RIVISTA DI CULTURA MEDITERRANEA

Diritti umani e Islam, la natura della parola / Intervista a Marisa Iannucci, a cura di Nunzia Pasturi e Delilah Gutman

[Tempo di Lettura: 16 minuti]

 

Delilah Gutman, Tracce di terra

 

DELILAH Quando noi donne ci armiamo delle parole, talvolta riusciamo a segnare nuove mappe per manifestare la libertà di raccontare un pensiero di pace, dove la dignità segna la frontiera di quel territorio neutrale che è il rispetto per l’uguaglianza dei diritti umani universali.
Ho incontrato per la prima volta Marisa Iannucci – islamologa, ricercatrice e attivista per i diritti umani – alla presentazione del libro Louise di Eliana Bouchard, durante un evento organizzato dalla teologa Giuseppina Bagnato, allora Pastora della Chiesa Valdese di Rimini, in collaborazione con il Comune della Città e si svolgeva presso la Sala degli Arazzi del Museo Civico, dove il suono si perde tra le trame di silenzio della storia.
Osservai la sua riservatezza. Nel tempo ho imparato a riconoscere questa sua caratteristica come una condizione necessaria per ascoltare il mondo e abitare con concretezza ogni piega della vita sociale, soprattutto quella delle periferie, fino al percorso che ci ha visto, ancora con  Giuseppina Bagnato, esplorare un tema comune nel silenzio irreale di Fonte Avellana, per “Donne e Religioni 2021”, nell’ambito di “Itinerari e incontri” a cura di Luigi Alfieri.
Fu in un contesto così austero e raccolto che presentai Marisa a Nunzia, mentre ci confidava di lavorare agli ultimi passaggi per la pubblicazione de La costola storta/Testi e pretesti della misoginia tra i musulmani, opera presentata pochi mesi fa da Giorgio Pozzi Editore in “Dialoghi Mediterranei” – collana editoriale che nasce all’interno del Laboratorio Insan, spazio relazionale, di pensiero e di ricerca fondato nel 2009 dall’Associazione Life Onlus, a Ravenna.

 

Marisa Iannucci, Memorie di parole

Con la Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948, il concetto di giustizia ha iniziato ad essere affiancato da quello di uguaglianza, questione non presente nei tempi antichi e, di conseguenza oggetto di analisi per gli studiosi del Corano solo in epoca recente. In che modo questo tema caratterizza la ricerca così accuratamente espressa in La costola storta?

MARISA È una bellissima domanda, perché in realtà il discorso sull’uguaglianza, il concetto dell’uguaglianza, è recente e di matrice occidentale. Nasce in risposta al lavoro in Occidente sulla dichiarazione dei diritti umani, che poi è stata firmata dalla maggior parte delle comunità internazionali non senza tensioni! Se si cerca un confronto con i verbali delle discussioni, si vedrà che alcuni paesi hanno avuto non poche difficoltà ad accettare alcuni articoli. Ci sono state discussioni intorno a questioni come i diritti sindacali, ma anche l’età del matrimonio, per le donne soprattutto, oppure per l’apostasia, per il diritto di cambiare religione.
Sicuramente, il concetto di uguaglianza non è un concetto che noi riusciamo ad applicare quando elaboriamo uno studio delle fonti del Corano, oppure delle interpretazioni dei commentari del Corano, perché nel Corano prevale il concetto di equità più che di uguaglianza e, quindi, si trattano con “equità” persone che non sono uguali per tanti motivi: tutto ruota intorno al concetto di giustizia ed equità. Ciò non toglie, però, che si parli molto di diritti e che il Corano non possa costituire una linea guida valida per tutti gli esseri viventi, non solo per gli esseri umani. Questo è un aspetto molto importante. Parliamo di un testo che è del VII secolo, il Corano è un testo – anche se un testo rivelato – e come tale va affrontato.
Nelle scienze coraniche lo studio del testo inizia a partire dalla lingua e dalla grammatica – passo fondamentale – ma dobbiamo tenere sempre presente che quello che noi adesso cerchiamo in essi è un concetto di uguaglianza che ha a che fare con le persone e le epoche e, anche se non proibito, non trova traccia nel senso del diritto più moderno. Quando i commentari delle Sacre Scritture hanno interpretato il Corano, e lo hanno commentato nei commentari giunti a noi fin dalla loro epoca, sicuramente lo facevano con tutte le competenze e i requisiti necessari – le conoscenze della lingua, delle scienze cognitive e di altri saperi – integrati, però, con il loro sguardo, che era quello di uomini del loro tempo, inteso nel senso proprio della visione maschile e del loro background culturale, proiezione della società in cui erano immersi. Questo è ciò che dobbiamo fare anche noi nel rivolgere la nostra attenzione all’interpretazione del Corano: non significa rifiutare tutta la tradizione sapienziale che si è sviluppata in più di 1400 anni, ma accostarsi alla parola e al testo sapendo che dobbiamo considerare il nostro sguardo come quello di un uomo e di una donna del nostro tempo.
Questo è essere contemporanei ed è qualcosa di molto difficile, in questo momento storico, per gli interpreti, per chi si occupa di questi studi. Purtroppo si tende ad avere un approccio anacronistico, inutile, perché coloro che ci hanno preceduto non l’hanno fatto: è segno di una debolezza, di un vuoto e di un’incapacità di cogliere quello che, seppure dolorosamente, col colonialismo e con lo scontro tra Occidente e mondo musulmano, ha portato di costruttivo attraverso un’esperienza drammatica – dannosa per gli effetti che ancora osserviamo – suscitando un intenso scambio culturale, da entrambe le parti, l’apertura al tema sui diritti umani.
È per noi d’obbligo, oggi, considerare un tesoro queste acquisizioni e credo che in questo modo si possa conciliare l’equità coranica con la nostra attuale necessità culturale e antropologica di ricercare l’uguaglianza di cui abbiamo bisogno.

 

Marisa Iannucci, Memorie

NUNZIA A chi si rivolge il tuo saggio, La costola storta? 

MARISA La costola storta è un libro la cui lettura è più scorrevole rispetto ad altre mie pubblicazioni, sicuramente di più facile comprensione, e questo è dovuto allo sforzo che ho fatto per renderlo più divulgativo. La metodologia di ricerca è una metodologia classica degli studi islamici di tipo arabo, la mia di formazione; quindi, dovendo studiare su fonti originali, i cui testi non sono tradotti, ho manifestato il mio desiderio di arrivare a più persone possibili, a persone non musulmane di lingua italiana che non hanno strumenti adeguati a disposizione… occupandomi, dunque, della traduzione di passi arabi.
È vero che questi libri vengono letti nell’ambito delle università e dei corsi di islamistica, ma ciò non toglie che ci possano essere tanti giovani e meno giovani di varie provenienze che possono trovare degli stimoli per proseguire le loro ricerche, riscontrando in questa pubblicazione delle fonti in italiano, di rara reperibilità. È un libro un po’ provocatorio, nel senso che ci mette a confronto con testi che sono “sgradevoli”, che sono offensivi e spesso brutali, se non grotteschi. Sono testi che, anziché nascosti allo sguardo della collettività, vanno tirati fuori perché già circolano nelle comunità islamiche, non sono sepolti, fanno parte della cultura popolare e serpeggiano nei contesti anche più colti, ripetuti e strumentalizzati da persone che hanno un livello culturale e intellettuale più alto.
È giunto il momento di affrontare questi problemi, questa misoginia, poiché quest’ostilità nei confronti delle donne ha radici profonde e se noi vogliamo sradicarla dobbiamo avere il coraggio di osservare tali aspetti così attuali. Il rigore, nell’islamistica, è d’obbligo, perché è caratteristico della tradizione di ricerca in questo campo. Bisogna essere disposti a provare tutto ciò che si dice e si afferma. La costola storta è un saggio, ma amo la ricerca militante.

DELILAH Nella tua opera ti soffermi sulla duplice causa di una progressiva misoginia nella tradizione islamica: da una parte la strumentalizzazione della traduzione di alcuni versetti del Corano, dall’altra la scelta – nel campo esegetico – di trasmettere un’interpretazione manipolata dal potere politico del contesto sociale che si abita adottando hadith, testi, non autentici. Un Islam fortemente patriarcale può ostacolare – come e perché – l’integrazione dei musulmani nelle società di cui sono minoranza? 

MARISA Ci sono paesi dove i musulmani costituiscono una minoranza, come per esempio l’Italia.Tale minoranza può essere estremamente eterogenea dal punto di vista geografico, rispetto ai territori di provenienza e, a sua volta, manifestare provenienze con background culturali molto diversi, come ad esempio i popoli del Pakistan, del Bangladesh, dell’Egitto, che rende difficile la loro interazione nell’ambito della comunità e rispetto alla società. Un denominatore comune è il loro essere culture fortemente patriarcali, caratteristica che portano nella pratica della religione. Sono aspetti che rendono difficile l’integrazione. Gli occidentali si aspettano che patriarcato e Islam siano sempre due dimensioni unite, se non addirittura la stessa cosa.
Ma, il problema del patriarcato non si limita all’Islam. Ho citato il Pakistan e il Bangladesh, non dobbiamo dimenticare che la questione riguarda anche altre identità, come gli immigrati indiani che non sono musulmani. Infatti, il sistema patriarcale è lo stesso. Prendiamo ad esempio il tema dei matrimoni forzati, in India sono diffusissimi. Anche tra le comunità indù è radicato un pensiero per cui la religione musulmana sia la religione più misogina per eccellenza, ma non è così!
Ci sono dei paesi fortemente patriarcali in cui la condizione della donna è difficilissima, dove le motivazioni sono complesse e non sempre possiamo indurle solo alla religione. Le religioni, a loro volta, sono un fattore potentissimo di condizionamento delle persone. In Arabia Saudita c’è un forte connubio tra potere politico e religioso, la religione è stata creata e sviluppata ad hoc per il controllo assoluto del potere. Dove un sistema patriarcale così forte si serve della religione, esercitare un controllo sulle persone, sulla nascita, sulle regole della vita e della morte, costituisce una grande forza politica. La minoranza oppressa è sempre la donna, in paesi, però, in cui i diritti umani sono lontani dall’essere rispettati anche quando si tratta di uomini. E non solo.
La questione riguarda il diritto umano nella sua essenza, da quello dei bambini in Pakistan o in India o in Egitto, a quello degli uomini lavoratori che, non sauditi in Arabia Saudita, subiscono una sorta di schiavitù riservata agli extracomunitari. Sono paesi in cui non esiste ancora una cultura dei diritti umani. Risulta, quindi, troppo riduttivo attribuire solo all’Islam una situazione che, invece, è determinata da tantissimi fattori sociali e storici, tra cui anche la religione.

 

Marisa Iannucci, Memorie di fede

DELILAH Il tuo libro sottolinea anche la difficoltà da entrambi le parti, sia del paese che ospita, sia di chi vive un certo tipo di Islam, di aprirsi all’integrazione. Tale difficoltà è dovuta all’incontro con testi che spingono al controllo di certi fattori per una questione politica, per mantenere un certo potere all’interno di un altro paese.

 MARISA Esiste un fattore che giocherà a favore dell’integrazione, il tempo. Le comunità musulmane si trovano a confrontarsi in Italia con un paese che non ha una recente storia di immigrazione e dove l’immigrazione non è stata gestita in maniera intelligente, con la conseguenza che ci sono ancora molte comunità in stato precario, legate alla sopravvivenza. Inoltre, le comunità musulmane presenti in Italia sono ancora gestite da uomini, maschi, intorno ai 50-60 anni: immigrati maschi di prima generazione! Ciò ha inevitabilmente delle conseguenze. Però, c’è tutta una gioventù che è cresciuta qui, che studia qui, che andrà all’università, in cui si possono riporre le speranze per un cambiamento, nella società. Per quel che riguarda i luoghi di culto, la via è maggiormente problematica, poiché a causa di una secolarizzazione i giovani non trovano i luoghi di culto, le moschee, i centri culturali islamici sufficientemente friendly nell’accoglienza, e si allontanano dalla religione. Solo tra venti o più anni, capiremo cosa sia stato seminato della tradizione. Personalmente, io mi interrogo sulla qualità delle traduzioni, perché le traduzioni in uso del Corano, in italiano, non sono contemporanee, non sono sufficienti, non sono utili – soprattutto quando il tema è quello del genere. È forte la necessità di lavorare a traduzioni che possano essere lette anche da persone europee interessate alla comprensione del Corano. Il Corano è un dialogo tra Dio e i profeti, tra Dio e i credenti e le credenti: dunque, sbagliare i pronomi e sostituire i nomi collettivi con nomi connotati di genere maschile, conduce a una distorsione del dialogo, della narrazione… proprio perché non c’è l’interesse per la lettura di genere. Il testo è il punto di partenza per nuovi percorsi, perché molti sono i musulmani che perdono l’arabo o i giovani che non lo conoscono, né lo parlano. Mi chiedo come si possa maturare la visione di una religione che accolga i diritti delle persone e di genere se le traduzioni del testo in italiano tradiscono la traduzione di tali tematiche. Senza strumenti non possiamo ambire a questo tipo di cultura.

 

Marisa Iannucci, ritratto

NUNZIA In La costola storta metti in evidenza il maschilismo in genere che riguarda tutto il mondo e spieghi non dell’errore nell’interpretare il testo Sacro, il Corano, ma di tentativi di uomini che hanno “manipolato” dei testi per tenere la donna sotto una sudditanza psicologica, culturale e sociale. È recente lo studio degli hadith per capire i falsi dai non? E, se lo sono, perché nella società si continua a prediligere la strada dell’errore?

 MARISA La raccolta degli hadith si tramanda fin dai tempi del Profeta, ma la catalogazione è di qualche secolo successivo. Gli hadith sono classificati in autentici, buoni, deboli e falsi. Un testo debole, come un testo falso d’altronde, non è un testo sul quale si possa elaborare una forma di giurisprudenza: è un testo che esiste ed è la malafede a guidarne l’utilizzo per una convenienza politica, attraverso la predicazione. Nel mio libro parlo molto di Abu Hamid al-Ghazali – molto amato in Occidente. Questo grande maestro è un’autorità nel mondo islamico, ma era un uomo del suo tempo, un misogino. Se da una parte ciò non contamina i meriti di studioso, dall’altra le parole d’odio nei confronti della donna sono state trasmesse nei racconti ai giovani, ai credenti nonché utilizzate e ripetute nelle predicazioni, accolte quasi come lo statuto di un detto profetico. Si perpetuano nella cultura popolare, ma in realtà non sono detti profetici, ma frasi di uno studioso molto importante che le ha scritte in determinate sezioni di libri, come ad esempio la sezione sul matrimonio, una delle sue opere più famose. Sono opinioni personali, non sono detti profetici! Ignoranza, strumentalizzazione, tanta malafede, come ha sottolineato lo studioso di Al-Azhar Mohammed al-Ghazali, del quale ho tradotto un bel libro che raccoglie una serie di conferenze sul tema delle donne: egli riconosceva la responsabilità di tutto questo nella malafede dei religiosi, degli Imam, dei predicatori, delle persone che condizionano gli altri con la loro predicazione, perché riconoscono all’assemblea dei credenti ciò che i devoti stessi vogliono sentire. Mi è capitato di citare questi hadith falsi in alcune conferenze e di trovare tra il pubblico donne musulmane che mi dicevano “no, questo non è falso perché l’ho sentito dire dall’Imam della moschea!”. Puoi dedurre da questa risposta quanto sia complicata la questione!

DELILAH Il tuo libro per me è stato rilevatore del tuo impegno. La tua riservatezza cela la concreta volontà di suscitare un percorso di acculturamento tra le donne, musulmane e non. 

MARISA Credo nella necessità di avere coscienza, al di là dell’appartenenza religiosa, di questa intercultura trasversale. Non dobbiamo mai dimenticare che abitiamo dentro a un sistema e che ci siamo tutte in questo sistema. La radice, in realtà, a prescindere da chi è più colpita dalle problematiche causate dalla misoginia, è sempre quella: il controllo del corpo e della libertà di noi donne. Che si esplichi attraverso una tradizione religiosa, una o l’altra, o in un contesto secolarizzato, la questione è un qualcosa su cui abbiamo la responsabilità di vigilare sempre. La consapevolezza deve nascere dentro di noi.

 

Marisa Iannucci, casa

DELILAH Nell’incipit del decimo capitolo scrivi che “La violenza ai danni delle donne – fisica, psicologica ed economica – da parte degli uomini è un problema mondiale, comune a tutte le società umane []”. Più avanti, scrivi ancora “[] la sottomissione delle donne è importante a vari livelli sociali. Una volta escluse dalla società, il passo successivo è stato escluderle dal processo decisionale e dal potere domestico. Mentre le donne sono oppresse nel microcosmo della casa, le battaglie necessarie per superare questa tirannia mettono in ombra la lotta per l’uguaglianza nella società []”. Tra queste parole si annida un importante pensiero: nella misoginia suscitata tra i musulmani da false ideologie e testi non autentici, s’intreccia la battaglia comune per i diritti umani nella società più allargata, non solo quella a prevalenza musulmana in Medioriente e in alcune parti dell’Oriente, ma nella stessa realtà d’Occidente, dove le minoranze sono occupate da centinaia di anni in un dialogo d’integrazione sociale. Grazie al lavoro di donne come Huda Shaarawi, Nazira Zayn al-Din, Aisha Abdu al-Rahman, Zhainab al-Ghazali – di cui hai pubblicato le sue Memorie dal carcere durante i diciassette anni di torture, prigionia e lavori forzati subiti dopo l’arresto nel 1954 – Amina Wadud e a gruppi di ricerca e associazioni come GIERFI, si sta diffondendo uno studio dell’interpretazione delle Scritture che in una tua recente pubblicazione hai definito “Gender Jihad”. Femministe musulmane come Asma Lamrabet sottolineano gli scopi comuni del femminismo secolare e religioso, alla luce della ricerca per un’uguaglianza di genere e di una giustizia sociale. Quanto e in che modo tale nuova visione è accolta e integrata in quella dell’islamismo in Italia e in Europa?

MARISA Che cosa intendi per islamismo? 

DELILAH La cultura dell’Islam nella tradizione religiosa. 

MARISA Forse, in tal caso, sarebbe meglio dire “nelle tradizioni delle comunità religiose più conservatrici”, perché l’islamismo ha ormai un significato storico e politico ben preciso, è il movimento islamista, pensiero islamista, una connotazione politica. Dal 2001 in poi si è sempre parlato di Islam nei media e alcuni termini hanno cambiato significato, c’è tanta confusione. 

DELILAH Quanto è accolto  il Jihad  – Jihad significa sforzo, impegno, in questo caso gender jihad si può tradurre come lotta femminista – Jihad femminile?

MARISA Il Jihad femminile non è accolto perché le giovani e i giovani sono lontani dai luoghi di culto. Non c’è una visione femminista perché il femminismo è un metodo, è una pratica, qualcosa da applicare a tutta la visione del mondo. Ne parlo spesso con Franca Cohen, il Gender Jihad è un movimento globale, costituito da gruppi internazionali dove discutiamo di hadith, di aborto, di diritti civili. Attualmente, non c’è nulla di questo in Italia.

NUNZIA Leggendo il tuo saggio, mi è venuto in mente uno studio fatto su Paolo di Tarso, sulle sue lettere alle comunità che poco margine lasciavano ad equivoci riguardo al “non” ruolo delle donne e mi sorge quindi una domanda: le tre religioni monoteiste, sebbene parlino di uguaglianza, di comunione tra uomo e donna, hanno una base misogina, basti pensare al racconto del peccato originale causato dalla prima donna… perché si deve e si è dovuto sempre giustificare, attraverso studi, convegni e quant’altro, o ancora meglio, puntualizzare il ruolo della donna, la sua uguaglianza e libertà?

MARISA Insisto sempre su un fatto: noi abbiamo una scrittura, il Corano, in cui la creazione dell’umanità non riprende i testi di genesi… nel Corano non c’è scritto che Dio creò prima l’uomo e che Eva venne creata dalla costola di Adamo, e non c’è menzione della tentazione che ha generato il peccato originale. Si narra di una disobbedienza, ma è di entrambi ed entrambi sono stati perdonati. Ripeto, non esiste nessun peccato, è una questione che si è chiusa lì! Nonostante ciò, alcuni commentari antichi, molto autorevoli, del Corano hanno ripreso le storie di genesi della creazione di Eva da Adamo, infarcendoli di particolari: tratto queste citazioni anche ne La costola storta… Eva nata dalla costola di Adam, Adam dormiva, Dio l’ha resa stupida, e altri passaggi ancora. Gli studiosi hanno ripreso questi racconti perché erano funzionali ad una visione del mondo, che inserisce la donna in una condizione subalterna e interna, un prodotto dell’uomo per l’uomo.

 

Delilah Gutman, Cieli in ascolto

DELILAH Nel corso del testo, in particolare nel secondo capitolo, rimandi l’erronea interpretazione a un condizionamento della tradizione ebraica e cristiana. Ma, l’ermeneutica ebraica invita a non considerare la narrazione biblica un racconto e interpretare il significato che può celarsi dietro l’inciampo di una storia. Ad esempio, la parola “Zelah” viene tradotta come “costola”, ma il suo significato ha radice in “metà di qualcosa”. Tra le innumerevoli risposte che gli studiosi hanno cercato per comprendere cosa significasse “metà di qualcosa” si è giunti anche a mettere in relazione la conoscenza biblica, dopo il 1953 e la scoperta di Watson e Crick, con la scoperta del DNA e la natura dei cromosomi, 22 (come le lettere dell’alfabeto ebraico), sottolineando che il numero dei cromosomi nella donna è lo stesso che negli uomini, ma identica solo nella metà. Molte altre, e più complesse, sono le interpretazioni di questo passo in Bereshit/Genesi. Che cosa intendi per condizionamento della tradizione ebraica e cristiana?

MARISA Intendo che sono i cosiddetti israeliet, cioè storie, nel senso di narrazioni orali o popolari ebraiche, che sono anche cristiane, musulmane, non è questione di esegesi, ma di tradizioni popolari.

 

Marisa Iannucci e Life Onlus

NUNZIA L’associazione di volontariato Life Onlus, che hai fondato e presiedi, di cosa si occupa?

MARISA Con Life Onlus ci occupiamo di diversi ambiti dei diritti umani. Essendo odv (Organizzazioni di volontariato), operiamo soprattutto in carceri maschili, ma gestiamo Casa Life, un luogo in cui si ospitano donne, per lo più anziane e abbandonate, che non hanno una casa. Tutto ruota intorno alla società, alle persone. La sede è a Ravenna. La Casa Life non è religiosa, ci sono donne di varie identità che convivono insieme e benissimo, perché sono accomunate dall’essere donna e dall’aver perso una casa, non hanno nessuno. L’idea di una casa e non di un dormitorio risponde a più esigenze: un dormitorio è un luogo tipicamente maschile, dove puoi dormire con l’obbligo di lasciarlo durante il giorno. La “casa” restituisce una dignità all’essere umano.

NUNZIA So del tuo lavoro e volontariato nelle carceri – per anni, sia a Bologna che a Ferrara –, ci vuoi parlare di questa tua esperienza?

MARISA Ho lavorato tanto in carceri maschili a Bologna, Ferrara, anche a Parma. Poi, come associazione abbiamo aperto lo sportello sociale, attivo da ormai tanti anni, nel carcere di Ravenna che è un carcere maschile, e in quello di Forlì. Non abbiamo mai avuto problemi a lavorare con uomini. Nel carcere gli equilibri cambiano, ci sono altre regole, altri modi di instaurare le relazioni. Il dialogo dipende molto da come lo si affronta: in genere, in carcere dove si è privati di tutto, chi può darti qualcosa è sempre ben visto. Sicuramente il mondo maschile nelle carceri è un mondo sessista. Ci sono pregiudizi, ma spesso, secondo me, nel lavoro basato sulla relazione essi passano in secondo piano.

 

Marisa Iannucci, per le donne

DELILAH Qual è la mission dei progetti realizzati attraverso gli sportelli sociali? 

MARISA Apertura settimanale per quattro ore dello sportello sociale di ascolto e supporto ai detenuti. Si realizzano diversi obbiettivi, tra cui anche mantenere il rapporto con le famiglie. Il progetto “Famiglia senza Confini” è un altro progetto dedicato ai familiari dei detenuti. Con una sorta di volontariato, lo sportello provvede anche a quello di cui i detenuti indigenti sono bisognosi. Ci sono momenti di festa per tutti, di convivialità insieme, si condivide il cibo tenendo conto delle proprie religioni. In carcere le piccole cose diventano importanti. È un volontariato sociale di quelli artigianali, il nostro. 

NUNZIA Cosa ti fa essere così straordinariamente umana? 

MARISA Questo è un bellissimo complimento e lo prendo come un augurio. In realtà è quello a cui dobbiamo tendere tutti, ricordarci di essere UMANI, dobbiamo impegnarci per questa umanità.

 

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Immagine di copertina
HG Studios, La spirale della conoscenza

 

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Nunzia Pasturi
Fin dall’infanzia ho dato grande importanza ai libri rifugio, e, allo stesso tempo veicolo concreto per scoprire l’essenza del mondo e i risvolti  dell’umanità nella società oramai sempre più liquida, come ha sottolineato Zygmunt Bauman. Paragono la scrittura come un motore potente contro l’ignoranza e l’indifferenza.
Mi sono laureata nel 2012 presso l’università della Calabria con il prof. Nuccio Ordine, letterato, accademico e professore ordinario di letteratura italiana presso Unical, internazionalmente riconosciuto come uno dei massimi studiosi del Rinascimento e di Giordano Bruno, con titolo della tesi: “Il viaggio come metafora della vita”. Terminati gli studi ho sostenuto vari concorsi, ho partecipato a conferenze, convegni, presentazione dei testi e ho scritto prefazioni e postfazioni per autori del Novecento. Sono docente di lettere nella scuola secondaria di primo grado in provincia di Rimini.

 

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Delilah Gutman è compositrice, pianista e cantante e svolge la sua attività di musicista in Italia e all’estero. Di origine Italo-Americana, con radici polacche e partenopee, è nata a Madrid e vive a Rimini. È docente di Composizione al Conservatorio “S. Giacomantonio” di Cosenza.

Compositrice, conta prime assolute in Italia ed all’estero, oltre a trasmissioni radio, e diverse incisioni discografiche. Pubblica con Stradivarius, Curci, Ut Orpheus e Sinfonica. Interprete pianista e cantante, svolge l’attività concertistica in Italia e all’estero, come solista e in formazioni cameristiche, esplorando nel contesto del suo personale progetto di ricerca musicale MAP – musica, arte e poesia – la frontiera tra arte, musica e repertorio etnico, in relazione al linguaggio della musica d’arte in Occidente. Al momento, si è esibita in Italia, Repubblica Ceca, Israele, Messico, Francia, U.S.A., India, Svizzera. Per il suo costante impegno nel dialogo interculturale è stata insignita nel 2012 “Ambasciatrice dell’amicizia Israele-Italia” in occasione di un suo concerto in Israele.

Poetessa, ha pubblicato con Raffaelli Editore i libri di poesie “Alfabeto d’amore”, con la prefazione di Manrico Murzi e la postfazione di Lucrezia De Domizio Durini, e “Alfabeto degli opposti”, con la prefazione di Manrico Murzi. Di prossima pubblicazione con lo stesso editore è una raccolta di poesie in collaborazione con il poeta turco Erkut Tokman, con cui fa parte del movimento “Poesia aperta”.

È autrice delle Singing Sculpture #1 “Il seme genera la parola” – installazione permanente presso il Museo J.Beuys di Bolognano, nella Piantagione Paradise – e Singing Scuplture #2 “L’amore genera la terra”, installazione permanente presso la Fondazione Verità di Locarno.

Si è diplomata in pianoforte, composizione e musica elettronica al Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Milano. Ha studiato composizione con Bruno Zanolini, Niccolò Castiglioni e Alessandro Solbiati, musica elettronica con Riccardo Sinigaglia e pianoforte con Lidia Baldecchi Arcuri.
Ha conseguito la laurea in Discipline Musicali-Composizione Teatrale presso il Conservatorio “Gioachino Rossini” di Pesaro, Dipartimento di Alta Formazione Artistica e Musicale, relatore Filippo Maria Caramazza, con la presentazione della sua opera “Jeanne and Dedò” composta sul libretto di Manrico Murzi, e con la dissertazione sulla sua teoria musicale: Pericronismo – Perichronism, Music Theory.
Si è laureata all’Università di Urbino “Carlo Bo” nel Master di I livello in “DSA, BES e Disturbi dello Sviluppo. Psicopedagogia, Didattica, Comunicazione” e presso la stessa Università nel Master di II livello “Mediazione dei Conflitti” con la tesi “La voce immaginativa: strumento di formazione e azione terapeutica nella mediazione dei conflitti”, percorso in cui si sta perfezionando con il Prof. Franco Nanetti a Pesaro presso AIPAC.

 

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  • Delilah Gutman

    Delilah Gutman è compositrice e pianista, cantante e poetessa. È attualmente docente in Teorie e tecniche dell’Armonia al Conservatorio “G.Verdi” di Ravenna. Svolge la sua attività di musicista in Italia e all’estero – Cina, Repubblica Ceca, Israele, Messico, Francia, U.S.A., India, Svizzera e ancora. Trale pubblicazioni si annoverano le raccolte di brani e le composizioni edite da Sinfonica e Ut Orpheus, attualmente pubblica con Stradivarius e Curci. Come solista e in formazioni cameristiche, esplora nel contesto del suo personale progetto di ricerca musicale MAP – musica, arte e poesia – la frontiera tra arte, musica e repertorio etnico, in relazione al linguaggio della musica d’arte in Occidente. Per il suo costante impegno nel dialogo interculturale è stata insignita nel 2012 “Ambasciatrice dell’amicizia Israele-Italia” in occasione di un suo concerto in Israele. Poetessa, ha pubblicato con Raffaelli Editore i libri di poesie “Alfabeto d’amore”(Menzione d’onore al Premio Mario Luzi), con la prefazione di Manrico Murzi e la postfazione di Lucrezia De Domizio Durini,  “Alfabeto degli opposti” (Menzione d’onore al Premio Alda Merini), con la prefazione di Manrico Murzi, e “Esistenze/Canto a due voci”(Menzione d’onore al Premio Montano) con il poeta turco Erkut Tokman, con cui fa parte del movimento poetico Açik Şiir (Poesia Aperta). È autrice delle Singing Sculpture #1 “Il seme genera la parola” – installazione permanente presso il Museo J.Beuys di Bolognano, nella Piantagione Paradise – e Singing Scuplture #2 “L’amore genera la terra”, installazione permanente presso la Fondazione Verità di Locarno. Presiede l’Associazione Culturale DGMA.

  • Nunzia Pasturi

    Nunzia Pasturi è docente di lettere nella scuola secondaria di primo grado nella Provincia di Rimini. Direttrice artistica della rassegna letteraria “Storie Itineranti / Storie di donne, di coraggio, di umanità”, opera in collaborazione con la Provincia di Rimini – Ufficio Pari Opportunità – e i comuni della provincia per un’attiva educazione alla tutela dei diritti delle donne e degli orfani delle vittime di violenza familiare, attraverso gli strumenti della cultura e delle arti. Già direttrice artistica di rassegne come “Parole e note” alla Villa San Clemente, Libri…in Villa e “Sinfonie Letterarie” – tra i cui ospiti Nuccio Ordine, Francesco Apolloni, Catena Fiorello, Marcello Kalowski, Natalia Lenzi ed altri, che hanno sostenuto con costanza le attività di educazione all’ascolto e alla lettura, per trasmettere alle nuove generazioni l’importanza dei libri come veicolo concreto per scoprire l’essenza del mondo e i risvolti dell’umanità. Nunzia Pasturi, laureatasi con il Prof. Nuccio Ordine in Lettere Moderne all’Università della Calabria, è attiva come giurata presso Premi Letterari, relatrice di convegni e autrice di presentazioni ai libri. Ha trasformato in azione l’indagine della scrittura come strumento di lotta contro l’ignoranza e l’indifferenza.