperienza di viaggiatore, scrittore e uomo di relazioni? 

«Molti vorrebbero riconoscersi, credo. Ma l’unico che potrebbe riconoscersi realmente secondo me è Federico Fellini, come ha osservato Simenon, tanto che voleva comperare e regalargli i testi originali. Se si ripensa ad altri film come: “La città delle donne”, “Lo sceicco bianco”, “Otto e mezzo”, “La dolce vita”, si trova sempre questa dimensione dove l’uomo riesce a circuire la donna. Ed infatti è Fellini a scegliere Casanova, perché lo sente molto vicino. Ci sono letterati che hanno scritto le loro memorie, per esempio uno che si identifica è Lord Byron, che potrebbe essere un Casanova, e che racconta anche le sue avventure».

C’è un oggetto o un documento della mostra che per Lei ha un valore speciale o che meglio sintetizza la complessità del personaggio? 

«Per me è l’uccello che si muove meccanicamente, che rappresenta l’amore di questi serial amorosi che finisce per diventare meccanico». 

Foto di Massimo Micheluzzi

Quale messaggio desidera che il visitatore porti con sé uscendo da questa esposizione?

«Il messaggio secondo me è di un autore e di un uomo che dal punto di vista della letteratura è un letterato ed è un mito che rimarrà per molto tempo ancora anche nel futuro tecnologico. Vorrei che lo spettatore che entra in mostra abbia l’impressione di essere entrato nel tempo e uscito con un arricchimento contemporaneo, capendo che è un personaggio che va al di là di quella che consideriamo solo seduzione».

Dopo Casanova, ha già in mente altre figure o temi del Settecento veneziano che meriterebbero di essere raccontati con una mostra? 

«La mia idea sarebbe quella di fare anche degli incontri sul cinema e su come il cinema ha visto il Settecento e in particolare Casanova. In quelli che ho in mente ambientati a Versailles si trova sempre un “casanova” ed è presente l’erotismo di quell’epoca. Mi piacerebbe confrontarli in un lavoro anche in collaborazione con critici cinematografici e letterari. Per esempio “Relazioni pericolose” con John Malkovich è uno di questi spaccati del Settecento di cui parlo. Un altro personaggio che racconterei potrebbe essere Goldoni, e lo racconterei come Fellini ha raccontato Casanova». 

Dalla mostra emerge la volontà di proporre Casanova come figura del suo tempo, oltre l’etichetta di libertino, riportandolo ai suoi molteplici ruoli: intellettuale, viaggiatore, narratore, uomo di teatro e cultura. Palazzo Mocenigo diventa così il luogo ideale per confrontarsi anzitutto con la memoria storica settecentesca e, insieme, con l’immaginario che ha formato il mito.

Visitare questa mostra significa non solo conoscere Casanova, ma interrogarlo: sulla forma dell’identità, sul potere dell’immaginario e sul destino che lega un uomo alla sua epoca e oltre. È un invito a leggere il passato non solo con gli occhi della storia, ma anche con quelli del mito, in dialogo continuo con il presente.

Cecilia Fortuna, critica d’arte e docente


Immagine di copertina

Intervista con i costumi originali della Festa Romana Casanova di Fellini


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