RIVISTA DI CULTURA MEDITERRANEA

DONNE CONTROCORRENTE. Classici Contro al Teatro Sociale di Cittadella

[Tempo di Lettura: 13 minuti]

DONNE CONTROCORRENTE
Classici Contro al Teatro Sociale di Cittadella
6 novembre 2021

a cura di Alberto Camerotto
(Classici Contro – Università Ca’ Foscari, Venezia)

Il Teatro Sociale di Cittadella prima dell’azione

 

         I Classici Contro dell’Università Ca’ Foscari ritornano in azione nei teatri, con i segni dei nuovi progetti che si preparano in tutta Italia. Al Teatro Sociale di Cittadella sabato 6 novembre, alle ore 21, abbiamo visto sulla scena Donne controcorrente, con l’introduzione di Alberto Camerotto, ideatore con Filippomaria Pontani del progetto Classici Contro, e di Elisabetta Biondini, giovane studentessa siracusana che si occupa di teatro e di voci al femminile (Aletheia Ca’ Foscari). Tutta l’azione si sviluppa con la presentazione e la guida di Marta Ereno, dell’A.P.S. Compagnia Stabile Città Murata di Cittadella e docente di Filosofia del Liceo Tito Lucrezio Caro. Al centro della serata l’intervento di Marcella Farioli, ricercatrice dell’Université Paris-Est Créteil, che ci parla delle donne dalla prospettiva antica dell’Atene di età classica e dei miti, quando le cittadine erano private di molti diritti, escluse dalla politica attiva e dalla proprietà dei mezzi di produzione. Nella fantasia dei poeti della stessa epoca fioriscono invece figure di eroine minacciose e nemiche degli uomini: assassine di mariti e figli, seduttrici, guerriere, maghe ingannatrici, matrigne, adultere, vergini indomabili. Che significano per noi Medea, Clitemestra, Fedra, Antigone?

         Accanto alle donne antiche entrano in azione le parole moderne. La proposta filosofica di partenza di Ermanno Reffo e degli attori dell’A.P.S. Compagnia Stabile Città Murata di Cittadella sta nell’idea di Luce Irigaray: la donna non può essere definita con un concetto, né riportata a un’identità, perché ogni definizione è un limite che riduce la potenza e il valore del femminile: né chiusa, né aperta, indefinita ma anche infinita, aperta al divenire, alla relazione con l’altro, allo scambio. In scena sono le poesie di Alda Merini a parlare, una poetessa moderna che come Dante ha attraversato tutti i gironi dell’inferno, l’inferno dell’infelicità e del manicomio. Ma nella sua Terra santa c’è tutto il viaggio dell’uomo. Le letture recitate sulla scena hanno dato risalto a quattro momenti indicati con i colori, il marrone, l’azzurro, il rosso, il bianco, e con immagini tra corpo, materia, terra e anima, intelletto e cielo. Una opposizione polare che esprime la bellezza del femminile e insieme la tensione della poesia, dei sentimenti, della ricerca di nuovi spazi e di libertà. Accanto alle poesie di Alda Merini, i versi di Joumana Haddad e un confronto parallelo tra la passione di Paolo e Francesca nel V canto dell’Inferno di Dante, con la voce di Ernesta Pontarollo.

Immagine di Alda Merini sulla scena del Teatro Sociale di Cittadella


I
UN PROLOGO ANTICO
LA VOCE CONTROCORRENTE DI SAFFO
(Alberto Camerotto, Università Ca’ Foscari)

        Saffo, il primo nome di una poetessa, dal VII secolo a.C. A Ereso, nell’isola di Lesbo, è la maestra di un thiasos, come dire la professoressa di un liceo. È la voce di una donna, la prima donna che ha la libertà di parlarci, di dirci il suo pensiero di donna. Le sue liriche sono canzoni monodiche, accanto ai canti corali per le feste più belle. Sono canzoni a una sola voce, come le canzoni dei nostri cantautori. Sono accompagnate dalle note della lira, il più prestigioso degli strumenti antichi. Sono composizioni fatte di brevi strofe, con le note e i ritmi che si ripetono semplici. Ma che rimangono negli orecchi e nella mente. E diventano subito voce collettiva, le canta Saffo, le cantano le sue allieve, ma le parole e la musica si diffondono ovunque, restano famose per sempre, le studiamo ancora nei nostri licei e nelle università. Per introdurre la serata di Donne Controcorrente, l’azione Classici Contro nel bellissimo teatro di Cittadella, ci accontentiamo di una sola strofe (Sappho fr. 16.1-4 Voigt).

ο]ἰ μὲν ἰππήων στρότον οἰ δὲ πέσδων
οἰ δὲ νάων ϕαῖσ’ ἐπ[ὶ] γᾶν μέλαι[ν]αν
ἔ]μμεναι κάλλιστον, ἔγω δὲ κῆν’ ὄτ-
   τω τις ἔραται· 

Alcuni una schiera di cavalieri, altri di fanti,
altri di navi dicono che sulla terra nera
siano la cosa più bella, e io ciò che
   ciascuno ama (trad. A. Aloni, 1997)

        È un canto d’amore, non è altro che un canto d’amore come tanti che sono stati composti e cantati da tutti. Sono le canzoni delle nostre vite. Ma c’è qualcosa che ci impressiona. C’è un pensiero altro ed è il pensiero di una poetessa. La strofa riporta un’idea collettiva che ancor oggi ci sembra più o meno comune, normale. Si parla della cosa più bella, la cosa che ci affascina, che ci incanta. Sembra che una parata di cavalieri, uno schieramento di fanti, una flotta di navi sul mare esercitino da sempre su tutti un fascino enorme. Lo schieramento, le armi, le corazze, gli scudi. L’ordine, la forza, il passo di marcia, il rumore, le musiche delle fanfare. Anche oggi la folla si assiepa intorno all’Altare della Patria a Roma il 2 giugno di ogni anno per veder sfilare le forze armate in bell’ordine, i corazzieri a cavallo con gli elmi lucidi, tutti si alzano sulla punta dei piedi per vedere uno scorcio dello spettacolo. E poi si levano verso l’alto gli occhi quando passano per pochi secondi le frecce tricolori. È lo spettacolo delle armi, certo lo spettacolo civile, in tempo di pace. È la festa della Repubblica. Che rifiuta oggi la guerra dopo le due guerre mondiali. Ma le armi restano un segno di guerra. Ricordano lo spettacolo degli schieramenti in armi sulla piana di Troia. Il bagliore accecante delle armi di bronzo, formidabile, suscita lo stupore, l’ammirazione, la paura, l’orrore. È il fascino osceno della guerra. Vale ancora oggi.
        Così come ancora per il nostro presente valgono tutte le categorie che oppongono maschile e femminile. Basta guardare la vetrina multicolore del negozio di giocattoli fuori dall’entrata del Teatro Sociale di Cittadella. Ci dice che ancor oggi siamo fatti così. Allora, alla fine della strofe di Saffo, al pensiero collettivo, al sistema dei segni condiviso da tutti, che è il pensiero di tutti, si contrappone la voce diversa di una donna. È la parola di un think different, di un sistema cognitivo opposto. Il canto di Saffo diventa allora un canto d’amore e di protesta, una canzone che dice una verità diversa, 2700 anni prima di A Hard Rain’s a-Gonna Fall o di The Times They Are a-Changin’. Può valere un Nobel.
        La cosa più bella non è la guerra, non sono le armi, non è il potere, non è la ricchezza. Il fascino osceno va smontato nelle nostre menti. La cosa più bella per ciascuno di noi è ciò che viviamo nella nostra quotidianità. A cominciare dalle persone che amiamo. Sarebbe facile per tutti capirlo. Così dice la strofa che segue. Bisognerà tornare a leggere le poesie, a cantare le canzoni di una donna controcorrente. Magari insieme alle poesie di Alda Merini, che a noi è così vicina.

Elisabetta Biondini, Aletheia Ca’ Foscari, Venezia


II
LA RIVOLUZIONE DI LISISTRATA
(Elisabetta Biondini, Aletheia Ca’ Foscari)

          «Queste donne qui con la guerra non hanno proprio nulla a che fare», dice il Probulo alle donne della Lisistrata, che parlano di guerra, ma per ottenere la pace. E invece con la guerra le donne hanno profondamente a che fare, come madri, come vedove, come preda di guerra, vittime e schiave condannate a diventare memoria di ciò che è stato e che non sarà più. Il corpo femminile è campo di battaglia per i soldati vittoriosi, ma a volte succede che questi corpi combattano. È il caso delle donne di Selinunte, di cui ci parla Diodoro Siculo, o di quelle di Platea, su cui ci informa Tucidide, che tirano disordinatamente pietre addosso ai nemici. Esempi di guerriere valorose esistono, ma solo nei racconti del mito: è lì che incontriamo l’amazzone Pentesilea, che nei Posthomerica di Quinto Smirneo ispira l’emulazione delle donne troiane al combattimento. «La guerra è affare di uomini», ricorda Theanò, e così facendo Quinto Smirneo tende un filo che ci riporta indietro fino a Omero e al πόλεμος δ’ἄνδρεσσι μελήσει con cui Ettore rimandava la sposa nelle sue stanze. Andromaca voleva la pace, per avere il marito vicino a lei, Lisistrata voleva la pace, per lo stesso motivo. Ma le Ateniesi che lapidarono Licida per aver accettato un trattato di pace durante le guerre persiane non volevano la pace, come non la volevano le Troiane lungo peplo, di cui Ettore temeva il giudizio. Insomma, come vittime disperate o come combattenti, come pacifiste o come guerrafondaie, le donne con la guerra c’entrano, ieri come oggi, e c’entrano non come entità astratta, ma come soggetti, storici (o mitici), da immaginare alla luce di una nuova e umana complessità.

Albatros
Alda Merini, La Terra Santa (Scheiwiller, 1984)

Io ero un uccello
dal bianco ventre gentile,
qualcuno mi ha tagliato la gola
per riderci sopra,
non so.
Io ero un albatro grande
e volteggiavo sui mari.
Qualcuno ha fermato il mio viaggio,
senza nessuna carità di suono.
Ma anche distesa per terra
io canto ora per te
le mie canzoni d’amore.

 

Marta Ereno, APS Compagnia Stabile Città Murata


III
DONNE CONTROCORRENTE:
LE PAROLE DI ALDA MERINI SULLA SCENA
(Marta Ereno, APS Compagnia Stabile Città Murata, Cittadella)

A tutte le donne
Alda Merini, Testamento (Crocetti, 1988)

Fragile, opulenta donna, matrice del paradiso
sei un granello di colpa
anche agli occhi di Dio
malgrado le tue sante guerre
per l’emancipazione.
Spaccarono la tua bellezza
e rimane uno scheletro d’amore
che però grida ancora vendetta
e soltanto tu riesci
ancora a piangere,
poi ti volgi e vedi ancora i tuoi figli,
poi ti volti e non sai ancora dire
e taci meravigliata
e allora diventi grande come la terra
e innalzi il tuo canto d’amore.

        Si può parlare della donna come di “un volume senza contorno: né chiusa, né aperta, indefinita ma anche infinita, una donna aperta al divenire, alla relazione con l’altro, allo scambio, alla libertà”, afferma Luce Irigaray. La scelta è di cogliere questi elementi filosofici in Alda Merini. Perché trasgressiva, dissacrante, controcorrente, lei lo è sempre stata, anche come paladina nelle battaglie per l’emancipazione femminile. Afferma con forza l’unicità della donna, il suo ruolo insostituibile nel creato per la sua natura miracolosa nel donare la vita. La poesia di Alda è intensa, vera, potente, traboccante di umanità, che prende corpo nella parola precisa, pregnante e dall’afflato divino. I suoi versi sono capaci di intrecciare eros e agape, carne e anima, desiderio e fede. Leggere  le sue poesie significa prepararsi al dualismo e al compenetrarsi di cielo e terra, di carne e spiritualità, di corpo e anima: probabilmente non vi è aspetto più interessante di questo nella sua “ragione poetica”, per usare un concetto di Maria Zambrano. La Merini  è una grande conoscitrice delle sacre Scritture, del cantico dei cantici, delle poesie di Coleridge e Baudelaire, e poi come Dante ha attraversato tutti i gironi dell’inferno. Il manicomio, come dice lei stessa, è “una palude secca e selvaggia”, ma malgrado tutto, “un formidabile punto di osservazione”, un luogo di dannazione dove le sbarre del letto, le fascette di contenzione, gli elettroshock, le mortificanti denudazioni, i maltrattamenti, pur schiaffeggiandola nell’anima, non sono riusciti a strapparle il suo ostinato amore per la vita. Donna controcorrente significa allora essere natura nel senso di un intreccio di corpo-materia-terra e anima-interiorità-cielo. Nell’opposizione sta da un lato la bellezza dell’essere donne e dall’altro il bisogno di poesia, di sentimenti, di parole, di ricerca di nuovi spazi e di libertà. Da sempre.

La danza di Sara Merlo, APS Compagnia Stabile Città Murata


IV
IL SENSO DELLA DANZA
(Sara Merlo, APS Compagnia Stabile Città Murata, Cittadella)

        “Per me danzare è sperimentare con il proprio corpo, è emozionarsi ed emozionare gli altri con il movimento.
        L’ espressione corporea nasce da dentro, dalla propria anima; ogni movimento è sentito e vissuto e ogni gesto è ricercato e analizzato… per una donna la danza permette di conoscersi, di osservare ed ascoltare ogni sfumatura della propria sensibilità e del proprio essere, di “trasformarsi” e di CREARE.

La danza di Sara Merlo, APS Compagnia Stabile Città Murata

Spazio
Alda Merini, Vuoto d’amore (Einaudi 1991)

Spazio spazio, io voglio, tanto spazio
per dolcissima muovermi ferita:
voglio spazio per cantare crescere
errare e saltare il fosso
della divina sapienza.
Spazio datemi spazio
ch’io lanci un urlo inumano,
quell’urlo di silenzio negli anni
che ho toccato con mano.

Lettura poetica di Ermanna Terzo, APS Compagnia Stabile Città Murata
La rhesis civile di Marcella Farioli, Modena – Université Paris-Est Créteil

V
DOMINATRICI O DOMINATE? EROINE PERICOLOSE
NELLA LETTERATURA ATENIESE DEL V SECOLO
(Marcella Farioli, Modena – Université Paris-Est Créteil)

        La scena del teatro di Dioniso, nell’Atene del V secolo, è popolata di donne “controcorrente”, che trasgrediscono al ruolo materno e coniugale loro socialmente assegnato. Si tratta di figure pericolose, e le loro vicende sono cruente: sono assassine di mariti, come Clitemnestra, che uccide Agamennone di ritorno dalla guerra di Troia; figlicide, come Medea, che assassina i suoi bambini per colpire il marito che vuole contrarre un nuovo matrimonio, o come Procne, che imbandisce il figlio Iti al suo sposo violento e traditore. Ci sono poi le donne lussuriose: adultere, seduttrici dei figliastri (come Fedra), cortigiane; maghe, incantatrici, guerriere, vergini che rifiutano il matrimonio, le scioperanti del sesso della Lisistrata di Aristofane.
        Come si conciliano simili rappresentazioni con le vite reali delle cittadine ateniesi nel V secolo? Lungi dal trasgredire, queste ultime non accedevano alle magistrature né alla milizia, non avevano una personalità giuridica e vivevano sotto la tutela di un familiare maschio, non sceglievano il loro sposo, ottenevano attraverso la dote solo una piccola parte dell’eredità paterna.
        Come si spiega questo iato profondo tra il mito e la storia e a cosa si deve la rappresentazione, soprattutto nel teatro antico, di così tante figure femminili pericolose?
        Secondo il giurista svizzero Bachofen, a metà dell’Ottocento, queste figure erano le vestigia di un antico matriarcato, che avrebbe coinvolto la preistoria di tutte le società umane; la fallacia di questa tesi, ampiamente dimostrata negli anni ’60, venne sostituita dall’idea che la psiche maschile fosse invariabilmente sfiorata dalla ginecofobia, la paura delle donne in quanto alterità. Le spiegazioni successive sono state numerose; per chi ritiene che non esistano invarianti psichiche né uguale sviluppo per le diverse civiltà, ma che la cultura e la psicologia siano un prodotto sociale che cambia nel tempo, le rappresentazioni di queste figure non possono che essere legate ai rapporti sociali materiali della società che le ha prodotte. Nella fattispecie, l’insistenza sulla pericolosità naturale delle donne, serve ad ammonire il pubblico del teatro ateniese a diffidare di esse, a controllarle e a non concedere mai loro ruoli di potere. La “razza delle donne”, del resto, è figlia di Pandora, a causa della quale la morte, la vecchiaia e le malattie sono giunte sulla terra.
        Per un amaro paradosso, insomma, queste polisemiche figure immaginarie di eroine “controcorrente”, svolgono anche la funzione – profondamente ideologica – di giustificare, naturalizzare e perennizzare i rapporti di forza vigenti.

Maddalena Monico, Liceo Primo Levi, Montebelluna

VI
IL LINGUAGGIO DELLA POESIA
(Maddalena Monico, Liceo Primo Levi, Montebelluna)

Quando il cielo baciò la terra e nacque Maria
Alda Merini, Magnificat. Un incontro con Maria (Frassinelli 2002)

Quando il cielo baciò la terra nacque Maria.
Che vuol dire la semplice,
la buona, la colma di grazia.
Maria è il respiro dell’anima,
è l’ultimo soffio dell’uomo.
Maria discende in noi,
è come l’acqua che si diffonde
in tutte le membra e le anima,
e da carne inerte che siamo noi
diventiamo viva potenza.

        La poesia ha un suo linguaggio fatto di suoni, immagini, parole che non solo parlano, ma evocano sensazioni e sentimenti. La poesia “al femminile” ha la straordinaria capacità di creare un mondo che solo in apparenza è “altro” rispetto a quello reale, parlando al cuore e alle viscere: “Non ho bisogno di denaro. Ho bisogno di sentimenti” recita con forza Alda Merini, in uno dei testi che è stato letto durante la serata dei Classici Contro a Cittadella: sentimenti che diventano grida e silenzio insieme, in una serie di immagini accostate e quasi sovrapposte (il fuoco, la paglia, il metallo) e di suoni che si rincorrono (l’urlo, il canto, il sussurro della ninnananna, la preghiera). Così attraverso le parole della poesia che è “magia che brucia la pesantezza delle parole” ripercorriamo nei testi che vengono proposti la donna in tutte le sue forme e le sue sfaccettature: dalla terra, alla carne, al fuoco della passione, al cielo. Il testo “Quando il cielo baciò la terra nacque Maria” – sempre della Merini – apre la sezione finale della serata, anticipando il canto  dantesco di San Bernardo e la preghiera alla Vergine. L’evocazione di un gesto semplice, il bacio, tra cielo e terra, rappresenta l’unione tra mondo umano e mondo divino nella figura di Maria. E non può che essere Maria (ancora una volta la voce femminile della poesia) a innalzare Dante – e con lui ogni uomo – fino a contemplare il mistero dell’assoluto e a vedere Dio.

La voce di Ernesta Pontarollo sulla scena di Donne Controcorrente


LA VOCE E IL CANTO DI MILVA
E DI ERNESTA PONTAROLLO

        Parlare di donne significa parlare di voce, poesia e canto. Come non fare un parallelismo tra Alda Merini e Milva e i grandi autori d’opera ed Ernesta Pontarollo. Due cantanti dalla voce unica.
        Alda Merini ha dedicato poesie alla grande Milva ed erano insieme in un tour che ha alternato musica d’autore, a tratti commovente, a sketch “naturalmente teatrali” esilaranti, in cui la cantante si è prestata a farsi prendere in giro dalla poetessa in duetti memorabili. Milva è stata una delle interpreti più intense, stimate, dallo stile e vocalità straordinariamente personali. Ha saputo dare corpo, voce e significato alle parole della Merini: dall’amore, alla dipendenza incondizionata, all’accettazione della propria situazione d’inferiorità che dall’amore è generata, alla consapevolezza del proprio annullarsi nel sentimento sino al divino. Milva lo ha saputo fare con una voce potente e una fisicità carismatica e straordinaria. Ha saputo proporre e affermare un’immagine femminile travolgente, eroica e coraggiosa, di grande forza, intelligenza e libertà. La sua voce è stata descritta da Piazzolla con la frase “profonda come la notte”, ma il suo canto era originariamente quello di un mezzosoprano di formazione lirica.

Sono nata il 21 a primavera
Alda Merini, Vuoto d’amore (Einaudi, 1991)

Sono nata il 21 a primavera
Ma non sapevo che nascere folle, aprire le zolle
Potesse scatenar tempesta

L’inferno è la mia passione.

        E lirica e virtuosistica è la voce di Ernesta Pontarollo che in due straordinarie arie “Deh, vien non tardar” tratta dalle Nozze di Figaro di Mozart e “la Vergine degli Angeli” da La Forza del destino di Giuseppe Verdi ha riempito la sala del teatro di musica ed emozione. La voce è il volume immenso e modulato che ci travolge, ci scuote e ci consente di comprendere una donna, un’artista. La sua voce è il sussulto della mente e del cuore, è leggerezza e profondità. La sua voce è l’esperienza che viviamo e che sentiamo come un brivido sulla pelle.

La vergine degli angeli
Mi copra del suo manto
E me protegga vigile
Di dio l’angelo santo
La vergine degli angeli
E me protegga me protegga
L’angiol di dio
E me protegga
L’angiol di dio
Me protegga
E me protegga

Alda Merini, foto per le letture sulla scena del Teatro Sociale di Cittadella


*

Immagine di copertina
La melagrana di Persefone, Andrea Friso APS Compagnia Stabile Città Murata

Nota
Tutte le immagini sono foto Classici Contro riprese dall’azione nel Teatro Sociale di Cittadella, 6 novembre 2021

*

Alberto Camerotto insegna Lingua e Letteratura greca presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia. Si interessa principalmente di epica greca arcaica e delle strategie della narrazione del mito, ma anche di parodia, di commedia e di satira antica. È l’ideatore, con Filippomaria Pontani, del progetto Classici Contro che porta la voce dei classici antichi nei teatri d’Italia, in particolare al Teatro Olimpico di Vicenza (2014 Nuda Veritas, 2015 Teatri di guerra, 2016 Xenia, 2017 Utopia Europa, 2018 Dike, 2019 Anthropos, 2020 Oikos). È il responsabile del Laboratorio di Letteratura Greca dei giovani di Aletheia Ca’ Foscari. È presidente dell’Associazione Italiana di Cultura Classica di Venezia. Dirige con F. Pontani la collana ‘Classici Contro’ di Mimesis Edizioni. Collabora con progetti e gruppi di ricerca in Italia e all’estero tra Amsterdam, Barcellona, Rouen, Atene, Oxford, Santa Fè.
Interviene occasionalmente sulle pagine culturali dei quotidiani. Ha ideato e diretto per il Gruppo GEDI il progetto Verità di Stampa. Nascono dai lavori delle lezioni il Seminario Utopico e il Seminario Epico (in collaborazione con l’Università di Salerno e l’Università di Siena). Ha ideato il progetto Effetto Satira per una discussione scientifica attorno alle nuove ricerche su Luciano di Samosata e sulla satira antica. Per gli studenti di Beni Culturali ha realizzato l’esperimento di Eikones[Akademaikai] per una azione corale in difesa della natura, del paesaggio e del patrimonio storico-artistico a partire dai pensieri antichi. Ha ideato e coordinato il progetto Oikos Poeti per il futuro, che raccoglie da tutto il mondo centocinquanta poeti in due volumi e apre la discussione in una serie di azioni tra la rete e l’Olimpico sul significato civile della parola poetica nel nostro tempo – naturalmente con il pensiero di Omero.

Tra le pubblicazioni recenti: Fare gli eroi. Le storie, le imprese, le virtù: composizione e racconto nell’epica greca arcaica, Il Poligrafo, Padova 2009; Luciano di Samosata. Icaromenippo, Edizioni dell’Orso, Alessandria 2009; Gli occhi e la lingua della satira. Studi sull’eroe satirico in Luciano di Samosata, Mimesis, Milano-Udine 2014; La satira del successo. La spettacolarizzazione della cultura nel mondo antico (tra retorica, filosofia, religione e potere), Mimesis, Milano-Udine 2017; Luciano di Samosata. Menippo o la negromanzia, Mimesis, Milano-Udine 2020.
È uscito ora l’esperimento di scrittura satirica secondo le regole antiche: Vedere Venezia. Treni satirici quotidiani (Dario De Bastiani Editore, 2020).
Tra gli ultimi volumi dei Classici Contro: Uomini contro. Tra l’Iliade e la Grande Guerra, Mimesis, Milano-Udine 2017; Xenia. Migranti, stranieri, cittadini tra i classici e il presente, Mimesis, Milano-Udine 2018; Utopia (Europa), ovvero del diventare cittadini europei, Mimesis, Milano-Udine 2019; Dike, ovvero della giustizia tra l’Olimpo e la terra, Mimesis, Milano-Udine 2020; Anthropos. Pensieri, parole e virtù per restare uomini, Milano-Udine 2020.
In edizione greca sono stati pubblicati i volumi Κλασικοί Κατά (Εκδόσεις Γκόνη, Athinai 2017) e ΟΥΤΟΠΙΑ (ΕΥΡΩΠΗ) (Εκδόσεις Γκόνη, Athinai 2020).

 

© finnegans. Tutti i diritti riservati