RIVISTA DI CULTURA MEDITERRANEA

Archeologia e arte, alla ricerca di una struttura che connette / Intervista ad Alexandre Mitchell, a cura di Giulia Bellarosa

[Tempo di Lettura: 11 minuti]
Alexandre Mitchell

GIULIA Lo scorso aprile, a Bruxelles, mio figlio mi ha invitato a visitare la mostra d’arte Cities of Lost Memory di un archeologo presso il Full Circle House. L’archeologo e artista Alexander Mitchell era presente, e il nostro incontro è sfociato nella seguente intervista. 

“Cities of Lost Memory” è un progetto storico-artistico, a cui hai dedicato il sito https://lostmemory.art, che hai iniziato durante il Covid e ideato per continuare nel tempo, progetto che hai realizzato nel 2022 con un primo ciclo di opere. Nei tuoi lavori esprimi la preoccupazione della deriva dell’umanità che sembra affondare sempre più nell’indifferenza e ignoranza, che parla troppo, agisce poco e con ambiguità. 

Ce ne puoi parlare?

ALEXANDRE Il lockdown dovuto al Covid ci ha colto di sorpresa e costretto a un isolamento assoluto in cui tutti quelli che conoscevo si sono allontanati dall’interazione umana per abbracciarne una digitale. Esso ha accelerato un processo in corso a cui avevo assistito per un po’ di tempo. Senza sosta mi ritrovo a confrontarmi con un mondo in frantumi.
In I Demoni di Dostoevskij, un padre chiede al figlio rivoluzionario quale società lui e i suoi amici nichilisti immaginano di sostituire a quella attuale che sono decisi a distruggere. Il figlio risponde che erano lì solo per distruggere e che altri avrebbero ricostruito.
Come tutti al giorno d’oggi, frequento i social network, ma sono sempre più consapevole di non acquisire maggiori competenze né di essere ben informato sull’attualità. Il principio guida di Facebook per oltre un decennio è stato, come per molte altre aziende, “move fast and break things”, “muoviti in fretta anche a costo di fare danni”.

GIULIA Che cosa percepisci di questo modello?

ALEXANDRE Ho la sensazione che il pubblico sia stato ingannato nel pensare che questo sia un modello attendibile. Parimenti, questa credenza ha portato al culto dell’ignoranza, rimuovendo tutto ciò che dà significato e peso alla vita, ogni pensiero e riflessione, dove la logica, il ragionamento e i fatti sono ridotti a una questione di opinioni personali.  Da qui l’ironia della mia proposta. 

GIULIA Ironia?

ALEXANDRE Per condurre una vita più realistica o significativa, bisogna fare un passo indietro, bisogna evadere dalla realtà per esaminarla con maggiore consapevolezza e infine tornare alla vita rinnovati. Un’analisi attenta e la conoscenza della Storia possono offrire il contesto necessario per forgiare questa àncora intima, ma è necessario lavorare sodo. In aggiunta il pubblico vuole ogni cosa “subito”, “velocemente” come in un’istantanea. Cosa pensa la gente dell’archeologia? Il pubblico e i media spesso vedono Pompei come il capolavoro di tutti gli scavi archeologici, ma è una scoperta casuale, una perfetta istantanea polaroid di un momento nel tempo, un’intera città brulicante di vita, annientata dall’eruzione del Vesuvio.
La vera archeologia è fatta di tentativi, implica un lavoro scrupoloso e una contestualizzazione molto attenta. Si deve scavare, raccogliere, scartare, selezionare e studiare. C’è una inveterata meticolosità nel lavoro degli archeologi. Si prende tempo, per raccogliere materiale, dati, riflettere e ricreare il passato… per vivere ora più pienamente.

Alexandre Mitchell, Dreaming of Babel, 2022 (42 x 59cm, Papier Canson 224g, indian ink)

GIULIA Riguardo alla tua tecnica espressiva ti sei rivolto alle arti visive e nello specifico al disegno, che è ancora uno strumento di documentazione e schedatura per gli archeologi, oggi sempre più rimpiazzato dalla fotografia che, pur avendo raggiunto livelli di altissima precisione, tuttavia è insufficiente a rivelare l’invisibile delle città scomparse … 

Puoi approfondire?

ALEXANDRE Quando ero studente, uno dei miei professori all’università di Strasburgo diceva che una volta allenato il nostro “occhio”, c’erano solo due modi per comprendere appieno un oggetto: usare le parole, ma occorrono pagine di descrizione tecnica per ottenere “un” risultato, oppure disegnare l’oggetto. Sapeva di cosa stava parlando, dal momento che si era arrampicato sulla roccia per fare degli schizzi dei Buddha di Bamiyan in Afghanistan, alla fine degli anni ’50. C’è un piacere incomparabile nel disegnare rispetto allo scattare delle istantanee, soprattutto oggi che si scattano quattro foto anziché l’unica di cui si ha bisogno perché non preoccupa più il costo dello sviluppo della pellicola. Per di più, c’è “l’autenticità” della fotografia che è una questione scientifica importante nell’attuale ricerca fotografica.

GIULIA Che cosa intendi per autenticità della fotografia?

La fotografia è parziale come ogni altro strumento di documentazione, ma per un fotoamatore come me certamente essa offre dei vantaggi. Inoltre lo scatto di fotografie non artistiche implica molta fortuna. Una volta, anni fa, ho scattato diverse istantanee di un vaso greco, in una giornata di sole al Museo di Villa Giulia, mentre la guardia era impegnata altrove. Quando ho fatto sviluppare la pellicola, mi sono reso conto che una delle fotografie rivelava un’iscrizione che non avevo notato. Detto ciò, quando ti prendi il tempo per disegnare, invece vedi tutto, ogni dettaglio dell’oggetto, e si può scegliere se far emergere nel disegno certi aspetti piuttosto che altri. Si capiscono le esitazioni del creatore dell’oggetto e a volte il suo fine. Una fotografia perderà sempre qualcosa, a prescindere dal suo vero intento artistico, e riesce meglio in un momento di pausa, tra l’attimo prima e l’attimo dopo lo scatto.

GIULIA Ecco perché hai scelto il disegno!

ALEXANDRE Ho scelto il disegno perché mi aiuta a sfumare i confini tra lo studio attento del passato e le idee che desidero rivelare su una città. Le arti visive generano un’immediata sensazione istintiva perché nascono dallo slancio creativo. Il mio lavoro è solo in parte intellettuale. È guidato principalmente da sogni e immaginazione.

Alexandre Mitchell e Bruno Robbe (Belga 2024)

GIULIA Pensi che intrecciare la creatività alla storia di antiche città e personaggi scomparsi richieda un grande impegno spirituale, morale e intellettuale? 

Raccontaci la tua esperienza

ALEXANDRE Ho sempre avuto una visione anticonformista del mondo, soprattutto tra i miei coetanei. Da bambino immaginavo di dover svelare la verità, che fosse lì, a portata di mano. Nella mia ricerca accademica non ho mai cercato di seguire il gregge o accettare premesse assolute, scelta che ha dato i suoi frutti. 

Quando ho iniziato questo progetto, “Cities of Lost Memory,” mi sono improvvisamente reso conto che non c’erano limiti, se non i miei, e che probabilmente degli altri artisti-ricercatori intraprendono questo tipo di lavoro. Mi vengono in mente due esempi. Un’opera intitolata “Brothers”, che mi ha tenuto sveglio di notte per diverse settimane, pensando e ricercando la relazione estremamente complessa tra Giacobbe ed Esaù nella Bibbia, tra radici e luce, lotta e amore. Alla fine, ho sovrapposto immagini che erano incise nella mia mente e il risultato è stato un disegno astorico significativo, visivamente profondo.

Alexandre Mitchell, Brothers, 2023 (50 x 70 cm, Papier Canson 224g, Indian ink), private collection

GIULIA Poi, c’è il disegno “Brotherly Love”, ce ne puoi illustrare la genesi?

ALEXANDRE “Brotherly Love” è un tentativo di esprimere la relazione tra Venezia e Costantinopoli in un periodo di mille anni: le lotte di potere, la fede religiosa condivisa, le economie mediterranee e la “longue durée” dell’antichità presente sia nei suoi “spolia”, sia nelle vestigia romane di Costantinopoli individuate nelle facciate dei palazzi veneziani, ma anche nelle più profonde correnti sotterranee di processi di pensiero archetipici. Ci sono voluti mesi di ricerca e di elaborazione. Sono rimasto a Venezia per una settimana per disegnare e pensare.

GIULIA Quale importanza hanno gli incontri nell’ideazione di nuovi disegni?

I miei disegni sono spesso ispirati da incontri e discussioni con colleghi in Europa o in altri paesi.

Senza la visita guidata di uno dei curatori del museo archeologico di Venezia e la lunga discussione con lo specialista degli spolia, il mio disegno “Amore fraterno” semplicemente non sarebbe venuto alla luce. Mi hanno mostrato il lato nascosto di Venezia in un modo che solo degli storici veneziani potevano fare. In questo disegno pongo domande, attraverso immagini visive, sul passato e sulla religione che ancora non riesco a formulare completamente con le parole. L’inquietante sguardo oscuro dei miei incarnati Tetrarchi mi perseguita ancora ogni volta che li osservo. Mi rammenta tutte le domande che restano in sospeso sulla quarta crociata e sulla mancanza di pietà in un’epoca così religiosa.

Alexandre Mitchell, Brotherly Love, 2023 (42 x 59cm, Papier Canson 224g, indian ink)

GIULIA Hai detto, a un certo punto: “sono testimone, ogni giorno, al riciclaggio di eventi storici e, ancor peggio, il crescente disinteresse dei cittadini per gli avvertimenti degli storici, come se avessero meno tempo per pensare”. Dopo il Covid, quando questo tempo per pensare si è ristretto ancora di più, credi che la creatività, il cui principio è pura coscienza critica, potrà evitare l’abbrutimento dell’umanità? Qui si intrecciano molti saperi…

ALEXANDRE La ripetizione costante di errori nel tempo è come la “Commedia degli Equivoci” e può capitare a chiunque. Ricordo che nel 2002 ad Oxford, ascoltavo un collega americano descrivere come Atene avesse diffuso l’idea di democrazia in tutte le isole greche. Egli considerava Atene una forza positiva nel Mediterraneo. Ciò che ha divertito me e un altro storico è stato il modo in cui l’oratore non si è reso conto di essere in perfetta sintonia con George W. Bush mentre ripeteva instancabilmente, alla radio, che l’obiettivo della coalizione era portare libertà e democrazia a chi ne aveva bisogno. Il collega ha persino usato i termini “campioni di democrazia” per descrivere gli antichi ateniesi. Non ha menzionato come gli ateniesi abbiano massacrato intere popolazioni che rifiutavano questo nuovo sistema di governo, né ha menzionato Tucidide, lo storico e generale che scrisse una feroce critica della democrazia, già nel V secolo a.C. Non sto dicendo che invadere l’Iraq sia stata una decisione sbagliata, perché sarebbe troppo facile parlare a posteriori. Ricordo solo di aver pensato all’epoca che il discorso ufficiale sulla democrazia veniva espresso nel modo in cui alcuni studiosi vedevano l’antichità.
Sono rimasto sorpreso da come uno studioso potesse essere così facilmente influenzato dai fatti attuali nella sua interpretazione del passato, ma anche da come il pubblico in generale criticasse il discorso ufficiale senza tener conto degli strati e substrati della storia.

Alexandre Mitchell, Superstition, 2023 (50 x 65 cm, Papier Canson 224g, Indian ink)

GIULIA Nell’era della comunicazione, la comunicazione è inquinata dal virus della conoscenza viziata…

ALEXANDRE “Nil novi sub sole”: la storia è un continuo riciclo di eventi in veste leggermente diversa. Si guardi il modo in cui il Cattolicesimo, dal greco “katholikos” che significa “universale”, si è appropriato della campagna. Coloro che lavoravano i campi spesso seguivano riti pagani legati alle stagioni, c’’erano pietre sacre, sorgenti o divinità fluviali. Uno dopo l’altro, sono stati sostituiti da martiri e santi cristiani. Una religione ricicla la precedente.

Alexandre Mitchell, Ayodhya, 2023 (50 x 70 cm, Papier Canson 224g, indian ink)

GIULIA E come si manifesta la stratificazione delle religioni nelle tue opere?

ALEXANDRE Ho cercato di mostrare parte di questa stratificazione con “Ayodya”. La mia mente dipana costantemente ciò che mi circonda e, più imparo, più vedo il riciclo della storia, il funzionamento e la rielaborazione del tessuto sociale. Non sono il solo a farlo, motivo per cui ho scritto altrove che gli avvertimenti degli storici dovrebbero essere ascoltati. Per quanto riguarda la creatività, credo che possa essere una forza trainante per rompere gli schemi e sfuggire alle cattive abitudini, scoprire nuovi percorsi per comprendere il nostro posto nel mondo. Non mi manca mai la creatività, solo il tempo, il tempo per tramutare i pensieri in idee e incanalare questa creatività. Le mie opere, come la mia ricerca accademica, sono piene di mesi di entusiasmante ricerca.

GIULIA Cosa è per te la creatività?

ALEXANDRE La creatività non è una soluzione in sé, ma un infinito pozzo di potenziale. La grande differenza tra la ricerca accademica e l’arte è che nell’arte c’è un processo quasi soprannaturale, per cui tutti i calcoli e il contesto possono essere scartati per il bene di un’angolazione migliore, una linea più gradevole, un effetto migliore per raggiungere lo stesso obiettivo. In effetti, leggere la letteratura scientifica non è per tutti, mentre le arti visive parlano ai più in modo immediato e, si spera, possano ispirare il pubblico più giovane a leggere di più.

Alexandre Mitchell, Mosul will rise again, 2023 (42x59cm, Papier Canson
224g, indian ink)

GIULIA Che possibilità in più ti ha dato il disegno, nella tua esperienza di storico e artista, per comunicare le relazioni tra avvenimenti storici e le tue riflessioni-rivelazioni? 

ALEXANDRE Le mie risposte finora potrebbero dare l’impressione che io sia guidato solo dall’intelletto, ma non sarebbe vero. Amo sognare a occhi aperti, disegnare e scegliere l’espressione giusta per ogni progetto. Quando schizzo i miei disegni, grandi e un po’ provocatori, uso vari mezzi, come la matita, il carboncino o l’acquerello.

Alla fine del procedimento, vedo il mondo in bianco e nero perché ho bisogno di forti contrasti e linee nette per raccontare una storia. Disegno/dipingo con inchiostro di china nero, mai in bianco, come in “Dante sotto la città”, le aree bianche sono limitate. Dipingo come al contrario, perché mi piace rivelare il lato oscuro, per scavare nel passato. Cerco di dare allo spettatore il piacere di essere un archeologo mentre esamina i miei disegni. È un procedimento molto lento perché l’inchiostro di china lascia poco spazio all’errore. L’inchiostro è indelebile.

GIULIA Puoi illustrarci il processo storico-artistico che distingue il tuo lavoro?

ALEXANDRE Un aspetto importante del mio processo storico-artistico è che un testo scritto accompagna sempre ogni disegno. Si sostengono e si alimentano a vicenda. Questo può derivare dal fatto che spesso le idee si trasformano in un’immagine, ma a volte è un’immagine che si impone nella mia mente e da cui non riesco a staccarmi, una visione così forte che le idee scorrono come ombre cinesi.

Anche la composizione occupa molto del mio tempo, perché mi piace pianificare e abbozzare idee e immagini da prospettive diverse. Faccio molti esperimenti. A volte viene prima il significato, a volte l’esigenza estetica. Mi diverto a rimodellare gli oggetti per adattarli alla mia visione estetica e al significato di un’immagine. Illumino il Palazzo “Ca’ da Mosto” sul Canal Grande nel cuore della notte in “Brotherly Love”, perché ciò che mi interessa, è il suo stile tipicamente bizantino. Trasformo la forma del fungo nucleare di Hiroshima in modo che occupi uno spazio enorme nel disegno, come nella mia visione da cui esso è nato.

Sebbene la mia arte sia un po’ oscura, non è sinistra.  Cerco di riportare alla luce un passato spesso inquietante e divenuto invisibile, per aiutare a evocare i ricordi e riflettere.

Alexandre Mitchell, Miroir de sanglots, 2022 (42 x 59cm, Papier Canson 224g, indian ink)

GIULIA I tuoi temi riguardano le vicende umane di città scomparse, ormai invisibili, di cui indaghi il loro passato nascosto, testimonianza di possibili derive dell’umanità ma anche di Bellezza.  

Quale nascosto passato delle città che hai studiato ha originato alcune tue opere?

ALEXANDRE Ogni opera d’arte attinge a un legame personale con una città. Quando ho dipinto “Miroir de sanglots”, sul passato coloniale della città di Bordeaux, è stato perché ho trascorso in quel luogo diverse vacanze estive con i miei figli. Guardandoli sguazzare con altri bambini nel “Miroir d’eau”, la grande vasca d’acqua di fronte a “place de la Bourse”, mi sono chiesto quanti turisti che ammiravano i magnifici edifici che circondavano la piazza, fossero consapevoli che erano stati costruiti nel XVIII secolo con i proventi della schiavitù nera.

Prima che me ne rendessi conto, il riflesso della piscina si era trasformato in uno schiavo incatenato.

Alexandre Mitchell, The Vanished, 2022 (42x59cm, Papier Canson 224g, indian ink)

GIULIA “The Vanished” è sulla popolazione ebraica, scomparsa, di Salonicco. Quale legame con la storia di questa terra?

ALEXANDRE “The Vanished” è un’opera d’arte molto emozionante, ho trascorso molto tempo in quella città della Grecia settentrionale, da giovane studente di archeologia quando ho partecipato agli scavi di Dion, l’antica città ai piedi del monte Olimpo a metà degli anni Novanta.

Nutro un profondo amore per Salonicco e la regione, che si mescola a forti ricordi della mia giovinezza e mi richiama alla mente molte cose, come le manifestazioni dei greci del posto a favore della Macedonia greca contro la vicina Skopje (che hanno dato origine a un altro dipinto della serie, “Alla ricerca di nuovi dei”), ma non c’erano tracce del suo lunghissimo passato ebraico, che risaliva all’epoca dell’Impero romano.

La sua vasta popolazione ebraica, che aveva contribuito così tanto a ogni aspetto della sua vita culturale e intellettuale, così come alle sue istituzioni, era assente. Non ho trovato tracce dei 70.000 fantasmi della città, portati via dai nazisti, trasportati fino ai confini dell’Europa e massacrati nei campi di concentramento polacchi. Anche i due principali cimiteri ebraici sono scomparsi dal paesaggio urbano, le sue tombe sono state utilizzate come materiale da costruzione nella seconda guerra mondiale e nel periodo dei colonnelli.

Citerò anche, di sfuggita, la mia opera su Berlino, “Testing Germania”. Sarei dovuto rimanere solo qualche giorno a Berlino per studiare la collezione di ceramiche greche del museo ma sono finito per restarci circa un mese.

Alexandre Mitchell, Testing Germania 1941-1944″, 2022 (42 x 59 cm, Papier Canson 224g, indian ink)

GIULIA In che modo l’esperienza berlinese ha condizionato lo sviluppo di “Testing Germania”?

ALEXANDRE Ogni giorno passavo davanti a una strana costruzione parzialmente nascosta dalla vegetazione, poche persone sembravano conoscere questo cilindro di 12.650 tonnellate di calcestruzzo, “Schwerbelastungskörper” (o Corpo di carico pesante). Esso fu costruito, su ordine di Hitler, dai prigionieri di guerra francesi per testare la resistenza del terreno a pesi estremi e scoprire se insieme al suo architetto capo, A. Speer, avrebbe potuto realizzare una nuova imponente Berlino. Nel mio dipinto ho espresso i miei pensieri passeggiando per le strade di questa città vibrante: cosa sarebbe potuto accadere e cosa è accaduto.

È evidente che ci sono temi ricorrenti nel mio lavoro, come l’orrore della guerra e l’intolleranza religiosa, come in “Mosul will rise again”, che mostra i criminali dell’ISIS che devastano la loro stessa terra, distruggendo intenzionalmente la magnifica moschea di Al-Nuri che si mostrava troppo bella ai loro occhi e distraeva i fedeli dall’Islam. Ho immaginato un antico eroe mesopotamico che risorge dall’antica Ninive (Mosul) per ripristinare la memoria nei suoi ignoranti discendenti.

Alexandre Mitchell, Dante sotto la città, 2022 (29,7 x 42 cm, Papier Canson 224g, indian ink)

GIULIA Altre due opere che tessono il legame con la città sono “Dante sotto la città” e “Mary 2.0” …

ALEXANDRE Con “Dante sotto la città” ho voluto esprimere la bellezza dello straordinario legame tra il poeta e Firenze, che è tanto forte oggi come per il passato. Invece dei suoi allori, l’ho incoronato con il duomo. ConMary 2.0”, ambientato a Strasburgo e in particolare nella sua cattedrale, mi chiedo se l’ultima tecnologia, l’intelligenza artificiale, potrebbe avere in futuro un impatto simile a quello che la stampa ebbe sulla religione nel XVI secolo.

Gutenberg rimase “in esilio” a Strasburgo per quasi quindici anni e utilizzò questo periodo per perfezionare la sua stampa. Tale tecnologia consentì all’uomo comune di leggere il Nuovo Testamento nella sua lingua madre e alla fine portò a una nuova religione, il Protestantesimo. Ero solito passare davanti alla statua di Gutenberg ogni giorno quando andavo in bicicletta all’università, ho unito tutti questi elementi nell’opera d’arte con l’ulteriore e profondo piacere di disegnare la rosa di vetro di una cattedrale che ho ammirato, studiato ed esaminato dettagliatamente sin dai miei corsi di architettura medievale a Strasburgo nei primi anni ’90. 

Alexandre Mitchell, Mary 2.0, 2024 (50 x 70 cm, Papier Canson 224g, indian ink)

GIULIA Grazie Alexander per il tempo dedicato e auguri per la tua prossima mostra, che si inaugurerà l’8 Ottobre al Teloglion Fondazione delle Belle Arti di Thessaloniki – Salonicco – Grecia, e durerà fino al 10 Novembre, dove esporrai oltre alle opere uniche anche una serie di 12 litografie su opere originali eseguite dal noto maestro litografo belga Bruno Robbe!

Immagine di copertina Alexandre Mitchell, Testing Germania (particolare dell’opera)

  • Alexandre Mitchell è nato nel 1974 a Oxford da padre inglese e madre francese, ed é vissuto nelle Fiandre e a Bruxelles. Archeologo e ricercatore, ha conseguito il B.A e il Master a Strasbourg in Francia, e il dottorato a Oxford. Membro di varie associazioni internazionali, è collaboratore scientifico nella facoltà di Lettere alla Fribourg University (Svizzera). Da accademico collabora alla “ERC Locus Ludi”. E’direttore di Expressum a Bruxelles. Oltre all’archeologia, i suoi interessi spaziano in diversi campi del sapere e si traducono in vibranti esperienze di vita che gli studi, i viaggi e le meraviglie gli dischiudono. Sempre alla ricerca di segreti dimenticati, esplora anche le Biblioteche meno accessibili. Ama la scrittura in tutte le sue forme, scrive romanzi, articoli scientifici in inglese e francese, scrive poesie, disegna. Dal settembre 2023 è presente anche il ciclo delle sue opere ispirate alla storia, dal titolo Cities of Lost Memory, dove emerge la sua abilità nel disegno, attraverso la tecnica del pennello e penna,e l’uso di inchiostro indiano.

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  • Giulia Bellarosa, artista-curatrice, ha maturato la sua esperienza artistica presso lo studio del padre, Vittorio Bellarosa. E’ nata a Napoli, dove ha vissuto e studiato conseguendo la laurea in Lingue e Letterature Straniere all’Università Orientale di Napoli, Dipartimento di Letteratura e Filosofia. Biennio di Scultura, Patrimonio Culturale Partenopeo, Regione Campania in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti. A Madrid presso il Circulo des Bellas Artes ha praticato il disegno di modelli dal vivo. Negli USA ha continuato lo studio dell’arte contemporanea presso il Dipartimento di Fine Arts, Mercer County College, Princeton. Espone le sue opere, ha curato mostre di Maestri Contemporanei internazionali (come Salvatore Fiume, Aligi Sassu e altri), e realizzato importanti progetti di mostre a tema.

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