RIVISTA DI CULTURA MEDITERRANEA

Seberg, film di Benedict Andrews – commento critico a cura di Cecilia Fortuna

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Seberg

a cura di Cecilia Fortuna

 

          Nel film Seberg il regista Benedict Andrews mette in scena la vita di Jean Seberg, una vera icona del cinema internazionale, protagonista del film che l’ha resa famosa “À bout de souffle” (Fino all’ultimo respiro), un film del 1960 scritto e diretto da Jean-Luc Godard, considerato uno dei film manifesto della Nouvelle Vague.

          L’attrice viene ritratta come una Giovanna d’Arco contemporanea, personaggio che tra l’altro aveva interpretato per Otto Preminger, in “Santa Giovanna”, suo esordio cinematografico a soli diciotto anni, dove era stata scelta tra migliaia di volti. Le fiamme del rogo avevano rischiato di arderla viva a causa di un incidente, tanto da lasciarle delle cicatrici indelebili sul corpo.

          Nel film la Seberg viene così rappresentata come una martire, paladina della giustizia, capace di arrivare al sacrificio di se stessa al fine di perseguire i propri ideali. La sua lotta aveva come fulcro la causa dei diritti civili delle persone di colore; infatti già all’età di 14 anni, la Seberg aveva fatto attivismo in Iowa nella National Association for the Advancement of Colored People.

Jean Seberg e Jean Paul Belmondo nel film À bout de souffle (Fino all’ultimo respiro), del 1960

 

          Nel film la Seberg, ormai all’apice della sua carriera, durante un volo da Parigi a Los Angeles viene avvicinata da Hakim Jamal, attivista per i diritti civili della popolazione afroamericana negli Stati Uniti, appartenente al movimento rivoluzionario delle Black Panther .

          I due iniziano una relazione, sia politica che sentimentale, finendo nel mirino dell’FBI. Comincia così una persecuzione reale e psicologica attraverso un programma illegale chiamato COINTELPRO, il cui scopo era quello di indagare su chiunque fosse considerato sovversivo o anche solo sostenitore o simpatizzante dei rivoluzionari. La Seberg, che finanziava il movimento delle Black Panther, veniva spiata dall’FBI e allo stesso tempo la sua immagine veniva manipolata in modo tale da screditarla di fronte al pubblico nell’intento finale di neutralizzarla.

Kristen Stewart in Seberg

 

          L’ossessione di essere perseguitata l’ha portata così alla follia e a numerosi tentativi di suicidio. Ma ancora oggi la sua morte rimane adombrata da un velo di mistero ed è stata archiviata come “suicidio sospetto”.

          È proprio per questo motivo che il film vuole riportare in vita la sua memoria ridando giustizia alla sua immagine: non solo il caschetto biondo del film di Godard, ma una donna forte, ribelle che voleva essere d’aiuto attraverso la sua immagine e la sua notorietà per fare la differenza, credendo in ideali forti.

          La Seberg sembra desiderosa di interpretare solo film che possano lasciare un segno nella Storia del cinema, film che contano, intellettualmente validi; pare affamata del contatto con la realtà, una realtà su cui vuole incidere e che plasma non solo attraverso il suo lavoro di attrice ma anche attraverso le sue scelte politiche ed esistenziali. L’attrice si mostra fragile emotivamente, “una ferita aperta”, come direbbe Martin Scorsese, sull’orlo della paranoia quando si sente braccata dall’FBI.

          Purtroppo la politica repressiva del tempo l’ha tagliata fuori, non le venivano più offerte parti importanti ma solo frivole e il sistema era arrivato addirittura a non riproporre più i suoi film nelle sale.

          In un’epoca di rivolte studentesche e di contestazione politica la Seberg non aveva paura di esprimere le sue idee, anche se contrarie a quelle dominanti negli studios di Hollywood.

          Oggi l’intento attraverso questo film è quello di far luce sulla realtà di quegli anni e di portare giustizia nel nome della sua memoria. Ma quello che traspare dal film, però, è anche la descrizione di un’attrice con la camicetta sbottonata e il libretto degli assegni in mano.

          Il ruolo di Jean Seberg è magistralmente interpretato da una giovane Kristen Stewart, una promessa attoriale fin dai tempi di Panic room dove ha recitato con Jodie Foster e dalla saga di Twilight che l’ha resa l’idolo dei teen-ager.

Kristen Stewart

 

          Secondo la Stewart la Seberg recitava in maniera naturalistica, risultando in ogni momento vera di fronte alla macchina da presa, cercando di essere se stessa, volendo essere accettata per le sue scelte fuori e all’interno dei vari set cinematografici che l’hanno vista protagonista. La Stewart in questo film riesce ad evocare al meglio il miscuglio di tristezza ed ingenuità che contraddistinse l’icona della Nouvelle Vague.

          Il film è stato presentato in anteprima mondiale il 30 agosto alla mostra del cinema di Venezia, per commemorare proprio la Seberg: lo stesso giorno in cui è stata trovata morta esattamente quarant’anni fa.

 

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