RIVISTA DI CULTURA MEDITERRANEA

“DOVE SI NASCONDONO LE RONDINI” di Enrico Losso. Commento critico di Annarosa Tonin

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Dopo la centesima volta in cui aveva lanciato lo sguardo verso la chioma degli alberi del giardino, si era accorto della presenza della rondine su un ramo del fico.
Avrebbe voluto aprire piano piano la finestra e riuscire a prenderla fra le mani, senza spaventarla, e passarla a Irene, per farle vedere quanto era bella, la primavera.
Lamberto scrutò l’orologio del nonno. Le lancette dorate indicavano le quattro e mezza.

Giacomo Balla, Volo di rondini (studio), 1913 ca.

 

Lamberto ha tredici anni e lanciare sguardi è una delle sue specialità, quella che prelude alle altre: fare mente locale su un soggetto o una situazione, recarsi dal nonno al cimitero per confrontarsi con lui, tornare a casa a mangiare una fetta di torta alle mandorle e poi nascondersi nella sua camera per dedicarsi alla specialità delle specialità: disegnare per capire chi è, cosa vuole davvero ed è disposto a fare per ottenerlo, cosa è giusto o sbagliato.

Lamberto Turchetti è il protagonista del romanzo Dove si nascondono le rondini di Enrico Losso, edito da Garzanti nella collana Narratori Moderni.

Si sarebbe tentati di definirlo un romanzo storico di formazione; da un certo punto di vista lo è, laddove si sviluppa, capitolo per capitolo, il percorso di crescita di un ragazzino di provincia, che sfreccia con Arancia Meccanica, la sua bicicletta, su e giù per la Discesa Deserta o l’Erta dei Muli, le colline del suo Veneto, che è anche e soprattutto il Veneto dell’autore.

 

D’altro canto, però, cristallizzare il romanzo in una categoria ben precisa non rende onore alla scelta di raccontare una storia individuale che si innesta coraggiosamente nella Storia d’Italia.

Se, da un lato, Enrico Losso ambienta a San Barbaso, un paese immaginario della provincia di Treviso, le vicende di un ragazzino preso in giro dai compagni, ridicolizzato sia in classe che durante le partite di calcio o le scorribande in bicicletta, che annaspa fra il desiderio di essere accettato e l’istinto a proteggersi, disegnando, dall’altro lo catapulta nel tempo storico più difficile che l’Italia del XX secolo abbia vissuto, dopo la seconda guerra mondiale: gli anni di piombo.

La sua storia nella Storia prende avvio dall’incontro con Irene Zucchi, trentenne romana, brigatista rossa, che si nasconde in un casolare a qualche chilometro da San Barbaso, dalla scoperta di un volantino delle Brigate Rosse, che Lamberto si porta via, dalla lettura di articoli dei quotidiani e dall’ascolto dei servizi del telegiornale.

Paul Cézanne, Il ragazzo con il panciotto rosso, 1888, Zurigo, Fondazione Bührle

Lamberto vuole capire chi sono le Brigate Rosse, capire in che mondo sta vivendo. Lo fa con i mezzi che ha a disposizione e con quelli che Irene gli fa scoprire, primo fra tutti, l’invito a pensare e decidere con la sua testa.

In un crescendo di consapevolezza e formazione della coscienza, Lamberto fa esperienza del lottare, del combattere, dell’essere sconfitto e poi vincere per le proprie idee.

Quale mezzo espressivo Enrico Losso rende protagonista del suo romanzo, al pari di Lamberto e Irene?

Il disegno e con esso la possibilità per il lettore di seguire il tratto che Lamberto e Irene imprimono sulla carta e sulla tela nel momento stesso in cui essi affiancano la parola al linguaggio visivo, entrambi strumenti di crescita e conoscenza.

Fino a un certo punto della storia il disegno parla senza la parola; poi, però, la vita richiede con forza la parola. Essa, come il tratto di matita, può far battere il cuore all’impazzata come far piangere di rabbia e dolore.

La vita è un Mischione, un disegno che ritrae per metà le sembianze di un volto e per metà il corpo di un animale, il volto di Irene su un corpo di rondine.

Paolo Rossi al Lanerossi Vicenza

La vita è un mischione di paura e coraggio, attrazione e repulsione, gioia e dolore, amicizia e tradimento.

La vita è crescita continua dove, anche ventinove anni dopo la vicenda narrata, che Enrico Losso colloca nel 1983, Lamberto Turchetti, divenuto maresciallo dei Carabinieri, come il padre, ritrova la compagna Pace, così si faceva chiamare Irene, e la forza di un legame. La ritrova in una figurina di Paolo Rossi, che lei gli fa pervenire, una volta uscita dal carcere di Treviso.

Nei trentatré brevi capitoli il costante alternarsi di una prosa serrata, paratattica, legata all’osservazione minuziosa del reale e alla ricostruzione delle azioni, e di una prosa lirica, legata al tempo delle stagioni, l’inverno e la primavera, all’importanza dei luoghi in cui si nasce e si cresce e al tumulto dei sentimenti, inducono a considerare il romanzo di Enrico Losso un’altissima prova non soltanto narrativa. Dove si nascondono le rondini è letteratura.

Cipressi all’ingresso di un cimitero delle Prealpi trevigiane, foto di Annarosa Tonin

Fin dalla scena iniziale, inoltre, il lettore non può non riconoscere nel dipanarsi dell’intreccio una matrice cinematografica; con mano sicura, ma non invadente, è condotto a conoscere la famiglia di Lamberto, gli amici, che si fanno chiamare Lupi Matti, la bellissima Corinna, i segreti del Professor Fantinel e di Ottorino, il custode del cimitero.

L’importanza dei luoghi è sublimata proprio dal cimitero, dove Lamberto si reca a parlare con il nonno, i cui insegnamenti sono riassunti tutti in un orologio Zenith e nell’esclamazione Orpo!, che scandiscono sia il tempo dell’azione che quello interiore del protagonista.

Il significato profondo del romanzo Dove si nascondono le rondini si manifesta nella scelta dei nomi dei due protagonisti. Lamberto si ispira a C’era una volta il barone Lamberto ovvero I misteri dell’isola di San Giusto di Gianni Rodari (1978), in cui la storia del vecchio barone si capovolge fino a ritrovarlo ragazzino di tredici anni, che impara a prendere decisioni con la propria testa.

Gianni Rodari in un’immagine risalente agli anni Cinquanta

Irene, che in greco significa ‘Pace’, e compagna Pace è il suo nome di battaglia nelle Brigate Rosse, è un nome antifrastico, laddove la pace etimologica entra in collisione con la rivendicazione della lotta armata come lotta per la libertà del popolo, salvo poi riemergere dal nascondiglio come desiderio di riappacificazione, maturato dal ricordo e il senso di colpa per la maternità interrotta.

Perché ognuno di noi ha scontato, sconta e sconterà la pena di un indicibile dolore segreto da nascondere e custodire, in attesa di liberarlo e liberarsi come una rondine, una volta giunta la primavera.

 

Foto di copertina
Paesaggio delle Prealpi trevigiane con casolari sullo sfondo, foto di Annarosa Tonin

 

Autore: Enrico Losso
Titolo: DOVE SI NASCONDONO LE RONDINI
Casa editrice: Garzanti
Collana: Narratori Moderni
Anno di pubblicazione: 2022
Pagine: 240 – 16,90 euro

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Enrico Losso è nato a Vittorio Veneto nel 1974 e abita a Ferrara. Lavora come impiegato amministrativo all’Università di Bologna, dunque fa parte della grande famiglia dei pendolari, dedita all’osservazione della gente nei vagoni dei treni. Ama il pastello blu cobalto quando deve disegnare per sua figlia, il numero ventisette e i film di qualsiasi genere, purché lo facciano sognare. Legge molto, ogni tanto sottolinea. Appassionato di Storia, è affascinato dagli errori che l’uomo, ciclicamente, continua a commettere. Il suo sogno di evasione è una camminata, lenta, su un sentiero di montagna.
Dove si nascondono le rondini è il suo romanzo d’esordio.

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Annarosa Maria Tonin è nata a Vittorio Veneto nel 1969. Laureata in Lettere moderne all’Università Ca’ Foscari di Venezia con una tesi sugli inviati veneti alla corte di Rodolfo II d’Asburgo, è stata docente di Materie Letterarie e Storia dell’Arte nelle scuole medie e superiori. Curatrice di eventi culturali, collabora con la rivista trimestrale Digressioni e la libreria Tralerighe di Conegliano. Autrice di racconti, romanzi e saggi, ha pubblicato per Digressioni editore la raccolta di saggi “L’uomo nell’ombra. Storie d’arte, potere e società” (2019) e il romanzo “Anatolia” (2020).

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